Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25674 del 15/10/2018

Cassazione civile sez. II, 15/10/2018, (ud. 28/02/2018, dep. 15/10/2018), n.25674

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28260/2014 proposto da:

B.M., B.F., elettivamente domiciliati in

Roma, Via G. Ferrari 4, presso lo studio dell’avvocato Simonetta

Paradisi, rappresentati e difesi dagli avvocati Giampiero Pino,

Francesco Alcaro;

– ricorrenti e controric. incidentali –

contro

S.R., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Sallustio

9, presso lo studio dell’avvocato Gianfranco Palermo, rappresentato

e difeso dall’avvocato Fabio Finetti;

– controric. e ric. incidentale –

e contro

L.M., P.S., C.G.,

Sa.Sa., B.M., B.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 607/2014 della Corte d’appello di Firenze,

depositata il 08/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/02/2018 dal Consigliere Dott. ANNAMARIA CASADONTE;

udito il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale

TRONCONE Fulvio, che ha chiesto, rispetto al ricorso principale,

l’accoglimento dei motivi 1, 2, 16 e 20, assorbiti i motivi da 3 a

13, il rigetto dei motivi 14 e 15, l’inammissibilità dei motivi da

24 a 27 con assorbimento dei restanti; rispetto al ricorso

incidentale, rigetto del primo motivo, inammissibilità del secondo;

udito l’Avvocata Simonetta Paradisi munita di delega per i ricorrenti

che ha chiesto l’accoglimento del ricorso e la declaratoria di

inammissibilità ovvero di rigetto di quello incidentale;

udito l’Avvocato Fabio Finetti per il controricorrente e ricorrente

incidentale che ha chiesto rigettarsi il ricorso principale ed

accogliersi quello incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il presente giudizio trae origine dal ricorso proposto da B.F. e M. nei confronti di S.R., del Comune di Rapolano Terme, del geom. Cr.En. e di Sa.Sa., C.G., P.S., L.M. per l’annullamento della sentenza emessa dalla Corte d’appello di Firenze n. 607/2014.

2. Gli odierni ricorrenti avevano impugnato la sentenza del Tribunale di Siena che accogliendo la domanda dell’attore S.R., proprietario di un immobile adibito ad abitazione confinante con il terreno con sovrastante costruzione di loro proprietà, li aveva condannati, insieme ai terzi chiamati Sa.Sa., C.M.G., P.S. e L.M.R., acquirenti di porzione del predetto immobile costruito dai B. sul loro terreno, ad arretrare la nuova costruzione fino a distanza di 10 m. dall’abitazione dell’attore ed il muro di contenimento a quella di 5 m. dal confine. Al contempo il Tribunale aveva respinto la domanda riconvenzionale svolta dai convenuti, i quali contestavano la violazione da parte del S. delle distanze delle costruzioni accessorie all’abitazione principale dal confine.

3. A sostegno dell’impugnazione gli appellanti avevano dedotto che il Tribunale si era limitato a sostenere che non rilevava la circostanza che la costruzione del S. fosse a ridosso, tanto più che la CTU aveva evidenziato che una parte della costruzione del S., non in toto risalente ad epoca anteriore al 1967, era a distanza non rispettosa dei 5 m. dal confine.

3.1 In relazione alla condanna all’arretramento gli appellanti avevano contestato che il D.M. n. 1444 del 1968, art. 9,fosse stato interpretato illegittimamente laddove aveva condotto alla disapplicazione degli artt. 12 e 30 N.T.A. del Comune di Rapolano Terme che consentivano di derogare alla distanza di 10 m. fra le pareti finestrate.

3.2. Avevano dedotto, ancora, la violazione da parte del giudice di prime cure della L. n. 2248 del 1865, art. 5, sulla disapplicazione degli atti amministrativi illegittimi nonchè degli artt. 869 e 873 c.c., in relazione alla valutazione delle risultanze della CTU in tema di distanze dal confine. Avevano inoltre contestato il rigetto della domanda di garanzia contro il Comune di Rapolano articolata in ragione della condotta colposa imputabile al Comune per la non corretta applicazione delle norme statali sulle distanze e la previsione di una serie di deroghe attraverso le N.T.A. del P.R.G. risultate poi illegittime e pertanto oggetto di disapplicazione. Allo stesso modo era stata rigettata la domanda di garanzia verso il professionista geometra Cr. che era stato il progettista e direttore dei lavori eseguiti dai B.. Infine gli appellanti avevano censurato l’omessa pronuncia sulle istanze istruttorie articolate.

4. La Corte d’appello aveva esaminato la censura riguardante la mancata pronuncia sulla domanda riconvenzionale e ritenutala fondata aveva, tuttavia, concluso per il rigetto nel merito della stessa, ribadendo la fondatezza dell’eccezione di usucapione tempestivamente proposta dal S.. Con riguardo all’applicazione del D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, comma 3, la Corte escludeva la sussistenza dei presupposti per la deroga, con la conseguenza che dovevano ritenersi condivisibili le conclusioni in ordine alla ritenute illegittimità delle invocate N.T.A..

5. Accoglieva invece il gravame avverso la condanna dell’arretramento del muro di contenimento realizzato dagli appellanti nella loro proprietà per il contenimento dello sbancamento creato con la costruzione di garage interrati, muro che non superava il livello del preesistente piano di campagna e per il quale non era applicabile la disciplina regolamentare comunale che prescriveva la distanza di 5 m. dal confine.

6. Il ricorso per la cassazione della sentenza del giudice di secondo grado si basa su 27 motivi cui resiste S.R. che articola, a sua volta, ricorso incidentale articolato su due motivi cui resistono B.M. e F. con controricorso.

7. Gli altri intimati Comune di Rapolano Terme, geom. Cr.En., Sa.Sa., C.G., P.S. e L.M. non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va premesso che i motivi del ricorso principale sono suddivisi in gruppi a seconda del capo della sentenza impugnato: i motivi dall’uno al tredici riguardano l’accoglimento dell’eccezione di usucapione proposta dal S. in risposta alla domanda riconvenzionale dei B. di arretramento delle porzioni edificate dall’attore in violazione delle distanze dal confine come introdotte dagli strumenti urbanistici locali.

1.2. I ricorrenti deducono, rispettivamente, con il primo motivo, la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e, con il secondo, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 183 c.p.c., in tema di preclusioni processuali per avere la Corte distrettuale erroneamente ritenuto tempestiva l’eccezione di usucapione del diritto ad edificare senza il rispetto delle distanze, proposta solo nella comparsa conclusionale, sebbene la sola eccezione tempestivamente proposta avesse riguardato la circostanza di avere costruito prima del 1967.

1.3. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono infondati perchè riguardano un problema di interpretazione delle domande e delle eccezioni, non essendo contestato che l’attore avesse dedotto fin dalla prima udienza che il suo fabbricato era stato realizzato prima del 1967 e, pertanto, può ritenersi legittima l’interpretazione dell’eccezione come eccezione di usucapione.

1.4. Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1158 c.c., mentre con il quarto motivo si censura l’omesso esame circa un fatto decisivo riguardante la demolizione degli originali manufatti e la sostituzione degli stessi con nuovi edifici aventi caratteristiche e dimensioni diverse, con la conseguenza che, ad avviso di parte ricorrente, non ricorreva si versa la fattispecie di identità del bene, necessaria per l’unitarietà del possesso ad usucapionem.

1.5. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente perchè entrambi presuppongono un accertamento di fatto diverso da quello compiuto dai giudici di merito in merito ai manufatti realizzati dal S., così invocando un riesame della conclusione ed un vizio della motivazione inammissibile da parte del giudice di legittimità (cfr. Cass. 25332/2014).

1.6. Con i motivi da cinque a otto si contesta sempre la decisione assunta in merito all’eccezione di usucapione sotto il profilo della carenza del presupposto temporale del decorso del ventennio, dell’assolvimento dell’onere probatorio e dell’omesso esame di un fatto decisivo in relazione alla valutazione delle risultanze probatorie.

1.7. Si tratta di motivi inammissibili in quanto aventi ad oggetto censure sull’accertamento di fatto condotto dal giudice del merito. Invero, qualora una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo della sentenza impugnata nè indicata nelle conclusioni ivi epigrafate, il ricorrente che riproponga tale questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale scritto difensivo o atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. 8206/2016; id. 7048/2016; id. 25546/2006).

1.8. Peraltro, le censure appaiono inammissibili anche perchè i ricorrenti non hanno indicato la posizione dei documenti in atti secondo il seguente principio: il ricorrente per cassazione che intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice del merito, ha, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, il duplice onere, imposto a pena di inammissibilità del ricorso, di indicare esattamente nell’atto introduttivo in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trova il documento in questione, ed evidenziarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nei suoi esatti termini, al fine di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo, senza dover procedere all’esame dei fascicoli d’ufficio di parte (Cass. 26174/2014; id. 2966/2011).

1.9. Con i motivi 9 e 10 del ricorso principale si deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 1158 e segg., art. 873 c.c. e art. 30 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Rapolano nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per avere la Corte ignorato il carattere inderogabile delle norme regolamentari locali che imponevano un preciso distacco dal confine con la conseguente inammissibilità dell’acquisto per usucapione della servitù di mantenere una costruzione a distanza inferiore a quella prescritta.

1.10. I motivi possono essere esaminati congiuntamente perchè riguardano differenti profili della medesima questione, inerente la riconosciuta usucapione da parte del S. della servitù di mantenere la costruzione a distanza inferiore a quella legale. Le censure sono entrambe infondate poichè come statuito da questa Corte è ammissibile l’acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella fissata dal codice civile o dai regolamenti e dagli strumenti urbanistici, anche nel caso in cui la costruzione sia abusiva, atteso che il difetto della concessione edilizia esaurisce la sua rilevanza nell’ambito del rapporto pubblicistico, senza incidere sui requisiti del possesso “ad usucapionem” (cfr. Cass. 1395/2017; id. 3979/2013).

1.11. Con i motivi 11, 12 e 13 si deduce la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 457 del 1978, art. 31 (vigente all’epoca dei fatti) poi confluito nell’art. 3 del T.U. dell’edilizia D.P.R. n. 380 del 2001, nonchè artt. 12 e 13 del N.T.A. del P.R.G. di Rapolano per essere la Corte incorsa nell’errata qualificazione dei manufatti realizzati nel corso del tempo dal S. come “mera ristrutturazione” anzichè come “nuova costruzione” da considerare agli effetti del computo delle distanze degli immobili rispetto al confine.

1.12. Le doglianze possono essere esaminate congiuntamente ed appaiono inammissibili perchè reiterano profili già dedotti e sopra esaminati con i motivi 3 e 4.

2. Con i motivi 14 e 15 – che riguardano il capo della sentenza in cui parte ricorrente è stata condannata all’arretramento del suo fabbricato – si denuncia, rispettivamente, con il motivo 14, la violazione o falsa applicazione del D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, art. 873 c.c., L. n. 2248 del 1865, art. 5, all. E, nonchè degli artt. 12 e 30 N.T.A. per avere ritenuto che nel computo della distanza di 10 m. tra pareti finestrate si dovesse tener conto anche dell’estensione del balcone.

2.1. Il motivo è infondato in applicazione del principio secondo il quale in tema di distanze legali fra edifici, rientrano nella categoria degli sporti, non computabili ai fini delle distanze, soltanto quegli elementi con funzione meramente ornamentale, di rifinitura od accessoria (come le mensole, le lesene i cornicioni, le canalizzazioni di gronda e simili) mentre costituiscono corpi di fabbrica, computabili ai predetti fini, le sporgenze degli edifici aventi particolari proporzioni, come i balconi, costituite da solette aggettanti anche se scoperte, di apprezzabile profondità ed ampiezza (cfr. Cass. 18282/2016; id. 17242/2010; id. 12964/2006).

2.2. Con il motivo 15 si denuncia la medesima violazione di legge in relazione al diverso profilo avente ad oggetto la decisione della Corte territoriale di ritenere che la distanza di metri dieci tra pareti finestrate fosse applicabile anche se nei manufatti del S., ad avviso dei ricorrenti, non vi erano finestre, ma semplici luci.

2.3. Il motivo è infondato. Premesso che parte ricorrente non contesta l’esistenza di finestre nel suo fabbricato prospiciente il fondo attoreo, va applicato il principio secondo il quale la norma del D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, in materia di distanze fra fabbricati – che, siccome emanata in attuazione della L. n. 765 del 1967, art. 17, non può essere derogata dalle disposizioni regolamentari locali – va interpretata nel senso che la distanza minima di dieci metri è richiesta anche nel caso che una sola delle pareti fronteggiantisi sia finestrata e che è indifferente se tale parete sia quella del nuovo edificio o quella dell’edificio preesistente, essendo sufficiente, per l’applicazione di tale distanza, che le finestre esistano in qualsiasi zona della parete contrapposta ad altro edificio, ancorchè solo una parte di essa si trovi a distanza minore da quella prescritta; ne consegue, pertanto, che il rispetto della distanza minima è dovuto anche per i tratti di parete che sono in parte privi di finestre (cfr. Cass. 13547/2011; id. 9207/1991).

3. Con i motivi 16, 17, 18 e 19, riguardanti l’omessa pronuncia sulla domanda di risarcimento e/o rivalsa svolta dai B. nei confronti del comune di Rapolano, si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione al principio della corrispondenza fra il chiesto il pronunciato nonchè dell’art. 132 c.p.c., per omessa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto oltre che dell’art. 2043 c.c., per violazione del principio del legittimo affidamento e l’omesso esame di un fatto decisivo.

3.1. Il motivo 16 è fondato poichè effettivamente la Corte d’appello non si è pronunciata sui motivi di gravame proposti sul punto. La sentenza va perciò cassata in relaziona a questo motivo.

3.2. Gli altri motivi, 17,18 e 19, sono assorbiti.

4. Con i motivi 20, 21, 22 e 23, riguardanti l’omessa pronuncia sulla domanda di risarcimento e/o rivalsa svolta dai B. nei confronti del geom. Cr., si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione al principio della corrispondenza fra il chiesto il pronunciato nonchè dell’art. 132 c.p.c., per omessa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto oltre che dell’art. 2043 c.c., per violazione del principio del legittimo affidamento e l’omesso esame di un fatto decisivo.

4.1. Il motivo 20 è fondato poichè effettivamente la Corte d’appello non si è pronunciata sui motivi di gravame proposti sul punto. La sentenza va perciò cassata anche in relazione a questo motivo.

4.2. Gli altri motivi, 21,22 e 23 sono assorbiti.

5. Con i motivi 24, 25, 26 e 27 è censurata l’omessa pronuncia sulle istanze istruttorie formulate e reiterate in sede di precisazione delle conclusioni al fine di provare circostanze rilevanti a dimostrare il consenso ed il contegno concludente del S. in relazione al posizionamento del fabbricato dei B..

5.1. I motivi sono inammissibili per difetto di specificità. In relazione alla prova testimoniale, non si trascrivono i capitoli e si preclude alla Corte di valutarne la decisività.

5.2. Per quanto riguarda la ctu e l’omessa pronuncia in merito all’istanza di chiarimenti, va richiamato il principio secondo il quale in tema di consulenza tecnica d’ufficio, il giudice di merito non è tenuto, anche a fronte di esplicita richiesta di parte, a disporre una nuova consulenza d’ufficio, atteso che il rinnovo dell’indagine tecnica rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito sicchè, non è neppure necessaria una espressa pronuncia sul punto (Cass. 17693/2013; id. 20227/2010).

6. Passando all’esame del ricorso incidentale, con il primo motivo si deduce la violazione falsa applicazione delle norme di legge in relazione all’art. 873 c.c., come integrato dalle norme urbanistiche regolamentare del Comune di Rapolano Terme ovvero del D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, contestando la sentenza impugnata laddove ha accolto l’appello in relazione alla domanda di arretramento del muro di confine sul presupposto che, pur essendo pacifico che il muro era stato creato dai B. per il contenimento dello sbancamento creato per la conduzione dei garage interrati, lo stesso non superava il livello del preesistente piano di campagna.

6.1. Il motivo è infondato poichè non ricorre la dedotta violazione di legge in relazione al fatto come accertato dal giudice di merito, dal momento che la Corte territoriale ha escluso che i convenuti avessero mutato il piano di campagna. Partendo da tale accertamento in fatto non censurabile in sede di legittimità, il giudice del gravame ha applicato il principio secondo il quale il muro di contenimento tra due fondi posti a livelli differenti, deve considerarsi “costruzione” a tutti gli effetti e soggetta, pertanto, agli obblighi delle distanze previste dall’art. 873 c.c. e dalle eventuali norme integrative (solo) qualora il dislivello derivi dall’opera dell’uomo o il naturale preesistente dislivello sia stato artificialmente accentuato (cfr. Cass. 1217/2010). In conformità a detto principio la Corte ha escluso che la realizzazione del nuovo muro abbia comportato alcuna modificazione o accentuazione del dislivello naturale, cosicchè non sussiste la dedotta violazione di legge.

7. Con il secondo motivo si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in quanto il dislivello si assume essere stato artificialmente creato dai B. per realizzare la rampa di accesso ai garage del fabbricato.

7.1. Il motivo è infondato essendo stata esaminata la circostanza e valutata in termini diversi da quelli auspicati dal ricorrente incidentale.

8. In ragione dell’esito sfavorevole di entrambe i motivi, il ricorso incidentale va respinto.

9. il ricorso principale va invece accolto in relazione ai motivi 16 e 20, assorbiti i motivi 17, 18, 19, 21, 22 e 23 e rigettati gli altri, va cassata la sentenza con riguardo ai motivi accolti con rinvio alla Corte d’appello di Firenze, altra sezione anche per le spese del giudizio di legittimità.

10. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso incidentale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte accoglie i motivi 16 e 20 del ricorso principale, assorbiti i motivi 17, 18, 19, 21, 22 e 23; rigetta i restanti motivi del ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi 16 e 20 accolti e rinvia ad altra Sezione della Corte d’appello di Firenze anche per le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso incidentale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2018

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