Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25668 del 22/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/09/2021, (ud. 04/05/2021, dep. 22/09/2021), n.25668

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12380-2020 proposto da:

V.P., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA AUGUSTO

IMPERATORE 22, presso lo studio dell’avvocato GUIDO MARIA POTTINO,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

STATO ITALIANO, MINISTERO DELL’IS1RUZIONE UNIVERSITA’ E RICERCA,

MINISTERO DEL LAVORO DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE SOCIALI,

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 7665/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 10/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella carriera di consiglio non

partecipata del 04/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. UMBERTO

LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA e RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte:

rilevato che:

con sentenza del 10/12/2019 la Corte di appello di Roma ha rigettato, con aggravio delle spese del grado, l’appello proposto dal prof. V.P., medico che aveva conseguito la specializzazione in cardiologia nel periodo 1982-1986, avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 19635 del 2013 che aveva respinto, per intervenuta prescrizione, la sua domanda di condanna della Presidenza del Consiglio dei Ministri al risarcimento dei danni conseguenti al tardivo e parziale recepimento nell’ordinamento italiano della direttiva comunitaria che aveva fatto obbligo di riconoscere ai medici specializzandi una adeguata remunerazione per l’intera durata del corso; secondo la Corte capitolina era jus receptum che la prescrizione prendeva a decorrere dalla data di entrata in vigore della L. n. 370 del 1999 e cioè dal 27/10/1999 ed era quindi decorsa quando, in difetto di preventivi atti interruttivi, era stato radicato il giudizio nel 2011;

avverso la predetta sentenza del 10/12/2019, non notificata, con atto notificato il 11/5/2020 ha proposto ricorso per cassazione il prof. V.P., svolgendo due motivi, a cui ha resistito la Presidenza del Consiglio dei Ministri con controricorso notificato il 1/6/2020, chiedendone il rigetto;

e’ stata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. la trattazione in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

RITENUTO

che:

con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del Trattato UE (ex art. 249 del Trattato CE), art. 288, delle Dir. 75/363/CEE e 82/75/CE, nonché dell’art. 2935 c.c.;

secondo il ricorrente, la Corte di appello, nel sostenere “tacitianamente” che la prescrizione iniziava a decorrere dal 27/10/1999 non aveva preso in esame la tesi sostenuta dall’appellante circa l’impossibilità di far decorrere la prescrizione da una legge che aveva solo parzialmente trasposto nel nostro ordinamento, a far data dal 1992 e ignorando che la direttiva comunitaria prevedeva invece il riconoscimento del diritto sin dal 1982;

un medico specializzatosi negli anni antecedenti al 1991, come il prof. V. – prosegue il ricorrente – è titolare di un diritto ancor oggi non concretamente esercitabile in difetto di precisazione normativa del soggetto debitore e della retribuzione adeguata, con il conseguente illecito permanente e la non decorrenza della prescrizione di un diritto non esercitabile;

il primo motivo in tema di prescrizione e asserita violazione dell’art. 2935 c.c., oltre che della legislazione Europea, appare manifestamente infondato alla luce della giurisprudenza del tutto consolidata di questa Corte alla quale la Corte romana si è puntualmente conformata;

secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte (ex Sez. 3, n. 1589 del 24/01/2020, Rv. 656585 – 01; Sez. 6 – 3, n. 16452 del 19/06/2019, Rv. 654419 – 01; Sez. 6 – 3, n. 6606 del 20/03/2014, Rv. 630184 – 01; Sez. 6 – 3, n. 6606 del 20/03/2014, Rv. 630184 – 01; Sez. 3, n. 17868 del 31/08/2011, Rv. 619358 – 01) il diritto al risarcimento del danno da tardiva ed incompleta trasposizione nell’ordinamento interno – realizzata solo con il D.Lgs. n. 257 del 1991 – delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, relative al compenso in favore dei medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari, si prescrive, per coloro i quali avrebbero potuto fruire del compenso nel periodo compreso tra il 1 gennaio 1983 e la conclusione dell’anno accademico 1990-1991, nel termine decennale decorrente dalla data di entrata in vigore (27 ottobre 1999) della L. n. 370 del 1999, il cui art. 11 ha riconosciuto il diritto ad una borsa di studio soltanto in favore di quanti, tra costoro, risultavano beneficiari delle sentenze irrevocabili emesse dal giudice amministrativo;

la ratio di tale orientamento è infatti che a seguito della tardiva ed incompleta trasposizione nell’ordinamento interno delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, relative al compenso in favore dei medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari – realizzata solo con il D.Lgs. 8/8/1991, n. 257 è rimasta inalterata la situazione di inadempienza dello Stato italiano in riferimento ai soggetti che avevano maturato i necessari requisiti nel periodo che va dal 1 gennaio 1983 al termine dell’anno accademico 1990-1991;

la lacuna è stata parzialmente colmata con la L. 19/10/1999, n. 370, art. 11 che ha riconosciuto il diritto ad una borsa di studio soltanto in favore dei beneficiari delle sentenze irrevocabili emesse dal giudice amministrativo;

di conseguenza, tutti gli aventi diritto ad analoga prestazione, ma tuttavia esclusi dal cit. art. 11, hanno avuto da quel momento la ragionevole certezza che lo Stato non avrebbe più emanato altri atti di adempimento alla normativa Europea: nei confronti di costoro, pertanto, la prescrizione decennale della pretesa risarcitoria comincia a decorrere dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore del menzionato art. 11;

il ricorso non offre alcuna valida ragione per mutare il predetto granitico orientamento giurisprudenziale;

con il secondo motivo proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, il ricorrente denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. e omessa pronuncia sulla specifica domanda proposta in primo grado e riproposta in appello, rivolta all’esame nel merito della pretesa dell’attore;

la doglianza di omessa pronuncia appare manifestamente infondata perché la Corte si è pronunciata sulla domanda, accogliendo l’eccezione preliminare di merito di prescrizione e conseguentemente rigettando la pretesa;

l’esame del merito è rimasto di conseguenza assorbito per effetto dell’accoglimento dell’eccezione pregiudiziale di prescrizione;

ritenuto pertanto che il ricorso debba essere rigettato con la liquidazione, come da dispositivo, delle spese a carico del ricorrente soccombente.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore del controricorrente, liquidate nella somma di Euro 3.500,00 per compensi, oltre le spese prenotate a debito come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2021

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