Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25663 del 22/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/09/2021, (ud. 27/04/2021, dep. 22/09/2021), n.25663

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20609-2020 proposto da:

O.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato RICCARDO VALLINI VACCARI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso l’ordinanza 13042/2016 del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata

il 03/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FALABELLA

MASSIMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – E’ impugnato per cassazione il decreto del Tribunale di Venezia con cui è stato negato che al ricorrente O.A., cittadino nigeriano, potesse essere riconosciuto lo status di rifugiato; col detto provvedimento è stato pure escluso che O. potesse essere ammesso alla protezione sussidiaria e a quella umanitaria.

2. – Il ricorso per cassazione si fonda su due motivi. Il Ministero dell’interno non ha svolto difese.

Il Collegio ha autorizzato la redazione della presente ordinanza in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo oppone la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g), e art. 14, lett. c), perché il Tribunale avrebbe escluso che in Edo State sia presente una situazione di instabilità, tale da comportare minaccia grave alla vita e alla persona del richiedente, sulla base di fonti non precise e non aggiornate, così contravvenendo al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3. Sostiene l’istante che la citazione della fonte informativa presa in considerazione dal Tribunale ai fini dell’accertamento della situazione di violenza indiscriminata risulterebbe essere generica, facendo il provvedimento impugnato menzione di due rapporti del Segretariato generale delle Nazioni Unite del 2017; è aggiunto che i detti report risulterebbero, comunque, non aggiornati.

Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente, dopo aver denunciato il carattere non puntuale del richiamo della fonte operato da parte del Tribunale, si è limitato a citare dei report EASO del 2019 “relativi alla situazione sulla sicurezza ed alle azioni mirate contro gli individui in Nigeria”, senza trascriverne il contenuto e senza nemmeno assumere che gli stessi contenessero informazioni, quanto all’Edo State, che sconfessassero la rilevata assenza, in quella regione, di una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.

Ciò posto, chi intenda denunciare la violazione da parte del giudice di merito del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, per avere rigettato la domanda senza indicare le fonti di informazione da cui ha tratto le conclusioni, ha l’onere di allegare che esistono COI (Country of Origin Informations) aggiornate e attendibili dimostrative dell’esistenza, nella regione di provenienza, di una situazione d:i violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, di indicarne gli estremi e di riassumerne (o trascriverne) il contenuto, al fine di evidenziare che, se il giudice ne avesse tenuto conto, l’esito della lite sarebbe stato diverso (Cass. 9 ottobre 2020, n. 21932; Cass. 20 ottobre 2020, n. 22769).

Il motivo non è stato quindi articolato in modo da soddisfare detta condizione.

2. – Col secondo motivo è lamentata la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per avere il Tribunale omesso di valutare, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, lo stato di conflitto interno presente nell’Edo State, nonché il periodo di prigionia subito dal ricorrente in Libia.

Il motivo è inammissibile.

L’esistenza di un conflitto interno nell’Edo State è stata negata dal Tribunale, sicché il ricorrente mostra di non confrontarsi, sul punto, con la pronuncia impugnata. La ravvisata mancata aderenza della censura al decisum destina la stessa alla statuizione di inammissibilità (Cass. 7 settembre 2017, n. 20910, che nel pronunciarsi in tali termini, richiama il principio già enunciato da Cass. 7 novembre 2005, n. 21490, secondo cui la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al decisum della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 c.p.c., n. 4, con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio).

E’ da aggiungere, per completezza, che la situazione di vulnerabilità deve necessariamente correlarsi alla vicenda personale del richiedente, perché altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, quanto piuttosto quella del suo paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti in contrasto col parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 (Cass. Sez. U. 13 novembre 2019, n. 29459 e Cass. 23 febbraio 2018, n. 4455, in motivazione; Cass. 2 aprile 2019, n. 9304).

Quanto al soggiorno in Libia, il ricorrente non ha dedotto di aver prospettato al giudice del merito una condizione di vulnerabilità associata a persistenti traumi provocati da quella esperienza e di tale profilo, del resto, il decreto impugnato non si occupa: sicché va fatta applicazione del principio per cui, non sottraendosi la proposizione del ricorso al tribunale nella materia della protezione internazionale dello straniero all’applicazione del principio dispositivo, il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass. 28 settembre 2015, n. 19197; in senso conforme: Cass. 29 ottobre 2018, n. 27336; Cass. 31 gennaio 2019, n. 3016).

3. – Il ricorso è dichiarato inammissibile.

4. – Nulla deve statuirsi in punto di spese.

P.Q.M.

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6a Sezione Civile, il 27 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2021

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