Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25678 del 15/10/2018

Cassazione civile sez. II, 15/10/2018, (ud. 22/03/2018, dep. 15/10/2018), n.25678

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3398-2017 proposto da:

F.G., rappresentato e difeso dall’avvocato SUSANNA

CHIABOTTO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositato il

25/10/2016, Cron.n. 324/2016, RG.n. 360/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/03/2018 dal Consigliere ELISA PICARONI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che F.G. ricorre per la cassazione del decreto 25 ottobre 2016 della Corte d’appello di Firenze, pronunciato in sede di rinvio da Cassazione n. 7008 del 2016, avente ad oggetto la domanda di equo indennizzo per irragionevole durata del giudizio pensionistico svoltosi dinanzi alla Corte dei conti, limitatamente al periodo dal 20 novembre 2001 al 9 dicembre 2009 (giudizio di revocazione);

che la Corte d’appello ha rilevato che il ricorrente era intervenuto nel giudizio presupposto in data 20 giugno 2005, dopo il decesso della madre (la quale, a sua volta, aveva proseguito il giudizio iniziato dal marito per conseguire la pensione privilegiata indiretta), e che nel giudizio di equa riparazione non aveva mai dichiarato di agire jure hereditatis;

che, pertanto, oggetto di indennizzo era soltanto il periodo dal 20 giugno 2005 al 9 dicembre 2009;

che la Corte d’appello ha liquidato Euro 400,00 per ciascuno dei primi tre anni di ritardo, ed Euro 480,00 per il quarto anno ed ha riconosciuto gli interessi legali dal giorno 8 giugno 2016 al saldo;

che il ricorrente denuncia, con un unico complesso motivo, violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2-bis, artt. 1173 e ss. cod. civ., artt. 112 e 132 e si contesta vizio di motivazione – apparente ovvero omessa o insufficiente – con riferimento sia alla individuazione del periodo indennizzabile, in difformità dal vincolo posto da Cassazione n. 7008 del 2016, sia al quantum dell’indennizzo, in difformità dai criteri fissati dalla giurisprudenza della Corte EDU, nonchè erronea indicazione della decorrenza degli interessi legali, e omessa pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione;

che il Ministero dell’economia e delle finanze, dopo aver depositato “atto di costituzione” finalizzato alla partecipazione alla fase decisoria, non ha svolto difese;

che il ricorso è parzialmente fondato;

che, pacifico il principio secondo cui gli interessi legali sulla somma liquidata a titolo di indennizzo decorrono dalla domanda, la Corte d’appello ha erroneamente indicato il dies a quo nel giorno 8 giugno 2016, mentre la domanda di equa riparazione è stata proposta in data 5 giugno 2010;

che sussiste altresì il denunciato vizio di omessa pronuncia, giacchè la Corte d’appello non ha liquidato le spese del giudizio di cassazione;

che sono infondate, invece, le doglianze relative alla individuazione del periodo indennizzabile ed al criterio di liquidazione;

che, quanto al primo profilo, il ricorrente contesta la riduzione operata dalla Corte d’appello rispetto al periodo ritenuto indennizzabile da Cassazione n. 7008 del 2016, assumendo la vincolatività di tale indicazione e senza misurarsi con le ragioni della operata riduzione;

che la sentenza n. 7008 del 2006 di questa Corte – di annullamento del decreto 4 luglio 2014, con il quale la Corte d’appello di Firenze aveva ritenuto inammissibile la domanda di equa riparazione formulata dal ricorrente F. con riferimento all’intero giudizio pensionistico (introdotto nel 1980, definito nel 1999 con sentenza impugnata, dopo circa due anni, per revocazione) – ha affermato che la domanda di equa riparazione era ammissibile limitatamente al periodo corrispondente al giudizio di revocazione ordinaria ed ha rinviato alla Corte territoriale per l’esame della pretesa nel merito;

che dunque la verifica della legittimazione della parte a richiedere l’indennizzo, all’interno del periodo indicato, rientrava tra le prerogative del giudice di rinvio;

che, in sede di rinvio, la Corte territoriale ha rilevato che il ricorrente era diventato parte del giudizio di revocazione soltanto con la proposizione dell’appello in data 20 giugno 2005, e che lo stesso ricorrente aveva agito in proprio e non in qualità di erede della madre, con la conseguenza che il paterna d’animo indennizzabile connesso alla durata irragionevole del giudizio presupposto datava dal momento dell’assunzione della qualità di parte (ex plurimis, Cass. 03/02/2017, n. 3001; Cass. 19/02/2014, n. 4003; Cass. 23/06/2011, n. 13803);

che è infondata la contestazione circa la quantificazione dell’indennizzo per gli anni di durata eccedente;

che la Corte d’appello ha fatto applicazione del principio reiteratamente affermato da questa Corte già prima dell’introduzione della L. n. 89 del 2001, art. 2-bis (ad opera del D.L. n. 83 del 2012, convertito dalla L. n. 134 del 2012 e poi sostituito dalla L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 777, lett. e), secondo cui il criterio di 500,00 Euro per anno di ritardo non può ritenersi, di per sè, irragionevole e inidoneo ad assicurare un adeguato ristoro alla parte interessata, tenuto conto che la stessa Corte EDU ha riconosciuto che è possibile derogare agli ordinari criteri di liquidazione dell’indennizzo su base annua (ex plurimis, Cass. 19/05/2017, n. 12696; Cass. 27/10/2014, n. 22772), e che, nella specie, l’entità invero minima dello scostamento trova giustificazione nella peculiarità della vicenda;

che all’accoglimento del ricorso nei limiti indicati, segue la cassazione del decreto impugnato e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la decisione nel merito riguardo alla decorrenza degli interessi legali e alle spese del primo giudizio di cassazione;

che le spese del presente giudizio sono compensate in ragione della soccombenza reciproca.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, liquida gli interessi legali sulla somma riconosciuta dalla Corte d’appello a far data dalla domanda di equa riparazione (5 giugno 2010); condanna il Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento delle spese del primo giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 800,00, oltre spese generali ed accessori di legge; rigetta i rimanenti motivi e dichiara compensate le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 22 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2018

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