Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25662 del 22/09/2021
Cassazione civile sez. VI, 22/09/2021, (ud. 27/04/2021, dep. 22/09/2021), n.25662
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17595-2020 proposto da:
A.A.E., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR
presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e
difeso dall’avvocato MASSIMILIANO ORRU’;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;
– resistente –
avverso il decreto n. cronol. 3332/2020 del TRIBUNALE di BOLOGNA,
depositata il 23/05/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 27/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FALABELLA
MASSIMO.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. – E’ impugnato per cassazione il decreto del Tribunale di Bologna del 23 maggio 2020. Con quest’ultima pronuncia è stato negato che al ricorrente, A.A.E., nato in Nigeria, potesse essere riconosciuto lo status di rifugiato ed è stato altresì escluso che lo stesso potesse essere ammesso alla protezione sussidiaria e a quella umanitaria.
2. – Il ricorso per cassazione si fonda su di un solo motivo. Il Ministero dell’interno, intimato, non ha notificato controricorso, ma ha depositato un “atto di costituzione” in cui non è svolta alcuna difesa.
Il Collegio ha autorizzato la redazione della presente ordinanza in forma semplificata.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Viene dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 per aver il Tribunale ritenuto insussistenti le condizioni per l’ottenimento della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.
2. – Il motivo è inammissibile. Così il ricorso.
Il Tribunale ha ritenuto: che la vicenda narrata dal richiedente, incentrata sulle minacce di cui lo stesso sarebbe stato vittima, provenienti dagli aderenti a una setta segreta, denominata Axe, risultava non credibile, in ragione della genericità e implausibilità del racconto; che non competeva la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), dal momento che nel Delta State, regione di origine del ricorrente, e nell’Edo State, in cui lo stesso si era successivamente trasferito, non si riscontrava una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato idonea a esporre la popolazione civile ad un grave pericolo incidente sulla vita o sull’incolumità personale; che non competeva il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari, giacché al ricorrente non era riferibile alcuna condizione di seria vulnerabilità e il percorso di integrazione da lui intrapreso non ostava al rimpatrio, in assenza di elementi indicativi della necessità della richiesta forma di protezione.
Ciò detto, il motivo risulta svolto irritualmente: l’istante lamenta infatti la violazione di una norma che regola, in via generale, l’impugnazione della decisione reiettiva della commissione territoriale, non prende in considerazione i diversi passaggi motivazionali della sentenza del Tribunale e correlativamente non spiega, in modo chiaro e preciso, in che modo la pronuncia si discosti dalle prescrizioni che andavano nella circostanza osservate.
Occorre qui ricordare che i motivi posti a fondamento dell’invocata cassazione della decisione impugnata debbono avere i caratteri della specificità, della completezza, e della riferibilità alla decisione stessa (Cass. 24 febbraio 2020, n. 4905; Cass. 25 settembre 2009, n. 20652; Cass. 6 giugno 2006, n. 13259) e che ciò comporta, fra l’altro, l’esposizione di argomentazioni intelligibili ed esaurienti ad illustrazione delle dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero delle lamentate carenze di motivazione (Cass. 25 settembre 2009, n. 20652, cit.; Cass. 6 giugno 2006, n. 13259, cit.).
Ciò vale con particolare riguardo al vizio di violazione di legge, su cui è incentrato il mezzo di censura. Infatti, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366 c.p.c., n. 4), impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3), a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare, con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni, la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass. Sez. U. 28 ottobre 2020, n. 23745).
3. – Non è luogo a pronuncia sulle spese.
P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6a Sezione Civile, il 27 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2021