Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25670 del 15/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 25670 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: PERRINO ANGELINA MARIA

SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 9019 del ruolo generale dell’anno
2012, proposto
da
Metrocampania Nordest s.r.1., in persona del legale rappresentante
pro tempore,

rappresentato e difeso, giusta procura speciale a

margine del ricorso, dall’avv. Fausto Ciapparoni, presso lo studio
del quale in Roma, alla via G.B. Morgagni, n. 19 elettivamente
domicilia
ricorrente contro
Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,
rappresentato e difeso ope legis dall’avvocatura dello Stato, presso
gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12,
domicilia e Agenzia delle entrate, direzione provinciale II di Napoli;
controricorrente
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An2elina-Mai

estensore

Data pubblicazione: 15/11/2013

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per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della
Campania, sezione 47°, depositata in data 15 febbraio 2011, numero
16/47/2011;
udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 8 luglio 2013
dal consigliere Angelina-Maria Perrino;
uditi per la società l’avv. Fausto Ciapparoni e per l’Agenzia delle entrate

l’avvocato dello Stato Alessandro De Stefano;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale
Maurizio Velardi, che ha concluso per l’inammissibilità del
sopra_vvellUto

difetto d’interesse e, in subordine,

per

ricorso per

Paccoglimento del primo

motivo, con assorbimento degli altri
Fatto

Metrocampania Nordest s.r.1., subentrata alla Ferrovia Alifana e BeneventoNapoli s.r.1., società integralmente controllata dalla Regione Campania per il
tramite del socio unico Ente Autonomo Volturno —EAV s.r.1., è concessionaria
per la gestione di un’infrastruttura ferroviaria di trasporto pubblico locale, in
base all’atto di concessione del 23 dicembre 2003 stipulato dalla Regione
Campania con la s.r.l. Ferrovia Alifana e Benevento-Napoli.
La concessione s’inserisce in un ampio progetto regionale di allargamento e
di costruzione di una infrastruttura di rete regionale e metropolitana integrata,
sia su aree demaniali di sedime ferroviario, sia su beni mobili ed immobili ivi
esistenti, dei quali la concessione garantisce al concessionario l’uso gratuito,
prevedendo altresì, al suo scadere, l’obbligo del concessionario di restituire i
beni affidatigli in concessione nonché i beni dal concessionario successivamente
acquisiti, purché a totale contributo pubblico.
In questo contesto, la società ha presentato, con l’apposito modello VR,
richiesta di rimborso di un credito IVA di settemilioni di euro, relativo al
periodo d’imposta 2007, facendo leva sull’articolo 30, terzo comma, lettera c),
del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, numero 633, che
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disciplina il rimborso dell’eccedenza detraibile dell’imposta

«relativa

all’acquisto o all’importazione di beni ammortizzabil>>.
Ne è seguito il provvedimento di diniego oggetto del giudizio, motivato
dall’ufficio per la circostanza che, essendo l’Iva assolta sugli acquisti relativa
alla realizzazione di nuove linee ferroviarie, le infrastrutture, i beni e gli
impianti, così come ampliati, allargati e migliorati dalla concessionaria, restano

di proprietà della Regione concedente: gli acquisti non possono essere iscritti nel
bilancio della società come beni ammortizzabili, in quanto non hanno autonoma
funzionalità e non sono autonomamente utilizzabili rispetto ai beni ai quali
accedono.
A seguito d’impugnazione della società, la Commissione tributaria
provinciale ha respinto il ricorso, con sentenza che la Commissione tributaria
regionale ha confermato, escludendo, per un verso, di poter applicare il
giudicato relativo al rimborso dell’Iva per la medesima causale, ma in relazione
all’anno 2004 e, ritenendo, per altro verso, che non sia ipotizzabile procedere ad
ammortamento di beni non propri, in quanto non suscettibili d’impiego
autonomo.
Ricorre la società per ottenere la cassazione della sentenza, affidando il
ricorso a cinque motivi, che illustra con memoria depositata ex articolo 378 del
codice di procedura civile.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso; nel corso dell’udienza di
discussione dell’8 luglio, deposita atto di autotutela di annullamento del diniego
di rimborso oggetto del giudizio, in relazione al quale il difensore della società
deposita note di udienza.
Diritto
/. Va preliminarmente respinta la richiesta, formulata dall’Agenzia delle

entrate, di pronunciare la cessazione della materia del contendere in esito all’atto
di autotutela esibito, consistente nell’annullamento del diniego di rimborso
impugnato. Atto di autotutela, col quale l’ufficio, reputando «ammissibile il
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rimborso dell’iva per i beni acquistati dalla menzionata società, ancorché
quest’ultima sia una mera concessionaria per la gestione delle infrastrutture,
laddove, invece, i beni e gli impianti restano di proprietà della Regione>>, si è
limitato, appunto, ad annullare il diniego di rimborso Iva.
1.1.-Giova rimarcare, al riguardo, che, in seno alle categorie del diritto
amministrativo, applicabili per quest’aspetto al diritto tributario, in

considerazione della natura di atto amministrativo propria del provvedimento di
accertamento o di liquidazione delle imposte nonché di quello di diniego di
rimborso oggetto della cognizione del giudice tributario, occorre distinguere
tra l’ipotesi in cui un atto nuovo determini un risultato non inferiore per il
ricorrente a quello ritraibile dal giudicato, da altre situazioni caratterizzate solo
dalla sopravvenuta carenza di interesse; ma anche la sopravvenuta carenza può
contraddistinguere soltanto le fattispecie in cui l’atto impugnato abbia comunque
cessato di produrre i propri effetti o, comunque, il processo non possa, per
qualsiasi motivo, produrre un risultato utile per il ricorrente (vedi, fra molte,
Cons. Stato, sez. VI, 16 aprile 2012, n. 2135; Cons.Stato, sez. IV, 4 marzo 2011,
n. 1413 e, nella giurisprudenza di questa sezione, Cass. 15 ottobre 2007, n.
21529).
1.2.-Di qui la necessità della distinzione tra il caso in cui il nuovo atto
dell’ufficio recepisca l’istanza del ricorrente e quello in cui da esso derivi
soltanto la mera cessazione degli effetti dell’atto annullato.
Con particolare riguardo all’ipotesi in cui l’atto annullato sia un diniego di
rimborso, il mero venir meno dei suoi effetti non si traduce nella definitiva
realizzazione dell’interesse del contribuente, giacché l’atto di annullamento non
contiene l’accertamento relativo al rapporto tributario controverso e alla pretesa
sostanziale vantata dall’interessato di siffatta realizzazione; pretesa che, nel caso
in questione, si è estesa, sin dal primo grado, alla istanza di condanna
dell’amministrazione al pagamento della somma oggetto della richiesta di
rimborso (vedi, in termini, Cass. 12 maggio 2011, n. 10431, secondo cui, per
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rimuovere gli effetti di un silenzio-rifiuto, occorre un provvedimento espresso di
riconoscimento dell’obbligazione tributaria o l’adempimento di essa).
S’impone in conseguenza l’esame dei motivi di ricorso, al fine di verificare
l’impatto su di essi dell’atto di autotutela in questione: benché il provvedimento
di diniego si debba ritenere completamente rimosso dal mondo del diritto, il
principio d’indisponibilità della materia tributaria, accentuato dalla natura

armonizzata dell’imposizione sulla cifra d’affari, impone per ragioni sostanziali,
oltre che processuali, questa ulteriore verifica.
2.- Con i cinque motivi di ricorso, che vanno congiuntamente esaminati, in
quanto logicamente avvinti, la società lamenta:
-ex articolo 360, 1° comma, numero 3, c.p.c., la violazione o falsa
applicazione dell’articolo 2909 del codice civile e dell’articolo 324 del codice di
procedura civile, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto
l’inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto per estendere al periodo
d’imposta 2007 il giudicato formatosi per il precedente periodo 2004, derivante
dalla definitività della sentenza della Commissione tributaria regionale della
Campania numero 241/45/08 e ciò, nonostante il riconoscimento del diritto al
rimborso dell’IVA sia per il 2004, sia per il 2007 sia subordinato alla soluzione
di una questione comune ad entrambe le cause; questione inerente alla
possibilità, secondo quanto affermato dalla sentenza impugnata, di qualificare
come diritti reali quelli attribuiti a Metrocampania e comunque come
“ammortizzabili” ai sensi dell’articolo 30, 3 0 comma, lettera c) del decreto del
Presidente della Repubblica numero 633 del 1972 i beni da essa acquistati in
qualità di concessionaria di un’infrastruttura ferroviaria di trasporto pubblico in
virtù dell’unico atto di concessione del 23 dicembre 2003 —primo motivo;
-ex articolo 360, 1° comma, numero 5, c.p.c., l’omissione, l’insufficienza e
la contraddittorietà della motivazione sul fatto controverso e decisivo della
rilevanza del giudicato esterno, denunciando la contraddittorietà della sentenza,
là dove la Commissione ha dapprima affermato che la domanda appare identica
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a quella già decisa limitatamente ai soggetti ed all’oggetto, per poi escludere
l’identità <>. Là dove, giova rilevare, qualora da
un’unica fonte scaturiscano diversi periodi di imposta, il presupposto
dell’imposizione va calibrato in relazione alle poste attive e passive, specificate
nel prosieguo, differenti anno per anno (le <>di cui discorre la
sentenza impugnata): e ciò in quanto, per ciascun periodo di imposta. gli
elementi di fatto che originano l’imposizione si atteggiano in maniera diversa
(Cass., sez.un., 20 giugno 2007, n. 14294; Cass. 22 febbraio 2008, n. 4607; in
termini, da ultimo, con riguardo a crediti d’imposta afferenti a diverse annualità.
Cass., ord. 11 giugno 2013, n. 14719).

3.3.- A tanto va aggiunto, in linea generale, che le controversie in materia di
IVA richiedono il rispetto di norme comunitarie imperative, la cui applicazione
non può essere ostacolata dal carattere vincolante del giudicato nazionale.
previsto dall’articolo 2909 del codice civile e dalla sua eventuale proiezione
anche oltre il periodo di imposta che ne costituisce specifico oegetto, qualora
sia impedita la realizzazione del principio di contrasto dell’abuso del diritto,
come strumento teso a garantire la piena applicazione del sistema armonizzato
d’imposta (vedi, fra molte, Cass. 8 maggio 2013, n. 10781; Cass. 5 ottobre 2012,
n. 16996; Cass. 30 settembre 2011, n. 20029; Cass. 19 maggio 2010, n. 12249,
che richiamano Corte di Giustizia 3 settembre 2009, in causa C-2/08).
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categoria della proprietà di concessione; ma non vi è specifica deduzione, né

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Il che comporta, in generale, che soltanto il giudicato pienamente
rispondente alle norme imperative comunitarie in terna di Iva può produrre
efficacia espansiva e, in particolare, che il giudicato in questione, concernente
<<...beni strumentali coperti da contributi pubblici>>, non pare
incontrovertibilmente rispondere a tale requisito, per le osservazioni che
seguono, sub 9 e /O.

L’eccezione di giudicato va in conseguenza respinta.
***

4.-Nel merito, la sentenza impugnata chiarisce che <>.
4.2.-Oggetto di controversia è verificare se le opere di ampliamento,

ammodernamento e potenziamento degli impianti realizzate dal concessionario
siano da considerare, nel corso della concessione, di proprietà del concessionario
oppure di proprietà del concedente e se tale aspetto sia rilevante al fine di
rendere qualificabili tali opere come beni ammortizzabili e quindi detraibile
l’IVA versata per la costruzione o l’acquisizione di esse: l’articolo 30, comma 3,
lettera c) del D.P.R. 633 del 1972 stabilisce infatti che è rimborsabile
l’eccedenza detraibile dell’IVA relativa all’acquisto o all’importazione di beni
ammortizzabili.
4.3.-Secondo la Commissione tributaria regionale, difatti, l’ammortamento
delle opere realizzate non è possibile, perché le opere afferiscono a beni altrui, e
per di più sono insuscettibili di utilizzo autonomo rispetto a quello del bene o dei
beni cui accedono.
5.-Ciò posto, il rimborso dell’eccedenza detraibile dell’imposta sul valore
aggiunto contemplato dalla lettera c) del 3° comma dell’articolo 30 del decreto
del Presidente della Repubblica numero 633/1972 postula, per quanto
d’interesse, che si abbia riguardo a:
a. beni;

b.-che siano stati acquistati dal contribuente che chiede il rimborso e
e. che siano ammortizzabili.

5.1.-L’atto di autotutela esibito dall’Agenzia non risolve in maniera
definitiva fra le parti gli aspetti controversi inerenti a tali profili, in quanto si
limita a riconoscere che l’articolo 30, 3° comma, lettera c) <<... "è funzionale soltanto ad individuare la categoria di beni il cui acquisto consente un RG n. 9019/2012 Angelina- no estensore 10 Pagina 11 di 20 immediato recupero ancorché la società contribuente <<...sia una mera concessionaria per la gestione delle infrastrutture, laddove, invece, i beni e gli impianti restano di proprietà della Regione». 6.-Va anzitutto affermato, in primo luogo, che i prodotti delle attività di miglioramento e di ampliamento in questione rispondono, sia pure in senso lato, alla generale nozione di beni fornita dall'articolo 810 del codice civile. Tali beni, finché la concessione dura, sono di proprietà della concessionaria, con la deducibilità dei relativi costi. 6.1.- Si usa difatti distinguere i beni che il concessionario acquisti o costruisca per l'espletamento delle attività oggetto della concessione amministrativa in due categorie: quella della c.d. proprietà industriale, che annovera i beni i quali, al termine della concessione, restano di proprietà della concessionaria o sono ceduti alla concedente dietro corrispettivo e quella della c.d. proprietà di concessione, che comprende i beni i quali, alla scadenza della concessione, sono trasferiti agli enti concedenti gratuitamente ed in condizioni di normale funzionamento, ossia "gratuitamente devoluti", secondo la locuzione impiegata dall'articolo 104 del decreto del Presidente della Repubblica numero 917/86. 6.2.-Afferiscono, tuttavia, alla c.d. proprietà di concessione anche i beni consistenti nel prodotto dell'attività di ampliamento, ammodernamento o miglioramento degli elementi strutturali di immobilizzazioni di proprietà della concedente, se ne comportino un incremento significativo e misurabile di capacità o di produttività o di sicurezza o di vita utile. In tale ipotesi, le migliorie e le spese incrementative, qualora non siano separabili dai beni cui afferiscono, vanno a sostanziare, secondo un autorevole insegnamento, immobilizzazioni immateriali: si consideri che l'articolo 2424, lettera B), del codice civile annovera fra le immobilizzazioni immateriali <> .
7.1.- In particolare, il legislatore ha previsto con questa norma, in alternativa
all’ammortamento tecnico, rispettivamente stabilito per i beni materiali e per
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quelli immateriali dagli articoli 102 e 103, una speciale forma di ammortamento,
l’ammortamento finanziario, prima cumulativo ed oggi alternativo rispetto a
quello tecnico.
7.2.-L’ammortamento tecnico è funzionale alla mera ripartizione, in una
pluralità di periodi, del costo fiscalmente riconosciuto, in quanto sopportato per
l’acquisizione del bene, attraverso quote non necessariamente costanti ed in

stretta correlazione con le modalità d’impiego del bene nell’attività dalla quale
promana il reddito d’impresa.
L’ammortamento finanziario, invece, è un procedimento tecnico-contabile di
ripartizione del costo pluriennale dell’immobilizzazione gratuitamente
devolvibile negli esercizi di durata della concessione, al fine di sottrarre a
tassazione quanto il concessionario complessivamente sborsi per acquistare e
mantenere cose destinate al concedente (Cass. 7 marzo 1997, n. 2085).
Quest’ultima previsione è, peraltro, conforme alle disposizioni civilistiche: il
numero 2) dell’articolo 2426 del codice civile impone di ammortizzare
sistematicamente, in ogni esercizio in relazione con la residua possibilità di
utilizzazione, il costo delle immobilizzazioni, materiali e immateriali, la cui
utilizzazione è limitata nel tempo, pur imponendosi il coordinamento —che esula
dalla materia controversa di questo giudizio- col successivo numero 5), a norma
del quale i costi in questione <<...devono essere ammortizzati entro un periodo non superiore a cinque anni> >.
7.3.-La stessa Corte costituzionale, d’altronde, ha posto in luce la specialità
dell’ammortamento finanziario, evidenziandone la natura di agevolazione
tributaria, <> (Corte cost. 6 febbraio 2002, n. 16).

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7.4.-La società può dunque scegliere tra l’ammortamento ordinario e
l’ammortamento finanziario per quote costanti o differenziate.
Ci si trova comunque, nel caso in questione, al cospetto di beni che, prodotti
o acquisiti dalla concessionaria, sono ammortizzabili.
7.5.- In definitiva, la tesi sostenuta nella sentenza impugnata, secondo cui i
costi sostenuti dal concessionario per le opere di ampliamento,
ammodernamento e potenziamento degli impianti (di proprietà del concedente)

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non sono ammortizzabili in quanto accedono alla proprietà del concedente, con
conseguente non detraibilità dell’IVA ad essi relativa, non ha alcun fondamento
normativo ed è anzi in contrasto con le espresse previsioni di legge.
8.-Rimangono da esaminare i limiti di ammortizzabilità, che si riverberano
sulla quantificazione del rimborso richiesto, all’ammortizzabilità appunto
correlato. E ciò in quanto va indagato l’onere economico effettivamente
sostenuto dalla società concessionaria per l’acquisizione dei beni, al fine di
verificarne il riflesso sul piano dell’imposta sul valore aggiunto e, in particolare,
della richiesta di rimborso della quale oggi si discute.
Trova dunque ingresso il tema della rilevanza dei contributi della
concedente, l’erogazione dei quali, si è visto, è stata oggetto di accertamento
della sentenza impugnata; tema discusso sin dal primo grado, come si evince
dalla riproduzione delle difese dell’ufficio e del testo della sentenza della
Commissione tributaria provinciale, contenuta alle pagine 6-8 del controricorso,
dedotto, nell’impostazione dell’Agenzia, in via di eccezione, a sostegno
dell’esclusione dell’ammortizzabilità dei beni, in quanto, si sostiene in
controricorso, <<...deve formare oggetto di ammortamento il solo costo che effettivamente rimane a carico dell impresa>>.
Essendo stato il tema introdotto in giudizio sin dal primo grado, è irrilevante
la censura di novità proposta dalla società in memoria, in mancanza di
contestazione delle modalità e dei tempi della sua introduzione.

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E va anche precisato che l’accertamento contenuto in sentenza, non
ritualmente contestato dalle parti, che la società è stata <<...beneficiaria di contributi, sebbene in modo parziale, dati dalla regione...>> per la propria
attività d’investimento, esonera la Corte dall’esame dell’ammortizzabilità dei
beni, ai fini del rimborso del quale si discute, nell’ipotesi, ventilata in memoria e
ritenuta in controricorso, in cui i contributi pubblici abbiano integralmente

coperto le attività d’investimento delle quali si discute.
8. /.-Espressamente il meccanismo dell’ammortamento finanziario comporta
che la determinazione della quota deducibile con riguardo al singolo periodo
d’imposta sia quantificata al netto dei contributi del concedente.
8.2.- Ma tale esclusione dei contributi del concedente dalla base di computo
delle quote di ammortamento è espressione di una regola generale, coerente col
trattamento fiscale loro riservato.
8.3.-L’articolo 88, 3° comma, lettera b), del decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, numero 917, che riproduce il previgente articolo
55, 3° comma, lettera b), nel testo risultante dalla modifica introdotta
dall’articolo 21 della legge 27 dicembre 1997, numero 449, annovera fra le
sopravvenienze attive i proventi, in danaro o in natura, conseguiti a titolo di
contributo o di liberalità (contributi in conto capitale), esclusi:
-i contributi produttivi di ricavi (ossia i contributi di fonte privatistica
spettanti contrattualmente e comunque denominati —articolo 85, 1° comma,
lettera g);
-i contributi di fonte pubblicistica in conto esercizio spettanti esclusivamente
a norma di legge —articolo 85, 1° comma, lettera h) e, appunto,
-i contributi destinati all’acquisto di beni ammortizzabili indipendentemente
dal tipo di finanziamento adottato.
8.4.-A seguito delle modifiche apportate dalla legge numero 449 del 1997,
dunque, i contributi rappresentano l’investimento diretto del concedente per
partecipare al costo di realizzazione dell’opera.
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In definitiva, i contributi del concedente sono destinati a rilevare in
diminuzione del costo fiscalmente riconosciuto del cespite cui afferiscono.
8.5.-Ciò può avvenire in base a due differenti metodi di contabilizzazione,
entrambi coerenti con i principi contabili internazionali (IAS numero 20):
secondo un primo metodo, i contributi percepiti concorrono indirettamente alla

contabilizzate e dedotte nei periodi d’imposta successivi; in base ad un secondo
metodo, il costo di acquisto dei beni è contabilizzato al lordo dei contributi, che
risulterà tra i componenti positivi del conto economico, di guisa che concorrerà
alla formazione del reddito d’impresa sotto forma di quote di risconto passivo
proporzionalmente corrispondenti alle quote di ammortamento ancora da
dedurre.
E la Corte, sul punto, ha escluso che, in concreto, si possa procedere ad
ammortamento <>.
Importo, che va calcolato, in base all’articolo 13 del medesimo decreto,
sull’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti; è necessario, tuttavia,
accertare se anche l’onere economico dell’imposta, o parte di esso, risulti
neutralizzato dai contributi pubblici del concedente, i quali comunque
determinano la diminuzione dei costi fiscalmente riconosciuti.

9.3.-11 che istituisce quel collegamento tra detraibilità e rimborso invocato
dalla società sia in ricorso, sia in memoria.
10.-Va dunque affermato il seguente principio di diritto:
<

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