Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25665 del 30/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 30/11/2011, (ud. 27/10/2011, dep. 30/11/2011), n.25665

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 21541-2009 proposto da:

Z.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA S. ANDREA DELLA VALLE – 6, presso lo studio

dell’avvocato GARUTTI MASSIMO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato BORTOLATO TITO, giusta mandato in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 28/33/2008 della Commissione Tributaria

Regionale di VENEZIA del 28.5.08, depositata il 16/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO VALITUTTI;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. NICOLA

LETTIERI.

Fatto

LA CORTE

rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“Con sentenza n. 28/33/08, la CTR del Veneto rigettava l’appello proposto da Z.M., avverso la sentenza di primo grado con la quale era stato rigettato il ricorso proposto dal contribuente nei confronti del silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso dell’IRAP versata negli anni 2002 e 2003. Il giudice di appello – al pari di quello di prime cure – riteneva, invero, sussistente, nel caso di specie, il requisito essenziale per l’applicabilità dell’IRAP, costituito dall’abituale esercizio di un’attività autonomamente organizzata, diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi.

Avverso la sentenza n. 28/33/08 ha proposto ricorso per cassazione lo Z. articolando tre motivi, con i quali deduce – sotto diversi profili, tutti, però, connessi al difetto di autonoma organizzazione – la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3.

L’Agenzia delle Entrate ha replicato con controricorso. Il ricorso, a parere del relatore, appare manifestamente infondato.

Va rilevato, infatti, che anche la prestazione di lavoro autonomo e l’attività libero-professionale – svolta, nella specie, dallo Z. – sono ricomprese nell’ applicazione dell’IRAP – ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 – salvo che si tratti di attività non autonomamente organizzata. Tale organizzazione autonoma sussiste quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse ; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'”id quod plerumque accidit”, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce, in ogni caso, onere del contribuente, che chieda il rimborso dell’imposta asseritameli te non dovuta, dare la prova dell’assenza delle predette condizioni.

E tuttavia, se l’applicazione delle norme suindicate, per quanto concerne l’ambito soggettivo e gli altri presupposti di applicazione del tributo, è certamente valutabile sotto il profilo della violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, per contro, l’accertamento del requisito dell’autonoma organizzazione spetta in via esclusiva al giudice di merito, ed è censurabile in cassazione solo per difetto di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. S.U. 12111/09, Cass. 3676/07).

Nel caso concreto, peraltro, lo Z., nel dedurre il vizio di violazione e falsa applicazione del D.Lgs., artt. 2 e 3 ha incentrato la censura – non sulla portata o sull’interpretazione della norma operata dalla CTR – bensì, come si evince anche dai quesiti di diritto, sulla valutazione, da parte del giudice di appello, del requisito dell’autonoma organizzazione, censurabile in questa sede – come dianzi detto – solo per vizio di motivazione, nella specie non sollevato affatto dal ricorrente. Di conseguenza, il ricorso può essere deciso in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1. – che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

– che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie.

Considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, riaffermato il principio di diritto sopra richiamato, previa riunione il ricorso va dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 1.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2011

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