Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25655 del 14/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 14/12/2016, (ud. 09/11/2016, dep.14/12/2016),  n. 25655

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13976-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

D.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 261/2/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del MOLISE, depositata il 20/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA CRUCITTI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Nella controversia concernente l’impugnazione da parte di D.C., medico convenzionato, del silenzio rifiuto opposto ad istanze di rimborso dell’IRAP versate dal 2003 al 2007, la C.T.R. del Molise, con la sentenza indicata in epigrafe, confermava integralmente la decisione di primo grado di accoglimento del ricorso, ribadendo che, nella specie, l’attività professionale non fosse dotata di autonoma organizzazione, non essendo all’uopo rilevante la disponibilità di un dipendente con funzioni esecutive nè le spese sostenute per l’opera di un commercialista ed i compensi corrisposti per sostituzioni.

Avverso la sentenza ricorre, su due motivi, l’Agenzia delle Entrate.

Il contribuente non resiste.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c. è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituali comunicazioni.

Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1 – Il primo motivò con il quale si eccepisce, per la prima volta, la decadenza del contribuente al diritto al rimborso per i versamenti effettuati nei mesi di luglio, agosto e settembre 2004, è inammissibile.

1.1. In materia è, infatti, consolidato il principio per cui “la decadenza del contribuente dal diritto al rimborso per non aver presentato la relativa istanza entro il termine di diciotto mesi, di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, dal versamento dell’imposta (nella specie IRAP) indebitamente corrisposta, ancorchè rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, non può essere eccepita per la prima volta in Cassazione, qualora dalla sentenza impugnata non risultino nè la data del versamento dell’imposta nè la data dell’inoltro dell’istanza per il relativo rimborso, non essendo consentita, in sede di legittimità, la proposizione di nuove questioni di diritto, anche se rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, quando esse presuppongano o comunque richiedano nuovi accertamenti o apprezzamenti di fatto – come l’esame di documenti – preclusi alla corte di Cassazione, salvo che nelle particolari ipotesi di cui all’art. 372 c.p.c., nè essendo possibile ipotizzare un “error in procedendo” del giudice di merito – consistente nel mancato esame del documento – poichè la stessa rilevabilità d’ufficio della decadenza va coordinata con il principio della domanda, il quale non può essere fondato, per la prima volta in cassazione, su un fatto mai dedotto in precedenza, implicante un diverso tema di indagine e di decisione (v. Cass. n. 4491/2012; 4897/2013). E, nella specie, manca nella sentenza impugnata la data di versamento dell’imposta della quale era stato chiesto il rimborso.

2. Il secondo motivo, con il quale si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 è manifestamente infondato.

Il contrasto giurisprudenziale formatosi sulla res controversa è stato, di recente, composto dalle Sezioni Unite di questa Corte le quali, con la sentenza n. 9451/16, hanno statuito, con riguardo al presupposto dell’IRAP, il seguente principio di diritto: il requisito dell’autonoma organizzazione – previSto dal D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 416, art. 2, il cui accertamento è rimesso al giudice di medito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il resposabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse, b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive.

2.1. Alla luce di tale principio, la sentenza impugnata è immune da censure.

3. Ne consegue il rigetto del ricorso senza pronuncia sulle spese non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2016

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