Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25661 del 11/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 11/10/2019, (ud. 05/04/2019, dep. 11/10/2019), n.25661

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Aldo – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11829-2018 R.G. proposto da:

COMUNE DI VINCI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo STUDIO

LEGALE GREZ, rappresentato e difeso dall’avvocato FAUSTO FALORNI;

– ricorrente –

contro

S.M., B.G., M.G., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 30, presso lo studio

dell’avvocato GIAMMARIA CAMICI, rappresentati e difesi dall’avvocato

DANIELA BRESCHI;

– resistenti –

contro

L.L., O.B.M., BE.NI., BE.MI.,

C.U.;

– intimati –

per regolamento di competenza avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di

FIRENZE del 15/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 05/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CHIARA

BUSSO MARCHEIS;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. LUCIO CAPASSO, che conclude

chiedendo accogliersi il primo motivo di ricorso, assorbiti i

restanti dichiarando la competenza del Tribunale Ordinario di

Firenze dinanzi al quale dovrà proseguire il giudizio, con le

consequenziali statuizioni.

Fatto

RITENUTO

che:

1. Con citazione del 15 dicembre 2015 il Comune di Vinci conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Firenze B.G., M.G. e S.M., al fine di ottenere il riconoscimento dei diritti di utilizzazione da parte della collettività di un impianto idrico, realizzato nel 1891 dal Comune, e dei percorsi per accedervi, deducendo che l’impianto non era più utilizzabile dal 2012 a seguito di azioni intraprese dai convenuti sui terreni di loro proprietà, azioni che impedivano l’utilizzazione dell’acqua e la manutenzione dell’impianto. Il Comune chiedeva pertanto al Tribunale di:

– accertare che aveva realizzato a proprie cura e spese tutti i manufatti che compongono l’impianto idrico;

– accertare che aveva acquistato per usucapione la proprietà delle porzioni di terreno su cui insistono tutti i manufatti che compongono l’impianto idrico;

– accertare che aveva acquistato il diritto di utilizzare in via esclusiva l’acqua che proviene dalla sorgente, scavata nella roccia;

– in ipotesi, accertare la servitù di uso pubblico;

– accertare e dichiarare in ogni caso la servitù pubblica di transito;

– ordinare ai convenuti B., M. e S. di ripristinare il flusso d’acqua, di rimuovere la catena impeditiva dell’accesso ai luoghi, il cartello di divieto di accesso, di porre fine a ogni iniziativa di ostacolo all’utilizzazione da parte dei cittadini del Comune dell’impianto idrico e dell’acqua sorgiva e di astenersi per il futuro da iniziative del genere.

La citazione veniva altresì notificata a Ci.Ma. e Ci.St. (nei cui confronti il Comune poi rinunciava agli atti del giudizio), nonchè a Be.Vi., C.U., e L.L., proprietari di terreni parimenti interessati dal percorso utilizzato dalla collettività per accedere all’impianto.

Costituitisi in giudizio, B.G., M.G. e S.M. venivano autorizzati alla chiamata in causa di O.B.M., venditrice del compendio immobiliare da loro acquistato. A fronte del decesso di Be.Vi., il processo veniva interrotto e quindi riassunto dal Comune in data 2 marzo 2017.

Al termine dell’udienza fissata per l’ammissione dei mezzi di prova, il giudice si riservava di decidere e, con successiva ordinanza, fissava “udienza di discussione in ordine alla questione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore di quello del tribunale regionale delle acque pubbliche”.

Al termine dell’udienza il giudice si riservava di decidere e, con successiva ordinanza del 15 marzo 2018, “rilevata la questione di demanialità delle acque di cui è causa (..), ritenuto che tale questione, in quanto pregiudiziale alla decisione della causa e, in particolare, in ordine all’ammissibilità delle domande attoree, debba essere devoluta alla decisione dell’organo specializzato in materia di demanio idrico, rappresentato dal Tribunale regionale delle acque pubbliche (..) rimette la questione (..), dispone la sospensione del presente procedimento”.

2. Contro l’ordinanza ricorre per cassazione, con regolamento di competenza, il Comune di Vinci.

B.G., M.G. e S.M. hanno depositato memoria ex art. 47 c.p.c., u.c..

C.U., L.L., O.B.M., Be.Ni. e Be.Mi., in qualità di eredi di Be.Vi., non hanno proposto difese.

Il ricorrente ha depositato memoria in prossimità della camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 – ter c.p.c., comma 2.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

I. Il ricorso è articolato in tre motivi.

I primi due sono tra loro strettamente connessi ed è opportuna la loro trattazione congiunta:

a) Il primo motivo lamenta violazione dell’art. 38 c.p.c. e dell’art. 295 c.p.c.: sostiene il ricorrente che il Tribunale non avrebbe potuto rilevare la propria incompetenza per materia, non essendo stata formulata alcuna eccezione di incompetenza nella comparsa di risposta degli originari convenuti (avendo questi unicamente fatto riferimento alla natura demaniale dell’acqua quale argomentazione difensiva in merito alla pretesa infondatezza delle domande) ed essendo l’ordinanza comunque intervenuta quando si era già tenuta l’udienza ex art. 183 c.p.c..

b) Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 38 c.p.c. e dell’art. 295 c.p.c., sotto altro profilo, nonchè dell’art. 17, dell’art. 20, u.c., del R.D. n. 1285 del 1920, art. 43, comma 1; del R.D. n. 1775 del 1933, art. 9, comma 5, art. 19, comma 2, artt. 93 e 94, art. 103, u.c.; D.P.G.R. Toscana 16 agosto 2016, n. 61/R, art. 3, comma 1, lett a), art. 15, comma 1, lett. a), artt. 20, 55, all. A, all. D, sia perchè le domande proposte dal Comune non pongono, neppure implicitamente, alcuna questione in merito alla demanialità delle acque, sia perchè se anche, in ipotesi, una tale questione fosse oggetto della domanda attorea, essa non sarebbe pregiudiziale nè per la decisione della causa, nè per l’ammissibilità della domanda stessa.

I motivi sono fondati. Come ha sottolineato il Sostituto Procuratore Generale, le controversie relative all’esistenza o meno di un diritto di proprietà pubblica delle acque, sia per l’intrinseco contenuto della domanda attorea che per l’eccezione del convenuto, rientrano nella competenza del Tribunale regionale delle acque pubbliche. Tra quest’ultimo e il giudice ordinario non si pone infatti questione di riparto della giurisdizione: secondo il costante indirizzo delle sezioni unite di questa Corte (cfr. Cass. 3815/1974 e, da ultimo Cass. 145/2013), i tribunali regionali delle acque pubbliche non sono giudici speciali, bensì organi specializzati della giurisdizione ordinaria, così che attiene alla competenza e non alla giurisdizione la questione se di una determinata controversia debba conoscere il giudice ordinario non specializzato o il tribunale regionale delle acque.

Trattandosi di questione che attiene alla competenza – e non di questione pregiudiziale comportante la sospensione necessaria del processo (come invece sembra adombrare l’ordinanza impugnata) – essa andava tempestivamente e validamente formulata dalla parte interessata ovvero tempestivamente rilevata dal giudice, così come prescritto dall’art. 38 c.p.c., commi 1 e 3.

Nel caso in esame non si è avuta la proposizione dell’eccezione nella comparsa di risposta, essendosi limitati i convenuti B., M. e S., all’atto della loro costituzione in giudizio, a chiedere al giudice di rigettare perchè infondate le avverse pretese facendo riferimento a tal fine anche al carattere demaniale delle acque in questione (circa la necessità che l’eccezione di incompetenza, proprio perchè volta sottrarre la cognizione della controversia al giudice adito, sia sollevata in modo esplicito cfr. Cass. 14224/2017). Neppure si è avuto il tempestivo rilievo da parte del giudice: la questione, in verità indicata come “di giurisdizione” è stata prospettata in sede di ordinanza, resa a scioglimento della riserva assunta sulle richieste istruttorie delle parti, quando invece l’art. 38 c.p.c., comma 3, dispone che l’incompetenza sia rilevata d’ufficio “non oltre l’udienza di cui all’art. 183”. Tale udienza nel processo ordinario si identifica con l’udienza di trattazione della causa, così che, pur volendosi attribuire al concetto di udienza un carattere identificativo contenutistico, piuttosto che meramente temporale (tale, dunque, da prescindere dal numero di udienze in cui si sia in concreto svolta la fase processuale), è comunque tardivo il rilievo ove il giudice – come nel caso in esame abbia già posto in essere attività che logicamente presuppongano l’affermazione della propria competenza (in tal senso cfr. Cass. 5609/2012; si veda Cass. 10596/2012, che ha escluso che “detto potere di rilevazione possa esercitarsi dal giudice con l’ordinanza di cui al comma 7 dell’art. 183, emanata fuori udienza all’esito delle memorie di trattazione scritte).

L’accoglimento dei primi due motivi comporta l’assorbimento del terzo, che lamenta violazione dell’art. 38 c.p.c. e dell’art. 295 c.p.c., per ulteriore profilo, e del R.D. n. 1775 del 1933, artt. 140 e 144, poichè, in ogni caso, le domande proposte del Comune rientrerebbero nella competenza del Tribunale ordinario di Firenze, in considerazione dei principi enunciati in materia dalla giurisprudenza di legittimità.

II. L’ordinanza impugnata va pertanto cassata e va tenuta ferma la competenza per materia del Tribunale ordinario di Firenze dinanzi al quale proseguirà il giudizio, a seguito di riassunzione che dovrà avvenire entro 60 giorni dalla comunicazione della presenta ordinanza; il Tribunale provvederà anche in relazione alle spese di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo; cassa il provvedimento impugnato e rimette la causa al Tribunale di Firenze innanzi al quale proseguirà il giudizio, assegnando alle parti 60 giorni dalla comunicazione della presente ordinanza per la riassunzione; il Tribunale provvederà anche in relazione alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta/2 sezione civile, il 5 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2019

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