Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25668 del 13/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 13/11/2020, (ud. 08/10/2020, dep. 13/11/2020), n.25668

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Gianluca – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33173-2018 proposto da:

R.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GOLAMETTO

4, presso lo studio dell’avvocato GIOVAMBATTISTA FERRIOLO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FERDINANDO EMILIO

ABBATE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositato il

20/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 08/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

GRASSO.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto, per quel che ancora qui rileva, che R.D. ricorre, sulla base di due motivi, ulteriormente illustrati da memoria, avverso il decreto della Corte di Firenze, depositato il 20/4/2018, con il quale, accolta l’opposizione del Ministero della Giustizia, venne revocato il decreto monitorio, che aveva accolto in parte la domanda dell’odierno ricorrente di equo indennizzo per la non ragionevole durata di un processo volto al riconoscimento d’equo indennizzo per la non ragionevole durata di un processo volto, a sua volta, al riconoscimento d’equo indennizzo (c.d. Pinto su Pinto);

che il Ministero della Giustizia è rimasto intimato;

che con ordinanza del 10/6/2019, a epilogo dell’adunanza camerale del 17/4/2019, la causa veniva rinviata a nuovo ruolo in attesa della decisione delle S.U., investite con l’ordinanza interlocutoria n. 802/2019 e successive gemelle;

che depositata la decisione delle S.U. n. 19885/2019 il processo veniva chiamato a nuova adunanza camerale;

che con il primo motivo, in sintesi, il ricorrente lamenta che la Corte toscana, pur avendo considerato unitariamente la “fase” di cognizione e quella esecutiva, non aveva reputato la durata eccessiva, per non avere computato il lasso di tempo intercorrente dalla formazione del titolo esecutivo al momento in cui la parte privata, con il pignoramento aveva avviato il processo esecutivo;

considerato che la doglianza, alla luce della sentenza n. 19885/2019 delle S.U., è infondata, valendo i seguenti principi di diritto enunciati dalla citata sentenza:

– “Ai fini dell’individuazione della ragionevole durata del processo rilevante per la quantificazione dell’indennizzo previsto dalla L. n. 89 del 2001, art. 2 la fase esecutiva eventualmente intrapresa dal creditore nei confronti dello Stato-debitore inizia con la notifica dell’atto di pignoramento e termina allorchè diventa definitiva la soddisfazione del credito indennitario”;

– “Nel computo della durata del processo di cognizione ed esecutivo, da considerare unitariamente ai fini del riconoscimento del diritto all’indennizzo L. n. 89 del 2001, ex art. 2 non va considerato come “tempo del processo” quello intercorso fra la definitività della fase di cognizione e l’inizio della fase esecutiva, quest’ultimo invece potendo eventualmente rilevare ai fini del ritardo nell’esecuzione come autonomo pregiudizio, allo stato indennizzabile in via diretta ed esclusiva, in assenta di rimedio interno, dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo”;

ritenuto che il secondo motivo, con il quale il R. deduce violazione dell’art. 91 c.p.c., per avere la Corte locale provveduto a determinare le spese indicando l’importo globale di Euro 800,00, senza distinguere quanto del detto importo andava riferito all’originaria fase di merito, quanto a quella di legittimità (essendosi innestato giudizio di legittimità per dirimere contrasto sulla competenza del giudice) e quanto al successivo giudizio di rinvio, appare fondato, condividendo il Collegio il principio espresso da questa Corte, la quale ha chiarito che il giudice di rinvio non può procedere ad unica, globale, liquidazione per le spese di giudizio di cassazione e le spese del giudizio di rinvio, ma deve procedere a liquidazione distinta per ciascuno di tali giudizi, in modo da consentire alla parte interessata di verificare se, per ognuno di essi, siano stati rispettati i limiti delle relative tariffe (Sez. 2, n. 5535, 10/3/2014, Rv. 630206);

considerato che, pertanto, il provvedimento impugnato deve essere cassato con rinvio in relazione all’accolto motivo, rimettendosi al Giudice del rinvio anche il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il secondo motivo, rigetta il primo, cassa il provvedimento impugnato in relazione all’accolto motivo e rinvia alla Corte d’appello di Firenze, altra composizione, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2020

 

 

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