Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25671 del 13/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 13/11/2020, (ud. 08/10/2020, dep. 13/11/2020), n.25671

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11510-2019 proposto da:

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BENACO 15,

presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO CLEMENTE, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.E., BA.RO.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 5957/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 26/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 08/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

GRASSO.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che con la sentenza di cui in epigrafe la Corte d’appello di Roma, rigettò l’impugnazione proposta da B.G. avverso la decisione di primo grado, la quale aveva disatteso la domanda dal medesimo avanzata nei confronti di C.E. e Ba.Ro., con la quale aveva chiesto che fosse accertata la di lui piena proprietà di una soffitta (con la medesima sentenza il Tribunale aveva, del pari, disatteso la domanda riconvenzionale di declaratoria d’acquisto per usucapione proposta dal C.);

ritenuto che avverso la statuizione d’appello il B. ricorre sulla base unitaria censura e che la controparte è rimasta intimata;

ritenuto che il ricorrente denunziando “Erronea applicazione della legge per carente ricostruzione della fattispecie concreta a delle risultanze di causa. Difetto e/o contraddittorietà di motivazione”, contesta l’intiero accertamento di merito, giudicando, in particolare, errato aver individuato in epoca anteriore all’1/6/2002 il dies a quo dell’usucapione dedotto dal B., dovendosi reputare inoltre certo che il titolo del ricorrente risaliva al 20/6/1984; la Corte locale, per difetto di analisi dei documenti prodotti, non aveva colto che il C. non aveva inteso rivendicare una soffitta diversa da quella individuata con il n. 8, di cui al rogito del 29/12/1970, per errore posseduta dal C.;

considerato che il motivo è inammissibile per una pluralità di convergenti ragioni:

a) questa Corte ha già avuto modo di precisare che il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e circoscritto dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito; ne consegue che il motivo (o i motivi, il che è lo stesso) del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., (ex multis, Sez. 5, n. 19959, 22/9/2014); il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1, deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi; pertanto, pur non essendo decisivo il testuale e corretto riferimento a una delle cinque previsioni di legge, è tuttavia indispensabile che il motivo individui con chiarezza il vizio prospettato nel rispetto della tassativa griglia normativa (cfr., da ultimo Sez. 2, n. 17470/2018);

b) nel caso al vaglio il motivo, presenta una struttura atipica, promiscua e confusa, essendo diretto a censurare, piuttosto che gli specifici vizi di cui s’è detto, i singoli passaggi decisionali della statuizione impugnata, sul modello dell’atto d’appello, mostrando in intreccio inestricabile di pretese, nonchè di prospettate violazioni, indissolubilmente compenetrate con il fatto;

c) manca del tutto la indicazione delle norme pretesamente violate, in alcun modo identificabili attraverso una lettura, pur mirata, della doglianza, tesa a un improprio riesame critico delle valutazioni del Giudice d’appello e, sul punto, questa Corte (Sez. 3, n. 3997, 18/3/2003) ha già avuto modo di precisare che ove gli argomenti addotti dal ricorrente non consentono, nel loro insieme, di individuare le norme o il principio di diritto che si assumono violati, la doglianza non è scrutinabile;

d) da quanto sopra deriva che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., sicchè è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleate dal codice di rito (Sez. 6, n. 11603, 14/5/2018, Rv. 648533);

e) critica che, nella specie, si risolve in un’inammissibile istanza di riesame della motivazione, ben al di fuori dell’ipotesi prevista dall’art. 360 c.p.c., n. 5 vigente, e in un alternativo accertamento fattuale;

considerato che essendo la controparte rimasta intimata non deve farsi luogo a regolamento delle spese;

considerato che, di conseguenza, siccome affermato dalle S.U. (sent. n. 7155, 21/3/2017, Rv. 643549), lo scrutinio ex art. 360-bis c.p.c., n. 1, da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d’inammissibilità, che può rilevare ai fini dell’art. 334 c.p.c., comma 2, sebbene sia fondata, alla stregua dell’art. 348-bis c.p.c. e dell’art. 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti”;

considerato che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

PQM

dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2020

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