Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25678 del 13/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 13/11/2020, (ud. 22/10/2020, dep. 13/11/2020), n.25678

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19237-2019 proposto da:

CONDOMINIO (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato GIANLUCA

FUCCILLO;

– ricorrente –

contro

G.G.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

TOMMASO D’AQUINO 116, presso lo studio dell’avvocato CARLO MILARDI,

rappresentato e difeso dall’avvocato FERDINANDO GRAMMEGNA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1094/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 27/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/10/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Condominio (OMISSIS) ha proposto ricorso articolato in quattro motivi (1: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione al D.Lgs. n. 28 del 2010, artt. 5 e 8; 2: omessa valutazione di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione al D.Lgs. n. 28 del 2010, artt. 5 e 8; 3) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione agli artt. 34,306 e 309 c.p.c., nonchè agli artt. 132, 276, 277 e 279, nonchè agli artt. 118 e 119 disp. att. c.p.c., ed all’art. 348 c.p.c.; al D.Lgs. n. 28 del 2010, artt. 5 e 8; 4: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4) avverso la sentenza n. 1094/2019 del 27 febbraio 2019 resa dalla Corte d’appello di Napoli.

L’intimato G.G.B. ha notificato controricorso.

La sentenza n. 1094/2019, preso atto della rinuncia di G.G.B. al primo motivo di appello formulato contro la decisione resa in prime cure dal Tribunale di Torre Annunziata in data 18 maggio 2018 (in punto di improcedibilità della domanda di G.G.B. per omessa partecipazione dell’attore alla procedura di mediazione obbligatoria), ha invece accolto il secondo motivo di gravame, con cui l’appellante criticava il mancato uso del potere di compensazione delle spese processuali da parte del Tribunale. La Corte d’appello di Napoli ha affermato che la questione della improcedibilità della domanda per mancato esperimento della mediazione obbligatoria ove, come nel caso in esame, la parte che l’abbia promossa non si presenti al primo incontro davanti al mediatore, si connotasse per la sua “assoluta novità”, agli effetti dell’art. 92 c.p.c., o comunque per la “obiettiva controvertibilità” dell’opzione interpretativa prescelta, con conseguente opportunità di compensare le spese di lite. Le spese processuali relative al giudizio di appello sono state poi compensate “attesa la reciproca soccombenza”, essendo l’appellante soccombente in punto di procedibilità. Il primo motivo di ricorso assume che l’improcedibilità statuita dal Tribunale ai sensi del D.Lgs. n. 28 del 2010, artt. 5 e 8, non fosse affatto opinabile.

Il secondo motivo di ricorso evidenzia come fosse del tutto pacifica la mancata comparizione del G. e del suo difensore nella procedura di conciliazione

Il terzo motivo di ricorso deduce come la rinuncia al primo motivo di gravame operata dal G. precludesse alla Corte d’appello ogni potere di riesaminare la condanna alle spese di lite disposta in primo grado.

Il quarto motivo di ricorso sostiene che in appello non si fosse comunque verificata alcuna soccombenza reciproca, essendo stato del tutto confermato il decisum di primo grado.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Il controricorrente ha presentato memoria.

La memoria del ricorrente, giacchè pervenuta soltanto in data 20 ottobre 2020, non ha osservato il termine ex art. 380 bis, comma 2, c.p.c..

Sono infondate le eccezioni di inammissibilità sollevate dal controricorrente. Il ricorso per cassazione contiene una sufficiente esposizione dei fatti di causa, dalla quale risultano le posizioni processuali delle parti, nonchè gli argomenti dei giudici dei singoli gradi. Inoltre, l’accertamento dell’osservanza di quanto prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4) e 6), deve necessariamente compiersi con riferimento a ciascun singolo motivo di impugnazione, verificandone in modo distinto specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, nonchè l’analitica indicazione dei documenti sui quali ognuno si fondi, il che esclude che il ricorso possa essere dichiarato per intero inammissibile, ove tale situazione sia propria solo di uno o di alcuno dei motivi proposti (cfr. Cass. Sez. U, 05/07/2013, n. 16887).

I quattro motivi possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione e risultano, ad avviso del collegio, inammissibili ex art. 360 bis c.p.c., n. 1.

La sentenza impugnata contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione.

La Corte d’appello di Napoli, a proposito della statuizione resa in primo grado dal Tribunale, che aveva dichiarato inadempiuta la condizione di procedibilità posta dal D.Lgs. n. 28 del 2010, ha evidentemente considerato la mancata comparizione del G., assistito dal difensore, nel procedimento di mediazione, ma ha dovuto prendere atto della rinuncia al primo motivo di appello, sicchè la questione è rimasta sottratta alla cognizione dei giudici di secondo grado.

La rinuncia dell’appellante al primo motivo d’appello, relativo, appunto, alla dichiarazione di improcedibilità, non esonerava certamente la Corte di Napoli dal pronunciarsi sull’autonomo motivo di gravame inerente alla liquidazione delle spese di lite di primo grado. Il giudice di appello, che pur confermi la sentenza di primo grado impugnata, può, infatti, modificare la decisione sulle spese se il relativo capo della sentenza, come avvenuto nella specie, abbia costituito oggetto di specifico motivo d’impugnazione.

Trattandosi di giudizio introdotto il 21 ottobre 2016, occorre dare applicazione, ratione temporis, all’art. 92 c.p.c., comma 2, come sostituito dal D.L. 12 settembre 2014, n. 132, art. 13, modificato in sede di conversione dalla L. 10 novembre 2014, n. 162 (testo invero operante per i procedimenti introdotti a decorrere dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della citata legge di conversione). In forza di tale norma, il giudice può compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, soltanto se vi è soccombenza reciproca, ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, o ancora, “qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni” (ciò a seguito della sentenza 19 aprile 2018, n. 77, della Corte Costituzionale) (Cass. Sez. 6 – 5, 18/02/2020, n. 3977; Cass. Sez. 6 – 2, 18/02/2019, n. 4696).

La valutazione di “novità della questione”, come quella di sussistenza delle “gravi ed eccezionali ragioni”, che possono sorreggere il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese, devono essere esplicitamente motivate e riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa. Ove non vi abbia provveduto il primo giudice, la novità della questione trattata o il mutamento della giurisprudenza o le ulteriori gravi ed eccezionali ragioni possono essere indicati, in sede di appello, dal giudice chiamato a valutare la correttezza della statuizione sulle spese, il quale, nell’esercizio del potere di correzione, può dare un diverso fondamento al dispositivo contenuto nella sentenza impugnata, rimanendo tuttavia entro i limiti del devolutum segnati dall’atto di gravame (Cass. Sez. 6 – 2, 23/12/2010, n. 26083; Cass. Sez. 6 – 2, 28/05/2015, n. 11130; Cass. Sez. 6 – 3, 20/04/2016, n. 7815).

In tal senso, la Corte di Napoli ha provveduto alla motivazione della compensazione delle spese processuali del giudizio di primo grado, riesaminando la lite nei suoi aspetti di merito, quanto alla questione dei presupposti occorrenti perchè possa dirsi realizzata la condizione di procedibilità nel procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal D.Lgs. n. 28 del 2010, e ciò con riguardo alla effettiva comparizione personale delle parti, assistite dal difensore (cfr. in proposito, per un primo riferimento nella giurisprudenza di legittimità, Cass. Sez. 3, 27/03/2019, n. 8473).

Va riaffermato allora il principio secondo cui l’art. 92 c.p.c., comma 2, là dove (secondo il testo introdotto dal D.L. n. 132 del 2014, convertito in L. n. 162 del 2014, ed a seguito di Corte Cost. 19 aprile 2018, n. 77), permette la compensazione delle spese di lite “nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza”, oppure allorchè concorrano altre analoghe “gravi ed eccezionali ragioni”, costituisce una norma elastica, quale clausola generale che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili a priori, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche. In particolare, anche la carenza di un uniforme orientamento interpretativo sul punto, l’oggettiva opinabilità delle questioni affrontate o l’oscillante soluzione ad esse data in giurisprudenza integra le suddette nozioni, se ed in quanto sia sintomo di un atteggiamento soggettivo del soccombente, ricollegabile alla considerazione delle ragioni che lo hanno indotto ad agire o resistere in giudizio e, quindi, da valutare con riferimento al momento in cui la lite è stata introdotta o è stata posta in essere l’attività che ha dato origine alle spese, sempre che si tratti di questioni sulle quali si sia determinata effettivamente la soccombenza, ossia di questioni decise (Cass. Sez. U, 22/02/2012, n. 2572; Cass. Sez. 6 – 2, 10/02/2014, n. 2883; Cass. Sez. L, 07/08/2019, n. 21157).

Peraltro, la Corte di Napoli, dopo aver preso atto della rinuncia dell’appellante al primo motivo di gravame ed aver riformato solo in parte la sentenza di primo grado impugnata, in accoglimento del secondo motivo di appello, ha ravvisato una soccombenza reciproca fra le parti in conseguenza della pronuncia adottata sulla base di ciò che costituiva il limitato “disputatum” della controversia nel grado, così pervenendo ad un regolamento delle spese processuali del grado assunta in conformità al disposto degli artt. 91 e 92 c.p.c.. La valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (Cass. Sez. 2, 31/01/2014, n. 2149; Cass. Sez. 2, 20/12/2017, n. 30592).

Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 22 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2020

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