Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25669 del 14/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 14/12/2016, (ud. 24/11/2016, dep.14/12/2016),  n. 25669

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20251-2015 proposto da:

T.M., elettivamente domiciliata in Roma piazza Cavour

presso la Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato

VITTORIO VOLONTE’ giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 177/31/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del VENETO, del 15/12/2014 depositata il 13/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

IN FATTO

T.M. propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti dell’Agenzia delle entrate (che si costituisce al solo fine di partecipare all’udienza di discussione), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto n. 177/31/2015, depositata in data 13/01/2015, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di alcune cartelle di pagamento emesse per IRPEF dovuta in relazione agli anni di imposta 2002, 2003, 2004 e 2005, a seguito di mancato pagamento delle rate concordate con l’Ufficio in sede di accertamento con adesione, – è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso della contribuente.

In particolare, i giudici d’appello hanno dichiarato inammissibile il gravame della contribuente, in quanto notificato, in data “24/02/20/4”, oltre il termine di sei mesi di cui all’art. 327 c.p.c. decorrente dalla data di pubblicazione della decisione della C.T.P. (in data “14/02/2013”).

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corre in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

Si dà atto che il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

IN DIRITTO

1. La ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 4, dell’art. 116 c.p.c., non avendo la C.T.R., nel dichiarare inammissibile l’appello di essa contribuente (sulla base del decorso del termine di legge di sei mesi, trattandosi di sentenza emanata in processo instaurato dopo il 4.7.2009, tempistica questa non contestata dalla ricorrente), preso in considerazione la prova documentale offerta, al fine di giustificare l’errore compiuto, vale a dire la comunicazione inviata dalla C.T.P. di Padova del dispositivo della sentenza, nel quale era riportato il termine per impugnare di “un anno e 46 giorni dalla data di deposito della sentenza in mancanza di notificazione”.

La censura è infondata.

Deve in questa sede ribadirsi che “la decadenza da un termine processuale, ivi compreso quello per impugnare, non può riutenersi incolpevole e giustificare, quinmdi, la rimessione in termini, ove sia avvenuta per errore di diritto”. (Cass. 17704/2010; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 8151 del 99/04/9015 Cass. 9687/2016).

Ed invero, tale errore (indipendentemente dal fatto che si assuma verificatosi per il fraintendimento generato da una erronea comunicazione circa il termine processuale per impugnare) viene a risolversi in un errore di diritto inescusabile e non integra un fatto impeditivo, estraneo alla volontà della parte, della tempestiva proposizione dell’impugnazione. E’ pacifico infatti che la causa non imputabile che legittima la rimessione in termine, oggi ex art. 153 c.p.c., implica il verificarsi di un evento che deve avere il carattere della assolutezza – e non già dell’impossibilità relativa, ne tantomeno di una mera difficoltà – e che sia in rapporto causale determinante con il verificarsi della decadenza (in termini, per tutte, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8216 del 04/04/2013).

3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Anche luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo l’intimata svolto attività difensiva. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2016

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