Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25672 del 13/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 13/11/2020, (ud. 08/10/2020, dep. 13/11/2020), n.25672

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13492-2019 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAPPONI 13,

presso lo studio dell’avvocato KATIA NOLA, rappresentato e difeso

dagli avvocati ALESSANDRO CARRAZZA, ANTONIO CAPOZZOLO;

– ricorrente –

contro

P.G., nella qualità di procuratore generale della Signora

P.M., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

GIOVANNA CARIMANDO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1530/2018 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 11/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 08/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

GRASSO.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che la Corte d’appello di Salerno, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettò l’impugnazione avanzata da C.G. avverso la sentenza di primo grado, che aveva disatteso la di lui domanda di declaratoria d’acquisto per usucapione di un immobile destinato a legnaia, di cui risultava proprietaria P.M.;

che la Corte locale, giudicando l’appello, ad un tempo inammissibile e comunque infondata, aveva, in sintesi, evidenziato che:

– l’impugnazione piuttosto che diretta a una revisio prioris istantiae, invocava un novum iudicium;

– non poteva essere presa in considerazione la pretesa di modificare le ordinanze istruttorie del Tribunale, stante che il C. non aveva chiesto modifica o revoca di esse nell’ultima sede all’uopo prevista, costituita dalla precisazione delle conclusioni;

– non aveva attitudine a modificare le conclusioni di merito del primo Giudice la documentazione prodotta davanti al Tribunale, avente carattere atipico e non in grado di pienamente provare la sussistenza degli elementi costitutivi (animus e corpus) dell’usucapione;

ritenuto che avverso la sentenza d’appello insorge con ricorso, corredato da unitaria censura, il C. e che la P. resiste con controricorso;

considerato che il motivo, con il quale il ricorrente prospetta “omessa, insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia”, assumendo che la Corte locale, nel giudicare immodificabili in appello le decisioni istruttorie di primo grado non si era adeguata al principio di diritto enunciato da questa Corte con la decisione n. 25725 del 5/12/2014, non supera lo scrutinio d’ammissibilità, per il convergere di una pluralità di ragioni, ognuna delle quali idonea a sostenere l’assunto:

a) l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (si rimanda alla sentenza delle S.U. n. 8053/2014); non residuano spazi per ulteriori ipotesi di censure che investano il percorso motivazionale, salvo, appunto, l’ipotesi, che qui non ricorre e, peraltro, neppure viene adombrata, del difetto assoluto di motivazione;

b) nè, peraltro, la critica coglie nel segno, ammesso che con la stessa, a dispetto dell’intestazione, il ricorrente abbia voluto denunziare violazione di una o più norme processuali, niente affatto individuate, che il motivo presupporrebbe violate o falsamente applicate, risulta non pertinente il richiamo alla sentenza n. 25725/2014, in quanto con quest’ultima, peraltro in conformità a orientamento consolidato (cfr., ex multis, Cass. n. 1603/2012, 15860/2014, 17875/2015, 31571/2019) si è affermato il ben diverso principio, secondo il quale “La mancata liproposkione, in sede di precira,zione delle conclusioni, di una domanda in precedena formulata, infatti, non autoriva alcuna presunione di rinuncia tacita in capo a colui che ebbe originariamente a proporla, essendo necessario che, dalla valutaione complessiva della condotta processuale della parte o dalla stretta connessione della domanda non riproposta con quelle esplicitamente reiterate, possa desumersi inequivocabilmente il venir meno del relativo interesse”; per contro, la Corte locale ha fatto corretta applicazione del ben diverso principio, secondo il quale la parte che si sia vista rigettare dal giudice di primo grado le proprie richieste istruttorie ha l’onere di reiterarle al momento della precisazione delle conclusioni, poichè, diversamente, le stesse dovranno ritenersi abbandonate e non potranno essere riproposte in appello (Cass. n. 25157, 14/10/2008, Rv. 605482; conf., ex multis, Cass. nn. 16290/2016, 19352/2017);

considerato che, di conseguenza, siccome affermato dalle S.U. (sent. n. 7155, 21/3/2017, Rv. 643549), lo scrutinio ex art. 360-bis c.p.c., n. 1, da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d’inammissibilità, che può rilevare ai fini dell’art. 334 c.p.c., comma 2, sebbene sia fondata, alla stregua dell’art. 348-bis c.p.c. e dell’art. 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti”;

considerato che il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonchè delle svolte attività, siccome in dispositivo;

considerato che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

P.Q.M.

dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2020

 

 

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