Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25667 del 22/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/09/2021, (ud. 04/05/2021, dep. 22/09/2021), n.25667

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12233-2020 proposto da:

S.D.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RICCARDO

GRAZIOLI LANTE, 15/A, presso lo studio dell’avvocato STEFANO

PANICCIA, rappresentato e difeso dall’avvocato EMANUELE TORTORELLI;

– ricorrente –

contro

COMUNE di MATERA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, LUNGO TEVERE DEI MELLINI 17, presso lo studio

dell’avvocato GIANCARLO VIGLIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ENRICA ONORATI;

– controricorrente –

contro

BORGO VENUSIO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 122/2020 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 25/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. UMBERTO

LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA e RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte:

rilevato che:

con sentenza del 25/2/2020 la Corte di appello di Potenza ha accolto l’appello proposto dal Comune di Matera e ha riformato integralmente la sentenza n. 136 del 2014 del Tribunale di Matera, revocando il decreto ingiuntivo opposto, richiesto da S.D.M. nei confronti del Comune e condannando il Dott. S. alla rifusione delle spese del doppio grado di giudizio;

il Dott. S.D.M. aveva agito in via monitoria nei confronti del Comune di Matera per ottenere il pagamento del compenso (Euro 32.001,35, oltre accessori) dovutogli quale componente del collegio peritale incaricato di procedere alla relazione di stima di vari terreni inclusi nel piano di recupero urbano Borgo Venusio, destinati ad essere espropriati;

il Comune si era opposto, sostenendo l’infondatezza della pretesa, non sorretta da prova scritta e chiamando in causa la Borgo Venusio s.c.a.r.l., ritenuta contrattualmente tenuta al pagamento;

il Tribunale aveva respinto l’opposizione e dichiarato improcedibile la domanda rivolta alla società Borgo Venusio in presenza di clausola compromissoria convenzionale;

secondo la Corte lucana, non vi era prova scritta del credito riconosciuto in primo grado e non era stato validamente instaurato il rapporto d’opera professionale tra il Comune di Matera e ciascun membro del Collegio peritale, in assenza della necessaria forma scritta ad substantiam;

avverso la predetta sentenza del 25/2/2020, notificata il 28/2/2020, con atto notificato il 28/4/2020 ha proposto ricorso per cassazione S.D.M., svolgendo sette motivi così rubricati;

con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 2909 e 1421 c.c., in combinato disposto con gli artt. 112,342,345,645, c.p.c. e l’art. 101 c.p.c., comma 2;

con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 1, comma 4, art. 21, commi 2, 3, 4, 5, 6, art. 6, lett. a), artt. 9,14 e art. 27, commi 1 e 2, agli artt. 99 e 112 c.p.c., all’art. 42 Cost., al Protocollo 1 CEDU, art. 1, all’art. 11 preleggi, comma 1, in combinato disposto con gli artt. 1325,1326,1350 c.c. e l’art. 1418 c.c., comma 2, nonché il R.D. n. 1440 del 1923, artt. 16 e 17, il R.D. n. 827 del 1924, artt. 93 e ss., il D.L. 2 marzo 1989, n. 66, art. 23, conv. in L. 2 aprile 1989, n. 144;

con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, il ricorrente denuncia nullità processuale per assoluta mancanza di motivazione ex art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4;

con il quarto motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, artt. 21 e 27, in combinato disposto con gli artt. 810 e 814 c.p.c. e l’art. 12 preleggi;

con il quinto motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 5, il ricorrente denuncia violazione del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, artt. 21 e 27 e all’assenza di ingresso del tema in giudizio ex artt. 1175 e 1375 c.c. e la violazione del principio dell’abuso di diritto e del divieto di venire contra factum proprium;

con il sesto motivo di ricorso il ricorrente eccepisce la illegittimità costituzionale del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, artt. 21 e 27, per violazione degli artt. 3, 42 e 117, comma 1, in relazione all’art. 1, prot. 1 CEDU;

con il settimo motivo proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, il ricorrente denuncia violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.;

al predetto ricorso ha resistito il Comune di Matera con controricorso notificato il 15/6/2020, chiedendone l’inammissibilità o il rigetto, mentre la Borgo Venusio non si è costituita;

e’ stata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. la trattazione in camera di consiglio non partecipata;

il ricorrente ha illustrato con memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2, le proprie difese.

Diritto

RITENUTO

che:

il primo profilo del primo motivo di ricorso, afferente alla asserita preclusione del rilievo ex officio della nullità del contratto, è infondato perché il rilievo officioso della nullità è sempre possibile in appello in difetto di espressa statuizione sulla validità del contratto nella sentenza di primo grado, nella fattispecie non ravvisabile nel mero accertamento dell’esistenza della fonte del credito (Sez. 2, n. 15050 del 11/06/2018, Rv. 649072 – 01; Sez. 6 – 3, n. 19251 del 19/07/2018, Rv. 650242 – 01; Sez. U, n. 26242 del 12/12/2014, Rv. 633509 – 01);

infatti il potere di rilievo officioso della nullità del contratto spetta anche al giudice investito del gravame relativo ad una controversia sul riconoscimento di una pretesa che supponga la validità ed efficacia del rapporto contrattuale oggetto di allegazione – e che sia stata decisa dal giudice di primo grado senza che questi abbia prospettato ed esaminato tali validità ed efficacia, né le parti ne abbiano discusso – trattandosi di questione afferente ai fatti costitutivi della domanda ed integrante, perciò, un’eccezione in senso lato, rilevabile d’ufficio anche in appello, ex art. 345 c.p.c.;

in particolare, la delibera comunale di conferimento di incarico ad un professionista in assenza di copertura finanziaria è nulla, ai sensi del D.L. n. 66 del 1989, art. 23, comma 3, conv. con modif. dalla L. n. 144 del 1989, art. 1, comma 1, (oggi sostituito dal D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 191) e l’invalidità di tale delibera e del contratto concluso sulla base della stessa è rilevabile d’ufficio anche in appello, derivando dalla violazione di norme imperative;

da ultimo, in tal senso Sez. 6 – 1, n. 19161 del 15/09/2020, Rv. 658837 – 01, secondo la quale il giudice di appello è tenuto a procedere al rilievo officioso di una nullità contrattuale nonostante sia mancata la rilevazione in primo grado e l’eccezione di nullità sia stata sollevata in sede di gravame, venendo in rilievo un’eccezione in senso lato, come tale proponibile in appello a norma dell’art. 345 c.p.c., comma 2;

con il secondo profilo del primo motivo il ricorrente censura l’adozione della c.d. “terza via” da parte della Corte lucana, che ha proceduto al rilievo d’ufficio della nullità del contratto, senza sottoporre preventivamente tale questione al contraddittorio nel rispetto dell’art. 101 c.p.c., comma 2; il ricorrente chiede di valutare il motivo così delineato anche in relazione alle censure in punto di diritto successivamente da lui svolte e dirette a dimostrare il concreto pregiudizio al diritto di difesa in tal modo subito, per non aver potuto, se opportunamente invitato nel rispetto del canone del contraddittorio, argomentare circa il fondamento normativo della propria pretesa;

secondo la giurisprudenza di questa Corte l’omessa indicazione alle parti di una questione di fatto oppure mista di fatto e di diritto, rilevata d’ ufficio, sulla quale si fondi la decisione, priva le parti del potere di allegazione e di prova sulla questione decisiva e, pertanto, comporta la nullità della sentenza (cd. “della terza via” o “a sorpresa”) per violazione del diritto di difesa tutte le volte in cui la parte che se ne dolga prospetti, in concreto, le ragioni che avrebbe potuto fare valere qualora il contraddittorio sulla predetta questione fosse stato tempestivamente attivato (Sez. 3, n. 11308 del 12/06/2020, Rv. 658167 – 01; Sez. 2, n. 26495 del 17/10/2019, Rv. 655652 – 01; Sez. 1, n. 23325 del 27/09/2018, Rv. 650762 – 01);

l’esame del predetto profilo di censura resta però assorbito alla luce del contenuto del secondo motivo di ricorso che appare evidentemente fondato; con il secondo motivo infatti il ricorrente deduce violazione di legge, segnatamente con riferimento al D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 21 e 27 e sottolinea il fondamento legale del proprio diritto al compenso così dimostrando la non pertinenza delle argomentazioni della sentenza impugnata relative alla necessaria forma scritta dell’accordo negoziale ad substantiam;

questa Corte, sia pur chiamata ad affrontare l’argomento per diverse ragioni e in diversa prospettiva, con l’ordinanza della Sez. 6 – 1, n. 3575 del 07/03/2012 (Rv. 622072 – 01) ha affermato che non sussiste pregiudizialità tra la causa di opposizione alla stima dell’indennità di esproprio, proposta avanti alla corte d’appello e prospettante anche la invalidità della perizia per illegittima composizione del collegio di tecnici di cui al D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 21, in ragione della mancanza dei requisiti soggettivi per la relativa nomina di uno dei componenti, e la causa instaurata, avanti al tribunale, da altro componente il collegio medesimo, al fine del pagamento del proprio compenso per la prestazione professionale pacificamente fornita; in tale occasione questa Corte ha affermato che il diritto a detto compenso sorge per il fatto di avere effettivamente espletato l’incarico, a prescindere dall’eventuale dichiarazione di nullità della liquidazione dell’indennità per difetto di composizione del collegio;

in effetti, il D.P.R. n. 327 del 2001, art. 21, delinea un procedimento di determinazione definitiva dell’indennità di espropriazione che coinvolge l’attività dei tecnici professionisti designati per effetto di atti di nomina e senza il ricorso allo strumento contrattuale;

se manca l’accordo sulla determinazione dell’indennità di espropriazione, infatti l’autorità espropriante invita il proprietario interessato, con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, a comunicare entro i successivi venti giorni se intenda avvalersi, per la determinazione dell’indennità, del procedimento e in caso affermativo a designare un tecnico di propria fiducia; nel caso di comunicazione positiva del proprietario, l’autorità espropriante nomina due tecnici, tra cui quello eventualmente già designato dal proprietario, e fissa il termine entro il quale va presentata la relazione da cui si evinca la stima del bene;

il rapporto viene così ad instaurarsi in conseguenza dell’atto di nomina e non in conseguenza della stipulazione di un contratto di opera professionale intellettuale di diritto privato;

lo stesso vale per il terzo tecnico, nominato dal presidente del tribunale civile, nella cui circoscrizione si trova il bene da stimare, su istanza di chi vi abbia interesse e scelto tra i professori universitari, anche associati, di estimo, ovvero tra coloro che risultano inseriti nell’albo dei periti o dei consulenti tecnici del tribunale civile nella cui circoscrizione si trova il bene;

la stessa norma, al comma 6, prevede che le spese per la nomina dei tecnici siano liquidate dall’autorità espropriante, in base alle tariffe professionali, siano poste a carico del proprietario se la stima è inferiore alla somma determinata in via provvisoria, siano divise per metà tra il beneficiario dell’esproprio e l’espropriato se la differenza con la somma determinata in via provvisoria non supera in aumento il decimo e, negli altri casi, siano poste a carico del beneficiario dell’esproprio;

lo stesso Testo unico, art. 27, al comma 2 prevede poi che, decorsi trenta giorni dalla comunicazione del deposito, l’autorità espropriante, in base alla relazione peritale e previa liquidazione e pagamento delle spese della perizia, su proposta del responsabile del procedimento autorizzi il pagamento dell’indennità, ovvero ne ordini il deposito presso la Cassa depositi e prestiti; è quindi chiaro che il diritto dei tecnici componenti del collegio alla percezione del compenso non trova titolo in un accordo contrattuale ma direttamente nella legge, nella ricorrenza dei presupposti dell’atto di nomina da parte dell’autorità espropriante o del presidente del tribunale e dell’espletamento dell’incarico;

la sentenza impugnata è incorsa quindi nella violazione del D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 21 e 27;

merita quindi accoglimento il secondo motivo di ricorso;

tutti gli altri successivi motivi restano assorbiti;

la sentenza impugnata deve quindi essere cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte di appello di Potenza, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo profilo e assorbito il secondo profilo del primo motivo, e assorbiti tutti gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Potenza, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2021

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