Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25661 del 22/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/09/2021, (ud. 27/04/2021, dep. 22/09/2021), n.25661

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16845-2020 proposto da:

I.C., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato CARMELA GRILLO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

e contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE DI FIRENZE, SEZIONE DI PERUGIA;

– intimata –

avverso il decreto n. cronol. 629/2020 del TRIBUNALE di PERUGIA,

depositato il 21/05/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FALABELLA

MASSIMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – E’ impugnato per cassazione il decreto del Tribunale di Perugia del 21 maggio 2020 con cui è stata respinta la domanda di protezione internazionale di I.C., nato in Nigeria.

2. – Il ricorso per cassazione si fonda su due motivi. Il Ministero dell’interno, intimato, non ha svolto difese.

Il Collegio ha autorizzato la redazione della presente ordinanza in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Col primo motivo sono denunciate la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8, 10, 13 e 27 e dell’art. 16 dir. 2013/32/UE. Si deduce che il giudizio sulla credibilità deve essere condotto sulla scorta dell’effettivo contenuto delle dichiarazioni rese dal ricorrente che sono “valutabili mediante l’audizione dello stesso”. Viene inoltre rilevato che il giudice ha l’obbligo di acquisire informazioni attendibili sulla situazione del paese di provenienza del richiedente, da porre in relazione alle dichiarazioni da questo rilasciate alla commissione territoriale e nel corso del giudizio.

Il motivo, che non investe specificamente il tema dell’audizione del richiedente, è inammissibile.

Il Tribunale ha dato ampia motivazione del suo giudizio circa la non credibilità della vicenda narrata dal richiedente e il mezzo di censura si limita a contrapporre a tale giudizio una diversa opinione. Mette conto di ricordare che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340; cfr. pure Cass. 2 luglio 2020, n. 13578).

Parimenti generica è la doglianza vertente sulla mancata spendita, da parte del Tribunale, dei propri poteri officiasi. L’istante non indica, difatti, quali sarebbero le informazioni che il giudice del merito avrebbe dovuto valorizzare, e tanto meno precisa quali siano le fonti da cui esse andavano tratte. E’ da credere che ove il richiedente intenda dedurre, in sede di legittimità, la mancata consultazione, da parte del giudice del merito, di informazioni non aggiornate, invocando, sul punto, la violazione di legge, debba egli non solo indicare quali notizie avrebbero dovuto essere prese in considerazione, facendo menzione delle relative fonti, ma precisare, con la specificità richiesta dall’art. 366 c.p.c., n. 4, gli elementi di fatto che attribuiscano decisività al vizio lamentato; non appare in proposito privo di rilievo che, se pure con riferimento ad altro genere di controversia, questa Corte abbia sottolineato che la censura circa il mancato esercizio dei poteri istruttori di ufficio nel giudizio di merito implica la necessità di indicare, nel ricorso per cassazione, l’esistenza di fatti o mezzi di prova, idonei a sorreggere le sue ragioni con carattere di decisività, rispetto ai quali avrebbe potuto e dovuto esplicarsi l’officiosa attività di integrazione istruttoria demandata al giudice di merito (cfr., con riferimento ai giudizi in materia di lavoro, Cass. 10 settembre 2019, n. 22628; cfr. pure, nella materia della protezione internazionale, e segnatamente sul tema dell’aggiornamento delle fonti, quanto ritenuto da Cass. 21 ottobre 2019, n. 26728; sempre in tema di protezione internazionale, con riferimento all’accertamento della violenza indiscriminata in presenza di conflitto armato, cfr. infine Cass. 9 ottobre 2020, n. 21932 e Cass. 20 ottobre 2020, n. 22769).

2. – Il secondo mezzo oppone la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14. Secondo l’istante il Tribunale avrebbe mancato di rilevare che la minaccia di danno grave rilevante ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria può provenire, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, lett. c), anche da soggetti non statuali, se lo Stato, i partiti o le organizzazioni che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio, comprese le organizzazioni internazionali, non possono o non vogliono fornire protezione.

Il motivo è inammissibile.

Il giudice del merito non ha sconfessato il precetto normativo sopra richiamato, ma ha reputato assorbente il rilievo per cui le dichiarazioni del richiedente non potevano dirsi veritiere in base ai parametri di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5. In tal senso, la censura si mostra priva di aderenza al percorso argomentativo seguito dal decreto del Tribunale, mentre chi ricorre per cassazione deve, con esso, contestare specificamente la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia impugnata (Cass. 10 agosto 2017, n. 19989).

3. – Il ricorso è in conclusione inammissibile.

4. – Non è luogo a pronuncia sulle spese.

P.Q.M.

La Corte

dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6a Sezione Civile, il 27 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2021

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