Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25660 del 22/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/09/2021, (ud. 27/04/2021, dep. 22/09/2021), n.25660

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16840-2020 proposto da:

O.O., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MASSIMILIANO ORRU’;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis.

– resistente –

avverso il decreto n. cronol. 31994/2020 del TRIBUNALE di BOLOGNA,

depositato il 14/05/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FALABELLA

MASSIMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – E’ impugnato per cassazione il decreto del Tribunale di Bologna del 14 maggio 2020. Con quest’ultima pronuncia è stata respinta la domanda di protezione internazionale di O.O., cittadino nigeriano.

2. – Il ricorso per cassazione si fonda su di un solo motivo. Il Ministero dell’interno, intimato, non ha notificato controricorso, ma ha depositato un “atto di costituzione” in cui non è svolta alcuna difesa.

Il Collegio ha autorizzato la redazione del provvedimento in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorrente lamenta la violazione e mancata applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per aver il Tribunale ritenuto sussistenti le condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria. Viene lamentato che la richiamata forma di protezione sia stata negata senza procedere ad un’autonoma verifica delle condizioni che la giustificassero. E’ ricordato, in proposito, che la situazione generale della sicurezza in Nigeria suscita grave preoccupazione e che sono segnalati nel paese episodi di violenza tra le varie comunità etniche; il ricorrente rammenta di essere stato costretto a lasciare la propria famiglia, i figli e la compagna per fuggire da un grave pericolo in patria e sottolinea il percorso di integrazione che ha intrapreso in Italia.

2. – Il motivo è inammissibile, e così il ricorso.

Il Tribunale ha osservato che ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria è necessario il riscontro di una condizione di vulnerabilità effettiva, o comunque di violazioni sistematiche e gravi dei diritti umani attuate nel paese di origine, e direttamente riferibili alle condizioni e alla vicenda personale del richiedente. Ha aggiunto che la misura di protezione non era concedibile, anche in considerazione dell’inattendibilità della narrazione dell’istante. 11 Tribunale ha aggiunto che lo stesso ricorrente non aveva riferito di avere problemi di salute e che non era emerso, in concreto, nemmeno il rischio, in caso di rimpatrio, di una sua lesione di diritti fondamentali, quale quello all’alimentazione. Ha infine evidenziato che il percorso di integrazione intrapreso da Osaze O. era consistito nello svolgimento di attività lavorative stagionali e che non risultava che lo stesso avesse instaurato legami personali nel nostro paese, tali da essere “attinti da un provvedimento di rigetto”.

Il ricorso mostra di non misurarsi con tale complessa ratio decidendi, che si fonda sulla corretta applicazione di principi di diritto enunciati da questa Corte.

Va ricordato, in primo luogo, che la situazione di vulnerabilità del richiedente deve necessariamente correlarsi alla vicenda personale dello stesso, perché altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, quanto piuttosto quella del suo paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti in contrasto col parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, (Cass. Sez. U. 13 novembre 2019, n. 29459 e Cass. 23 febbraio 2018, n. 4455, in motivazione; Cass. 2 aprile 2019, n. 9304). Giustamente, pertanto, il giudice del merito ha escluso potesse attribuirsi peso a dati riferibili al solo contesto nazionale di provenienza.

E’ da rimarcare, poi, che in tema di protezione internazionale, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, le lacune probatorie del racconto del richiedente asilo non comportano necessariamente inottemperanza al regime dell’onere della prova, potendo essere superate dalla valutazione che il giudice del merito è tenuto a compiere delle circostanze indicate alle lettere da a) ad e) della citata norma (Cass. 29 gennaio 2019, n. 2458; Cass. 10 luglio 2014, n. 15782, e in precedenza Cass. 18 febbraio 2011, n. 4138, per la quale ove il richiedente non abbia fornito prova di alcuni elementi rilevanti ai fini della decisione, le allegazioni dei fatti non suffragati da prova devono essere ritenuti comunque veritieri se ricorrano le richiamate condizioni; nel senso che i criteri posti dal citato D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, trovano applicazione anche in tema di protezione umanitaria: Cass. 24 settembre 2012, n. 16221). Nel caso in esame, il giudice del merito ha però motivatamente escluso che le dichiarazioni del richiedente potessero ritenersi coerenti e, sul punto, non è stata nemmeno formulata censura.

Il ricorrente non può del resto invocare il proprio percorso di integrazione in quanto, a prescindere da ogni ulteriore considerazione al riguardo, il Tribunale, sulla base di una valutazione che sfugge al sindacato di legittimità, lo ha ritenuto non significativo.

3. – Non vi sono spese da liquidare in favore della parte vittoriosa.

P.Q.M.

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6a Sezione Civile, il 27 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2021

 

 

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