Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25664 del 13/11/2020
Cassazione civile sez. VI, 13/11/2020, (ud. 14/10/2020, dep. 13/11/2020), n.25664
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5217-2019 proposto da:
R.N., R.M., elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA MAZZINI 73, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE RIZZUTI, che
li rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIO RUBERTO;
– ricorrenti –
contro
COMUNE DI LAMEZIA TERME, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CAMESANA 46, presso
lo studio dell’avvocato FRANCESCO MIRENZI, rappresentato e difeso
dagli avvocati FRANCESCO CARNOVALE SCALZO, SALVATORE LEONE, CATERINA
FLORA RESTUCCIA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1754/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,
depositata i1 10/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 14/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO
LAMORGESE.
Fatto
RILEVATO
Che:
La Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza del 10 ottobre 2018, rigettando il gravame di R.N. e R.M., ha rilevato il giudicato formatosi sul capo di decisione della sentenza del tribunale che aveva dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Comune di Lamezia Terme sulla loro domanda di ripetizione della trattenuta del venti per cento (pari a Euro 3399,82) operata dal Comune su quanto dovuto per l’occupazione di un terreno di loro proprietà; ha rigettato il motivo di gravame che lamentava omessa pronuncia sulla domanda di risarcimento del danno per irragionevole durata del processo.
R.N. e R.M. hanno proposto ricorso per cassazione, illustrato da memoria, resistito dal Comune di Lamezia Terme.
Diritto
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo, che denuncia violazione di legge, i ricorrenti deducono di avere impugnato in appello il capo della sentenza del tribunale relativo al difetto di legittimazione passiva del Comune di Vibo Valenzia, evidenziando l’illegittimità della trattenuta operata dal Comune, sicchè nessun giudicato si era formato sul punto.
Il motivo è inammissibile per difetto di specificità, in relazione all’art. 366 c.p.p., nn. 4 e 6. Esso deduce l’illegittimità della trattenuta del venti per cento operata dal Comune senza precisare nè il titolo del credito cui essa era riferibile, indicato con riferimento ad imprecisate indennità espropriative (ora come indennità di occupazione legittima ora come risarcimento del danno), nè il titolo della trattenuta che sembrerebbe riferita ora a tributi, ora ad una sentenza (indicata con il n. 355 del 1999) di cui non sono specificate le parti e l’oggetto.
Il secondo motivo è inammissibile per difetto di specificità. Esso contiene in rubrica la denuncia di violazione della L. n. 89 del 2001, ma il contenuto del motivo non lascia comprendere quali siano le statuizioni e affermazioni impugnate e quali le ragioni del dissenso rispetto alla decisione assunta dalla Corte territoriale, cumulando varie doglianze riguardanti la irragionevole durata del processo e l’attività espropriativa compiuta dalla p.a. Inoltre, la Corte territoriale ha fondato la decisione impugnata su plurime raliones decidendi: tardiva proposizione della domanda dinanzi al tribunale mediante memoria ex “art. 183 c.p.c. del 13.4.2016”, corrispondente, tuttavia, alla comparsa conclusionale; mancata proposizione della domanda alla Corte d’appello competente nonchè “nelle forme e nei termini previsti dalla 1. 24.3.2001, n. 89”. Il motivo aggredisce solo la prima ratio decidendi, restando non scalfite le ulteriori rationes, da sole sufficienti a sostenere la decisione, da qui il difetto di interesse dei ricorrenti, quale ulteriore ragione di inammissibilità.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
PQM
La Corte dichiara il ricorso inammissibile, condanna i ricorrenti alle spese, liquidate in Euro 1600,00, oltre accessori di legge.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 14 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2020