Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25656 del 15/11/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 25656 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

equa riparazione

SENTENZA
sentenza con motivazione
semplificata

sul ricorso proposto da:

ALVARO Antonio (LVR NTN 56C29 I753B), rappresentato e
difeso, per procura speciale in calce al ricorso,
dall’Avvocato Fiorella Megale, elettivamente domiciliata in
Roma, via Po n. 25/b, presso lo studio dell’Avvocato
Antonio Zumbo (Studio legale Pessi);
– ricorrente contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del
Ministro

pro tempore,

rappresentato e difeso

dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici
in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;
– controrícorrente –

Data pubblicazione: 15/11/2013

avverso il decreto della Corte d’appello di Catanzaro
depositato il 20 gennaio 2012.
Udita

la relazione della causa svolta nella camera di

consiglio del 4 ottobre 2013 dal Consigliere relatore Dott.

sentito

il P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. Ignazio Patrone, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.
Ritenuto

che, con ricorso depositato il 12 luglio 2011

presso la Corte d’appello di Catanzaro, Alvaro Antonio ha
chiesto la condanna del Ministero dell’economia e delle
finanze al pagamento dell’indennizzo per la irragionevole
durata di un giudizio amministrativo da lui instaurato
dinnanzi al

TAR

per la Calabria (Sezione di Reggio

Calabria), con ricorso depositato il 9 marzo 2000 e
definito con sentenza depositata in data 23 marzo 2011;
che l’adita Corte d’appello, accertata l’ammissibilità
della domanda, riteneva che il giudizio presupposto avesse
superato la durata ragionevole di otto anni, e, tenuto
conto della esiguità della posta in gioco, liquidava in
favore della ricorrente l’indennizzo di 1.300,00 euro,
ritenendo congruo il criterio di computo ragguagliato a
100,00 euro per ciascuno dei primi tre anni di ritardo e di
euro 200,00 per ciascuno dei successivi cinque anni, e
compensava per metà le spese di lite;

Stefano Petitti;

che per la cassazione di questo decreto Alvaro Antonio
ha proposto ricorso sulla base di due motivi, cui ha
resistito, con controricorso, l’amministrazione intimata.
Considerato

che il collegio ha deliberato l’adozione

sentenza;
che con il primo motivo di ricorso, il ricorrente
denuncia vizio di motivazione con riferimento alla
liquidazione contenuta dalla Corte d’appello in euro 200,00
per anno di ritardo, immotivatamente discostandosi dagli
ordinari criteri di liquidazione del danno non patrimoniale
da irragionevole durata del processo;
che con il secondo motivo la ricorrente deduce
violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della legge n.
89 del 2001 e dell’art. 111, secondo comma, Cost., nonché
degli artt. 2056 e 1226 cod. civ., dolendosi ancora una
volta della esiguità dell’indennizzo riconosciutole;
che il ricorso, i cui due motivi possono essere
esaminati congiuntamente per evidenti ragioni di
connessione, è fondato per quanto di ragione;
che infatti, se è vero che il giudice nazionale deve,
in linea di principio, uniformarsi ai criteri di
liquidazione elaborati dalla Corte Europea dei diritti
dell’uomo (secondo cui, data l’esigenza di garantire che la
liquidazione sia satisfattiva di un danno e non

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della motivazione semplificata nella redazione della

indebitamente lucrativa, la quantificazione del danno non
patrimoniale dev’essere, di regola, non inferiore a euro
750,00 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre
anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a

capo allo stesso giudice, il potere di discostarsene, in
misura ragionevole, qualora, avuto riguardo alle
peculiarità della singola fattispecie, ravvisi elementi
concreti di positiva smentita di detti criteri, dei quali
deve dar conto in motivazione (Cass. 18617 del 2010; Cass.
17922 del 2010);
che, nella specie, la Corte d’appello ha motivato lo
scostamento dagli ordinari i criteri di determinazione
dell’indennizzo facendo riferimento alla esiguità della
posta in gioco;
che tuttavia lo scostamento operato dalla Corte
territoriale appare non ragionevole, essendo la stessa
pervenuta al riconoscimento di un indennizzo meramente
simbolico;
che in proposito, occorre rilevare che, con riferimento
ai giudizi amministrativi di durata irragionevole, questa
Corte, in applicazione dei criteri elaborati dalla Corte
europea dei diritti dell’uomo (decisioni Volta et autres c.
Italia, del 16 marzo 2010 e Falco et autres c. Italia,

del

6 aprile 2010; Cass., 18 giugno 2010, n. 14753; Cass., 10

euro 1.000,00 per quelli successivi), permane tuttavia, in

febbraio 2011, n. 3271; Cass., 13 aprile 2012, n. 5914), è
solita liquidare un indennizzo che corrisponde a circa
500,00 euro per anno di irragionevole durata;
che quanto alla censura concernente la mancata

euro in ragione della natura della controversia, la stessa
è inammissibile, atteso che, nelle conclusioni formulate in
ricorso anche nella prospettiva di una decisione di merito,
a tale bonus non è fatto alcun riferimento;
che in ogni caso, questa Corte ha precisato che
«l’attribuzione di una somma ulteriore (cosiddetto

bonus)

postula che nel caso concreto quel pregiudizio, a causa di
particolari circostanze specifiche, sia stato maggiore;
conseguentemente, nel caso in cui il giudice di merito
abbia negato il riconoscimento di tale pregiudizio, la
critica della decisione sul punto non può fondarsi sulla
circostanza che il bonus spetta ratione materiae, era stato
richiesto e la decisione negativa non è stata motivata, ma
deve avere riguardo alle concrete allegazioni ed alle prove
addotte nel giudizio di merito» (Cass. n. 22869 del 2009);
che neanche da questo punto di vista la censura si
appalesa ammissibile, stante l’assoluta sua genericità;
che il ricorso deve quindi essere accolto per il
profilo indicato, con conseguente cassazione del decreto
impugnato;

pronuncia in ordine alla richiesta del bonus di 2.000,00

che

non essendo

tuttavia necessari

ulteriori

accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel
merito ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ.;
che, invero, avuto riguardo alla accertata violazione

anni e alla natura del giudizio presupposto, al ricorrente
va riconosciuto un indennizzo per gli otto anni di ritardo
pari ad euro 4.000,00, determinato sulla base dell’indicato
parametro di 500,00 euro per anno di ritardo;
che il Ministero dell’economia e delle finanze va
dunque condannato al pagamento, in favore del ricorrente,
della somma di euro 4.000,00, oltre agli interessi legali
dalla data della domanda al saldo;
che il Ministero deve essere altresì condannato al
pagamento delle spese dell’intero giudizio, che si
liquidano in dispositivo, avuto riguardo alla operata
rideterminazione dell’importo dovuto al ricorrente;
che le spese, come liquidate, devono essere distratte
in favore del difensore del ricorrente, Avvocato Fiorella
Megale, per dichiarato anticipo.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione;
cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito,
condanna il Ministero dell’economia e delle finanze al
pagamenti, in favore di Alvaro Antonio, della somma di euro

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della ragionevole durata del giudizio presupposto per otto

4.000,00, oltre agli interessi legali dalla data della
domanda al saldo; condanna altresì il Ministero al
pagamento delle spese dell’intero giudizio, che liquida,
quanto al grado di merito, in euro 873,00, di cui euro

per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori di
legge, e, quanto al giudizio di legittimità, in euro 292,50
per compensi, oltre ad euro 100,00 per esborsi e agli
accessori di

legge.

Dispone la distrazione delle spese,

come liquidate, in favore del difensore del ricorrente,
Avvocato Fiorella Megale, per dichiarato anticipo.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Sesta Sezione Civile – 2 della Corte suprema di Cassazione,
il 4 ottobre 2013.

50,00 per esborsi, euro 445,00 per diritti ed euro 378,00

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