Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25680 del 01/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 01/12/2011, (ud. 20/10/2011, dep. 01/12/2011), n.25680

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 30493-2007 proposto da:

B.M.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI

S. COSTANZA 46, presso lo Studio dell’avvocato MANCINI LUIGI,

rappresentata e difesa dall’avvocato CIMINELLI CARLO, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A.;

– intimata –

e sul ricorso 1248-2008 proposto da:

POSTE ITAL SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE MAZZINI 134,

presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, rappresentato e difeso

dall’avvocato TOSI PAOLO;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

B.M.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI

S. COSTANZA 46, presso lo studio dell’avvocato MANCINI LUIGI,

rappresentata e difesa dall’avvocato CIMINELLI CARLO, giusta delega

in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 1176/2006 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 27/11/2006 R.G.N. 684/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/10/2011 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;

udito l’Avvocato FIORILLO LUIGI per delega TOSI PAOLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario che ha concluso per inammissibilità del ricorso

principale e rigetto del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Genova respingeva, ritenendo il rapporto di lavoro risoltosi per mutuo consenso, la domanda proposta dalla B. diretta alla declaratoria di illegittimità dei contratti a tempo determinato stipulati con la società Poste Italiane il 21 luglio 1997, il 4 novembre 1997, il 1 giugno 1998, il 12 ottobre 1998 ed il 1 febbraio 1999 ex art. 8 del c.c.n.l. 1994 e successive integrazioni (il primo ed il terzo per necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre; gli altri per esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso).

La Corte d’appello di Genova, con sentenza depositata il 27 novembre 2006, respingeva il gravame proposto dalla B., ritenendo che pur essendo questo fondato quanto alla risoluzione del rapporto per mutuo consenso, risultava irrituale e comunque meritevole di rigetto quanto alle censure mosse in ordine alla illegittimità dei contratti.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la B., affidato a tre motivi.

Resiste con controricorso la società Poste, contenente ricorso incidentale condizionato affidato ad unico motivo, poi illustrato con memoria, cui resiste la B. con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata della sentenza.

Deve pregiudizialmente disporsi la riunione dei ricorsi avverso la medesima sentenza ex art. 335 c.p.c..

1 – Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c., art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, così come integrato dall’accordo collettivo 25 settembre 1997, 3 della L. n. 230 del 1962.

Lamentava che la legge da ultimo citata conteneva il principio per cui il contratto di lavoro si reputa a tempo indeterminato salvi i casi in essa tassativamente previsti, ponendo a carico del datore di lavoro l’onere della prova della giustificazione del termine.

Che la corte territoriale aveva ritenuto che gravasse sulla lavoratrice l’onere di contestare specificamente le ragioni dell’illegittimità del termine, ponendo arbitrariamente a suo carico un onere non previsto dalla legge.

Formulava il seguente quesito di diritto: “Se la previsione da parte del giudice di merito di un presupposto, dallo stesso ritenuto necessario, non previsto per l’applicazione di norme di legge e dei c.c.n.l. costituisca violazione delle leggi e dei contratti collettivi medesimi”.

2. Il motivo è inammissibile.

Giova infatti rammentare il consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui “Il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. E’, pertanto, inammissibile il ricorso contenente un quesito di diritto che si limiti a chiedere alla S.C. puramente e semplicemente di accertare se vi sia stata o meno la violazione di una determinata disposizione di legge” o norma di diritto, Cass. 17 luglio 2008 n. 19769. In ogni caso il motivo risulta inammissibile per non censurare minimamente la ratio decidendi della sentenza impugnata, basata sulla proposizione solo in grado di appello delle specifiche censure inerenti l’illegittimità dei contratti.

3. Con il secondo motivo la B. denuncia violazione dell’art. 2697 c.c., art. 112 c.p.c., art. 8 del c.c.n.l. del 1994, così come integrato dall’accordo collettivo 25 settembre 1997, e della L. n. 230 del 1962, art. 3.

Lamenta che sin dal ricorso introduttivo della lite aveva lamentato l’illegittimità dei contratti a termine stipulati, stante l’inapplicabilità dell’art. 8 del c.c.n.l. del 1994, e comunque dell’insussistenza delle esigenze aziendali ivi previste.

Risultava pertanto che la corte di merito aveva violato il predetto art. 112 c.p.c. non essendosi pronunciata su parte della domanda, negando che la ricorrente avesse contestato ritualmente la legittimità dei contratti a tempo determinato.

4. Il motivo è infondato, posto che la corte genovese ha valutato che nel ricorso introduttivo del giudizio la B. aveva, per quanto qui interessa, solo dedotto che l’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994 era affetto da nullità poichè contrastante con le norme imperative delle leggi n. 230 del 1962 e n. 56 del 1987; la corte ha quindi osservando che quest’ultima (art. 23) autorizzava, con “una sorta di delega in bianco”, le parti sociali ad introdurre nuove e diverse ipotesi di assunzioni a tempo determinato rispetto a quelle di cui alla L. n. 230 del 1962, mentre la questione del limite temporale di efficacia del citato art. 8, così come dell’onere della prova delle condizioni legittimanti l’assunzione a termine, erano questioni del tutto nuove e dunque inammissibili in appello.

Non risulta dunque alcuna violazione delle norme invocate, nè, segnatamente, dell’art. 112 c.p.c., mentre i principi affermati dalla corte territoriale risultano in linea con la consolidata giurisprudenza di questa Corte (sull’ampiezza delle delega alle parti sociali contenuta nella L. n. 56 del 1987, art. 23 cfr., per tutte, Cass. sez. un. n. 4588 del 2006) e dell’art. 437 c.p.c.. Giova ancora osservare che la questione sottoposta attiene all’interpretazione della domanda, rimessa all’apprezzamento del giudice di merito, ed incensurabile in sede di legittimità se, come nella specie, correttamente motivata Cass. 28 agosto 2003 n. 12650, Cass. 9 settembre 2008 n. 22893.

5. Con il terzo motivo la B. ripropone la censura di violazione dell’art. 2697 c.c., art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, così come integrato dall’accordo collettivo 25 settembre 1997, e 3 della L. n. 230 del 1962.

Lamenta al riguardo che la corte genovese omise del tutto di motivare circa l’assenza di censure di illegittimità ai vari contratti stipulati. Ad illustrazione del motivo formulava il seguente quesito di diritto: “Se il giudice non renda alcuna motivazione sulla inidoneità di un assunto di una parte a valere quale contestazione di un presupposto ritenuto dallo stesso necessario per determinare l’onere probatorio a carico dell’altra, stabilito dalla L. n. 230 del 1962, art. 3 costituisca violazione dell’obbligo di motivazione”. Il motivo risulta assorbito dalle considerazioni svolte sub 4).

6. -Parimenti assorbito il ricorso incidentale condizionato della società Poste, avente ad oggetto la riproposizione dell’eccezione di risoluzione del rapporto per mutuo consenso.

7. Le spese di causa seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale. Condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 40,00, Euro. 2.500,00 per onorari, oltre spese generali, i.v.a. e c.p.a..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 1 dicembre 2011

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