Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25654 del 15/10/2018

Cassazione civile sez. trib., 15/10/2018, (ud. 19/06/2018, dep. 15/10/2018), n.25654

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. PERRINO A.M. – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M. Giulia – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al numero 21469 del ruolo generale dell’anno

2011, proposto da:

SIPRA – Società italiana pubblicità per azioni, in persona di

procuratori speciali del legale rappresentante pro tempore,

rappresentato e difeso, giusta procura speciale a margine del

ricorso, dagli avvocati Mario Miscali e Sandro Lattanzi,

elettivamente domiciliatosi presso lo studio del secondo in Roma,

alla via Sicilia, n. 66;

– ricorrente e controricorrente al ricorso incidentale –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si

domicilia;

– controricorrente e ricorrente in via incidentale –

e nei confronti di:

Agenzia delle entrate, ufficio di Torino (OMISSIS), in persona del

direttore pro tempore;

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Piemonte, depositata in data 21 giugno 2010, n.

43/31/10;

udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data

19 giugno 2018 dal consigliere Angelina-Maria Perrino;

udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore

generale Sorrentino Federico, che ha concluso per l’accoglimento per

quanto di ragione del ricorso principale e per il rigetto di quello

incidentale;

sentiti per la ricorrente gli avvocati Sandro Lattanzi e Mario

Miscali e per l’Agenzia l’avvocato dello Stato Bruno Dettori.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Si legge nella sentenza impugnata che all’epoca dei fatti SIPRA era, in virtù di una convenzione, la concessionaria esclusiva della pubblicità radiofonica e televisiva della RAI, la quale ne deteneva l’intero capitale sociale. In particolare, la convenzione prevedeva la facoltà di SIPRA di procedere alla vendita di spazi pubblicitari ricevendone come corrispettivi cc.dd. cambi merce, fino alla percentuale pari all’1/0 dell’obiettivo pubblicitario stabilito.

L’Agenzia delle entrate ha qualificato come permutative queste operazioni, sicché ha ritenuto che la SIPRA avrebbe dovuto fatturare ai clienti committenti le prestazioni pubblicitarie eseguite, e che i clienti committenti avrebbero dovuto fatturare alla SIPRA le operazioni di cambio merce. Le successive operazioni concernenti i beni e i servizi ricevuti in cambio ed effettuate da SIPRA nei confronti dei propri dipendenti o di terzi, di norma dipendenti della Rai, secondo l’Ufficio erano imponibili ai fini dell’iva e generavano correlativi ricavi di esercizio.

L’Agenzia contestò l’omessa fatturazione di operazioni imponibili concernenti le cessioni ai dipendenti dei beni o dei servizi ricevuti in permuta, la tardiva emissione delle fatture relative alle operazioni permutative con le società clienti, l’omessa regolarizzazione delle fatture dovuta all’omessa fatturazione delle operazioni eseguite dai fornitori e l’omessa dichiarazione di elementi positivi di reddito e del valore della produzione netta concernenti l’ammontare dei ricavi non contabilizzati per effetto della rivendita ai propri dipendenti della merce ricevuta in permuta, in particolare dalla Conbipel. A tanto l’Ufficio aggiunse il rilievo concernente l’illegittimità della detrazione dell’iva concernente le fatture passive ricevute dalla RAI per le prestazioni pubblicitarie eseguite tramite RAI INTERNATIONAL, che l’Agenzia ritenne indebitamente assoggettate a imposta, pur in mancanza del requisito della territorialità.

Infine l’Agenzia recuperò l’iva che aveva assunto indebitamente detratta, perché relativa a beni, ossia autoveicoli e telefoni cellulari, per i quali il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19-bis1, prevedeva limiti alla detrazione. Ne seguì anche l’irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria unica per le violazioni d’infedele presentazione della dichiarazione annuale per l’omessa dichiarazione di elementi positivi di reddito e l’omessa dichiarazione di elementi positivi del valore della produzione netta.

La società impugnò il relativo avviso di accertamento, ma il giudice di primo grado respinse il ricorso, mentre quello d’appello ha parzialmente accolto l’impugnazione che la contribuente ha successivamente proposto, esclusi i rilievi concernenti l’irpeg in relazione al mancato inserimento in conto economico dei ricavi derivanti dalle vendite ai dipendenti, l’indebita detrazione dell’iva concernente le operazioni aventi a oggetto i telefoni cellulari e la somministrazione di beni e di servizi e la detrazione dell’iva concernente le prestazioni rese dalla RAI.

In particolare, il giudice d’appello ha considerato che:

– quanto ai corrispettivi delle prestazioni pubblicitarie, il momento impositivo delle operazioni s’identifica con la scelta del bene o con l’individuazione del pacchetto turistico; scelta e individuazione che nel caso in esame secondo il giudice d’appello non erano state identificate in concreto;

– quanto alle successive operazioni concernenti le merci o i servizi ricevuti dalla SIPRA, fino al momento della scelta la contribuente non poteva cedere alcun credito e anche in questo caso è mancata l’attività di accertamento dell’ufficio;

– con particolare riguardo ai rapporti SIPRA-Conbipel, invece, la SIPRA avrebbe dovuto regolarizzare gli acquisti della merce non fatturata da Conbipel, perché, allorquando i dipendenti SIPRA e RAI procedevano alla scelta delle merci, Conbipel non incassava alcun corrispettivo, giacché era SIPRA a trattenere i relativi importi dalle buste paga dei dipendenti;

– in relazione, tuttavia, ai corrispettivi certamente incassati da SIPRA dai propri dipendenti tramite le ritenute in busta paga, il mancato inserimento in conto economico dei relativi ricavi ha determinato il mancato computo di essi ai fini delle imposte dirette;

– quanto all’affermata indetraibilità dell’iva relativa alle prestazioni pubblicitarie, eseguite sui canali di RAI INTERNATIONAL e fatturate da Rai a Sipra, il giudice d’appello ha fatto leva sul fatto che le prestazioni in questione erano eseguite, e quindi utilizzate, al di fuori del territorio comunitario, sicché risultavano non imponibili, in base al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 7, comma 4, lett. d).

Infine, la Commissione ha escluso l’inerenza all’attività d’impresa degli acquisti dei telefoni cellulari e delle somministrazioni di bevande e di alimenti, mentre ha disapplicato il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19-bis1, là dove prevede l’indetraibilità dell’iva concernente l’acquisto degli autoveicoli, in base alle indicazioni desumibili dalla sentenza della Corte di giustizia in causa C-228/05, Stradasfalti. Ha poi aggiunto, quanto all’iva sulla somministrazione di bevande e alimenti, che è rimasta sfornita di prova l’affermazione della società non di somministrazione, ma di fornitura si trattasse. Ha infine ritenuto che il parziale accoglimento dell’appello comportasse il venir meno della sanzione amministrativa unica inflitta.

Contro questa sentenza propone ricorso la società per ottenerne la cassazione, che affida a quattordici motivi, di cui l’ultimo articolato in due subcensure, che illustra con memoria, cui l’Agenzia replica con controricorso e ricorso incidentale, articolato in nove motivi, cui ribatte con controricorso la contribuente.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Il tema concernente il trattamento impositivo delle prestazioni pubblicitarie svolte da SIPRA si articola in due sottotemi.

Il primo riguarda un fascio di tre operazioni:

a.- quelle intercorse tra SIPRA e i suoi clienti committenti le prestazioni;

b.- quelle di c.d. cambio merce rese a SIPRA dai clienti;

c.- le successive vendite delle merci così ottenute da SIPRA ai propri dipendenti oppure ai dipendenti della RAI.

Vanno quindi esaminati congiuntamente i primi cinque motivi del ricorso incidentale e i primi quattro di quello principale, con i quali si aggrediscono le statuizioni della sentenza impugnata concernenti il rapporto sub a. (primo motivo del ricorso incidentale), quello sub b. (secondo e terzo motivo del ricorso incidentale) e quello sub c. (quarto e quinto motivo del ricorso incidentale, quanto all’iva, e primo, secondo, terzo e quarto motivo del ricorso principale quanto al reddito d’impresa e all’irap).

1.1.- Anzitutto, diversamente da quanto argomentato dalla società in controricorso, il ricorso incidentale dell’Agenzia è pienamente ammissibile, perché censura adeguatamente la sentenza impugnata, facendo derivare dalla ricostruzione in diritto alternativamente proposta conseguenze di segno opposto a quelle scaturenti dalla decisione della Commissione tributaria regionale.

2.- La Commissione tributaria regionale ha osservato che “il contratto intervenuto tra SIPRA e il cliente prevedeva sin dal principio che il corrispettivo della pubblicità per una quota parte fosse sostituito dalla corresponsione di beni o servizi, salvo il diritto di Sipra di percepire comunque il corrispettivo in denaro ove non si fosse fatto luogo a tale tipo di prestazione”.

Il giudice d’appello ha escluso che a queste pattuizioni si possano adattare lo schema della permuta o quello della datio in solutum, perché ha ritenuto applicabile l’ampio modello delle operazioni permutative regolate ai fini dell’iva dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 11; inoltre, ha stabilito che il momento impositivo delle operazioni oggetto dei rapporti sub a. e sub b. coincida e che si debba identificare col momento in cui il bene fosse stato scelto tra quelli messi a disposizione dai clienti.

Sicché, ha concluso, nel caso di cessione di merci, il momento impositivo coincideva con la consegna dei beni, logicamente anteriore all’individuazione di essi; parimenti, “l’obbligo di fatturazione non poteva sorgere, nel caso di preventiva erogazione del servizio da parte del cliente della pubblicità, prima che il pacchetto turistico fosse stato concretamente individuato, essendo questi altrimenti tenuto in virtù degli accordi contrattuali raggiunti al pagamento del prezzo della prestazione pubblicitaria”.

Ciò perchè soltanto la scelta della merce o del servizio da parte dei dipendenti, in luogo del pagamento del corrispettivo, concretizzerebbe l’obbligazione alternativa posta in capo ai committenti la pubblicità, consentendo alla prestatrice SIPRA di divenirne proprietaria e quindi di poter a propria volta procedere all’ulteriore cessione a terzi. Sicché illegittimo sarebbe l’accertamento compiuto dall’Agenzia, che si è limitata a utilizzare un criterio algebrico, mediante il mero confronto tra le operazioni attive e quelle passive.

In definitiva, in base al ragionamento della Commissione, il momento impositivo ai fini iva delle tre operazioni sarebbe il medesimo, ossia la scelta oppure il pagamento del corrispettivo da parte dei clienti. Ciononostante, il giudice d’appello ha accertato che sia la committente Conbipel, sia SIPRA non hanno fatturato rispettivamente le vendite delle merci cedute in cambio delle prestazioni e le successive rivendite ai clienti, nonché che il rilievo ai fini irpeg “riguarda corrispettivi certamente incassati da Sipra tramite le ritenute effettuate in busta paga”.

2.1.- Secondo l’Agenzia, di contro, l’emissione di fattura per una delle due prestazioni che compongono la complessiva operazione permutativa innesca l’obbligo di fatturazione anche dell’altra, senza che occorra verificare il momento in cui ciascuna sia stata eseguita (primo motivo del ricorso incidentale, col quale si deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 6, 11 e 21 e dell’art. 2697 c.c.); inoltre, aggiunge, dal momento della consegna della merce si deve considerare eseguita una delle due prestazioni (terzo motivo del ricorso incidentale, col quale si deduce la violazione e falsa applicazione delle medesime norme). Ancora, prosegue, le rivendite della merce o la cessione dei servizi da parte di SIPRA ai propri dipendenti o a quelli della RAI sono autonome vicende negoziali, che si sono tradotte, sul piano fiscale, nell’omessa fatturazione delle operazioni, che in questo modo non hanno scontato l’iva (quarto motivo del ricorso incidentale, col quale si deduce ancora la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 6,11 e 21 laddove col secondo e col quinto del ricorso incidentale si affrontano le medesime questioni rispettivamente sotto l’aspetto dell’insufficienza della motivazione e quello dell’ultrapetizione in ordine all’individuazione del momento impositivo).

2.2.- A tanto la contribuente aggiunge, in relazione alle imposte dirette e all’irap, che le cessioni eseguite da SIPRA in favore dei propri dipendenti avrebbero avuto come oggetto crediti, che non si prestano a essere trattati fiscalmente come ricavi da indicare in conto economico (primo motivo del ricorso principale, col quale si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1285 c.c., in relazione all’art. 1260 c.c.) ed evidenzia l’insufficienza e contraddittorietà della motivazione in ordine al fatto controverso e decisivo dell’individuazione del momento impositivo, diversamente e contraddittoriamente articolata in relazione all’iva e alle imposte dirette e all’irap (secondo motivo del ricorso principale).

Lamenta inoltre che i proventi delle vendite a terzi compiute da SIPRA non concernano beni alla produzione o allo scambio dei quali era diretta l’attività d’impresa della contribuente (terzo motivo del ricorso principale, col quale si deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 86) e che dovesse essere tassato il reddito netto e non già i proventi lordi conseguiti (quarto motivo del ricorso principale, col quale si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, comma 4, lett. b)).

3.- Diversamente da quanto sostenuto dal giudice d’appello con la sentenza impugnata, al fascio delle tre operazioni evocato in incipit non può essere applicato il medesimo trattamento.

Da un canto vi sono le operazioni intercorse tra la prestatrice SIPRA e le committenti le prestazioni di pubblicità; dall’altro, in rapporto di dipendenza, vi sono le successive operazioni intercorse tra SIPRA e terzi. E i terzi nessuna relazione giuridica hanno con le committenti la pubblicità, che sono controparti di SIPRA e non già degli acquirenti da essa.

Nè le operazioni tra SIPRA e i clienti ne costituiscono un’unica complessa: e ciò “alla luce della reciprocità delle prestazioni tra le… società e della duplice qualità di ciascuna parte nell’ambito del loro rapporto giuridico, in quanto fornitore, da un lato, e beneficiario, dall’altro”, sicché “le due operazioni devono essere distinte” (Corte giust. 13 giugno 2018, causa C-421/17, Polfarmex Spoika Akcyjna w Kutnie).

3.1.- In questo contesto, corretto è l’inquadramento dell’operazione SIPRA/clienti committenti in seno a quelle permutative regolate dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 11.

Questa norma, che reca la rubrica “operazioni permutative e dazioni in pagamento”, stabilisce che “le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in corrispettivo di altre cessioni di beni e prestazioni di servizi, o per estinguere precedenti obbligazioni, sono soggette all’imposta separatamente da quelle in corrispondenza delle quali sono state effettuate”.

3.2.- Le operazioni permutative rilevanti ai fini dell’iva hanno quindi oggetto più ampio rispetto a quello del contratto di permuta disciplinato dall’art. 1552 c.c., in quanto, oltre che agli scambi di cosa con cosa e di diritto con diritto, si estendono agli scambi di beni e servizi e di servizi con altri servizi (Cass. 23 dicembre 2000, n. 16173 e ord. 30 novembre 2017, n. 28723).

E, nel caso in esame, la ricostruzione dei fatti offerta in sentenza, che non è oggetto di contestazione fra le parti, evidenzia che le prestazioni pubblicitarie, ossia i servizi prestati da SIPRA, sono stati fronteggiati, fino a un importo pari all’1/0 dell’obiettivo pubblicitario stabilito, dall’impegno dei committenti clienti a fornire beni e servizi.

3.3.- Il fatto che all’esecuzione di una prestazione di servizi corrisponda l’impegno a eseguire una cessione di beni oppure a eseguire una prestazione di servizi non è d’ostacolo alla configurazione dell’operazione permutativa: è il risultato traslativo, consistente nell’attribuzione dell’utilità derivante dalla futura prestazione di servizi o dalla futura cessione di beni una determinata opera da realizzare, coincidente col bene futuro, a essere assunto come termine di scambio con la prestazione di servizi già eseguita, corrispondente al bene presente (in termini, con riguardo alla permuta, Cass. 22 dicembre 2005, n. 28479 e 25 ottobre 2013, n. 24172).

3.4.- A norma del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 11 le due operazioni che compongono la complessiva operazione permutativa vanno tassate separatamente.

Contrariamente a quanto sostenuto in sentenza, allora, le prestazioni di servizi eseguite da SIPRA sono da ritenere imponibili al momento della loro esecuzione, e non già, come vorrebbe il giudice d’appello, “soltanto al momento dell’individuazione della res o della scelta del pacchetto turistico e della relativa fruizione”.

Le sezioni unite di questa Corte hanno difatti fatto chiarezza (con sentenza 21 aprile 2016, n. 8059; coni., tra varie, ord. 7 dicembre 2017, n. 29371) su concetti centrali dell’iva, distinguendo tra fatto generatore dell’imposta, da cui scaturisce l’obbligazione tributaria, esigibilità, ossia attitudine attuale dell’imposta ad essere pretesa da parte dell’erario e pagamento. Il fatto generatore di norma coincide con l’esigibilità, ma ne rimane ontologicamente distinto, giacché esso in realtà s’identifica col materiale espletamento dell’operazione. E’ quindi questo a determinare l’insorgenza del presupposto impositivo e, quindi, la rilevanza fiscale dell’attività ai fini dell’iva. Se ne legge conferma nella giurisprudenza unionale: “conformemente all’art. 63 di tale direttiva, il fatto generatore dell’imposta si verifica, e l’imposta diviene esigibile, nel momento in cui viene effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi” (Corte giust. 31 maggio 2018, cause C-660 e 661/16, KollroB e Wirti, punto 38).

3.5.- Rispetto al materiale espletamento dell’operazione, sia essa cessione di beni oppure prestazione di servizi, il rilascio della fattura o l’incasso del corrispettivo sono presupposti di esigibilità, il verificarsi dei quali al più può determinare l’anticipazione del momento impositivo, qualora gli Stati membri nell’esercizio della loro discrezionalità l’abbiano previsto, giammai la sua posticipazione.

Questa ricostruzione trova conferma nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26 il quale prevede che l’omessa riscossione del corrispettivo non comporta la caducazione dell’obbligazione tributaria, della quale il presupposto impositivo si sia già verificato e rinviene copertura costituzionale negli artt. 3 e 53 Cost., in particolare nell’esigenza di non trattare differentemente situazioni uguali, in dipendenza di eventi correlati a scelte (quelle concernenti la fatturazione o il pagamento del corrispettivo) casuali e soggettive.

4.- Nel contempo, tuttavia, l’esecuzione della prestazione pubblicitaria, oltre a determinarne l’imponibilità e l’esigibilità, funge altresì da adempimento del corrispettivo previsto per la futura cessione o la futura prestazione di servizi che i clienti committenti si sono impegnati a eseguire.

Ai fini della valutazione di rilevanza di un tale anticipato adempimento, l’art. 10, 2 comma, n. 2, della sesta direttiva (corrispondente all’art. 65 della direttiva n. 2006/112, nonché, nell’ordinamento interno, al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6,comma 4), si discosta dall’ordine cronologico consueto, là dove prevede che, nel caso di versamento di un acconto, l’iva diventa esigibile senza che la cessione o la prestazione siano state ancora eseguite. Affinchè in tal caso l’imposta possa diventare esigibile, occorre, peraltro, che tutti gli elementi qualificanti del fatto generatore, vale a dire la futura cessione o la futura prestazione, siano già noti alle parti e, in particolare, che, nel momento del versamento dell’acconto, i beni o i servizi siano specificamente individuati (Corte giust. in causa C-419/02, punto 48; 31 maggio 2018, in causa C-660/16, cit.).

Sicché anche la circostanza che la data futura di esecuzione della cessione o della prestazione non sia conosciuta con precisione al momento del versamento dell’acconto o del corrispettivo non consente di concludere che gli elementi rilevanti del fatto generatore, vale a dire la futura cessione o la futura prestazione, non sono noti. Inoltre, l’assenza di tale precisione non è tale, di per sè, da rimettere in discussione la certezza della cessione o della prestazione (Corte giust. in causa C-660/16, punto 45).

Ciò in quanto, ha chiarito questa Corte, nel caso di anticipato pagamento (come in quello di anticipata fatturazione dell’acquisto), il contenuto economico dell’operazione si considera già – in tutto o in parte – realizzato, dando vita al presupposto fiscalmente sufficiente per la sua imponibilità, sia pure limitatamente all’importo pagato o fatturato (Cass. 16 dicembre 2011, n. 27141 e 22 maggio 2015, n. 10606).

4.1.- In definitiva, come rilevava la Commissione a motivazione della proposta della sesta direttiva, “quando vengono incassati acconti anteriormente al fatto generatore, il loro incasso rende esigibile l’imposta, poichè i contraenti dimostrano in tal modo di voler trarre anticipatamente tutte le conseguenze finanziarie legate alla realizzazione del fatto generatore”.

E questa disciplina, benchè non riferita espressamente alla permuta, va comunque anche a essa applicata in virtù del principio di parità di trattamento che presidia il sistema dell’iva, poiché le operazioni di permuta, in cui il corrispettivo è per definizione in natura, e le operazioni per le quali il corrispettivo è in danaro sono, dal punto di vista economico e commerciale, due situazioni identiche (Corte giust. 19 dicembre 2012, causa C-549/11, Orfey Bulgaria EOOD, punti 35-36 e 26 settembre 2013, causa C-283/12, Serebryannay vek EOOD, punto 39).

4.2.- Qualora al momento del pagamento anticipato non siano compiutamente individuati i beni o i servizi, le relative operazioni non saranno immediatamente imponibili, ma lo diverranno non appena le cessioni o le prestazioni saranno eseguite.

E al riguardo s’innestano la deduzione del vizio di motivazione proposto dall’Agenzia, la quale ha riferito che a fondamento dell’avviso di accertamento, riprodotto in controricorso, era stato elaborato un elenco analitico che riporta i singoli dipendenti che hanno fruito dei pacchetti turistici, gli estremi delle relative lettere di addebito (data, numero, importo, imponibile e IVA non indicata), nonché la deduzione del vizio di ultrapetizione, col quale l’Agenzia si duole del fatto che la SIPRA non abbia nè col ricorso introduttivo, anch’esso riprodotto in controricorso, nè con l’appello, parimenti richiamato, contestato la circostanza dell’omessa fatturazione delle cessioni di merci e delle prestazioni di servizi turistici.

Il che implicherebbe inesorabilmente la non contestazione dei fatti storici dell’esecuzione delle cessioni e delle prestazioni, utili ai fini dell’esigibilità della relativa iva.

A tanto si aggiunge il settimo motivo del ricorso incidentale, col quale l’Ufficio denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 4 e ss. là dove la Commissione tributaria regionale, pur affermando la legittimità del rilievo concernente l’irpeg per il mancato inserimento in conto economico dei ricavi derivanti dalle vendite ai dipendenti, ha escluso il correlativo incremento del valore della produzione netta ai fini irap.

4.3.- Sono quindi erronee le statuizioni della sentenza impugnata, in virtù delle quali la Commissione tributaria regionale ha escluso in radice l’esigibilità e della prestazione eseguita da SIPRA e di quelle comunque eseguite dalle clienti committenti.

4.4.- Per derivazione è erronea anche la statuizione concernente l’omessa fatturazione da parte di SIPRA ai dipendenti ai quali viene ceduta la merce o i servizi ricevuti in pagamento della pubblicità, della quale il giudice d’appello ha escluso l’illegittimità, perché non vi sarebbe stata da parte dell’Agenzia determinazione alcuna del momento impositivo, come conseguenza del mancato accertamento di esso nei rapporti tra SIPRA e i committenti la pubblicità.

5.- Ne deriva l’accoglimento dei primi cinque motivi, nonché del settimo motivo del ricorso incidentale proposto dall’Agenzia, in considerazione dei riverberi dei maggiori ricavi derivanti dalle vendite sul valore della produzione netta.

5.1.- Ne risulta assorbito non solo il primo, ma anche il terzo motivo del ricorso principale della società, col quale si lamenta la violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 86 perché la Commissione tributaria regionale ha ritenuto che i beni rivenduti ai terzi siano produttivi di ricavi.

La necessità di accertamenti indotta dall’accoglimento del terzo e del quarto motivo del ricorso incidentale si riverbera sull’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale, giacché occorre verificare, ai fini del rispetto del principio di competenza previsto dal testo unico sulle imposte dirette, l’epoca in cui sono state eseguite le prestazioni e le cessioni nei confronti dei dipendenti della SIPRA o di quelli della Rai e l’epoca alla quale risale l’incasso dei relativi corrispettivi, corrispondenti, in base all’accertamento contenuto in sentenza, alle ritenute operate in busta paga.

6.- Va, invece, respinto il quarto motivo del ricorso principale, in base all’orientamento di questa Corte (Cass., ord. 11 gennaio 2018, n. 450 e ord. 31 maggio 2018, n. 13902), secondo il quale, in tema di imposte sui redditi delle società, il principio dell’inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d’impresa (e non dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, comma 5, ora art. 109, comma 5, del medesimo D.P.R., riguardante il diverso principio della correlazione tra costi deducibili e ricavi tassabili) ed esprime la necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprenditoriale, escludendo soltanto quelli che si collocano in una sfera estranea a essa.

7.- Il secondo tema pertinente al trattamento impositivo delle prestazioni pubblicitarie svolte da SIPRA concerne il loro carattere di extraterritorialità, quanto a quelle diffuse tramite RAI INTERNATIONAL fuori dal territorio dell’allora Comunità Europea.

Il giudice d’appello l’ha ravvisata facendo leva sul D.P.R. n. 633 del 1972, art. 7, comma 4, lett. d), e in conseguenza ha escluso che possa essere detratta la relativa iva addebitata alla SIPRA dalla RAI.

Col quinto, col sesto e col settimo motivo del ricorso principale, che vanno esaminati congiuntamente, appunto perché riguardano tale questione, la SIPRA censura la statuizione del giudice, sostenendo che:

– sia insufficiente e contraddittoria la motivazione della sentenza impugnata là dove il giudice d’appello ha identificato, così confondendole, la prestazione pubblicitaria svolta dalla SIPRA e quella derivante dalla concessione di spazi radiofonici e televisivi eseguita dalla RAI (quinto motivo);

– sia insufficiente e contraddittoria la motivazione, là dove la Commissione ha applicato al contratto atipico di concessione di spazi radiofonici e televisivi la disciplina propria del mandato senza rappresentanza (sesto motivo);

– sia insufficiente la motivazione della sentenza in ordine alla qualificazione del contratto tra Rai e Sipra, da qualificare come di concessione pubblicitaria e non già di pubblicità (settimo motivo).

7.1.- In fatto, emerge dalla sentenza impugnata che SIPRA e la RAI hanno stipulato un contratto atipico in base al quale “Sipra si limitava a stipulare con RAI INTERNATIONAL su incarico di 4l 19i della decisione

Rai e che oggetto dei due rapporti erano le medesime prestazioni”.

Quindi, le prestazioni pubblicitarie sono state rese da SIPRA, società ubicata in Italia, per mezzo dello strumento televisivo di RAI, parimenti ubicata in Italia, a clienti stabiliti in paesi extracomunitari.

7.2.- Va premesso che la nozione di prestazione pubblicitaria implica quella di pubblicità, che, in base alla definizione che ne ha fornito la Corte di giustizia (in particolare con sentenza 17 novembre 1993, causa C-68/92, Commissione c. Francia), comporta necessariamente la diffusione di un messaggio destinato a informare il consumatore dell’esistenza e delle qualità di un prodotto o di un servizio, allo scopo di incrementarne le vendite; e tale diffusione in genere avviene mediante parole, scritti o immagini via stampa, radio o televisione (punto 36).

La circostanza, pacifica in fatto, che la trasmissione del messaggio sia avvenuta col mezzo televisivo gestito dalla RAI conduce all’applicabilità alla catena di rapporti RAI/SIPRA e SIPRA/clienti committenti la pubblicità delle regole stabilite dalla giurisprudenza unionale (Corte giust. 19 febbraio 2009, causa n. 1/2008, Soc. Athesia Druck, resa su pregiudiziale proposta da questa Corte).

7.3.- La Corte di giustizia ha chiarito che, per un verso, l’art. 9, n. 2, lett. e), secondo trattino, della sesta direttiva dev’essere interpretato nel senso che esso si applica non soltanto alle prestazioni pubblicitarie fornite direttamente e fatturate dal prestatore di servizi a un committente di pubblicità soggetto passivo, ma anche a prestazioni fornite indirettamente al committente di pubblicità e fatturate a un terzo che le fattura a sua volta al committente (punto 23 della sentenza, in cui si richiama giurisprudenza conforme).

Per conseguenza, il carattere indiretto delle prestazioni, dovuto al fatto esse sono state fornite o fatturate da un primo prestatore, ossia nel nostro caso dalla RAI, a un destinatario intermedio, ossia nell’ipotesi in questione alla SIPRA, a sua volta incaricata di svolgere servizi pubblicitari (prestazioni che, secondo il giudice d’appello, si è visto, corrispondono a quelle poi rese ai terzi), prima di essere fatturate da quest’ultima al committente di pubblicità, non osta all’applicazione dell’art. 9, n. 2, lett. e), della sesta direttiva.

Sicchè, soltanto se il destinatario intermedio della prestazione sia stabilito fuori del territorio dell’Unione, il luogo della prestazione va anch’esso fissato fuori, ossia dove ha sede detto destinatario, senza che assuma rilevanza il fatto che questo non sia il committente finale di pubblicità.

7.4.- A tanto la Corte ha aggiunto, per altro verso, che, in deroga alla regola generale stabilita dall’art. 9, n. 2, lett. e), della sesta direttiva, il successivo art. 9, n. 3, lett. b) consente a uno Stato membro di considerare il luogo di prestazione dei servizi situato al di fuori della Comunità a norma di detto art. come se fosse situato all’interno del paese quando l’effettiva utilizzazione e l’effettivo impiego hanno luogo all’interno del paese.

Facoltà che nel caso in esame è stata esercitata dallo Stato italiano, il quale con l’art. 7, comma 4, lett. d), nel testo vigente ratione temporis, ha stabilito che “le prestazioni pubblicitarie…, nonché le prestazioni di intermediazione inerenti alle suddette prestazioni o operazioni e quelle inerenti all’obbligo di non esercitarle…si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando sono rese a soggetti domiciliati nel territorio stesso o a soggetti ivi residenti che non hanno stabilito il domicilio all’estero e quando sono rese a stabili organizzazioni in Italia di soggetti domiciliati o residenti all’estero, a meno che non siano utilizzate fuori dalla Comunità economica Europea”.

7.4.1.- Ebbene, la Corte di giustizia ha chiarito “che, per paese all’interno del quale hanno luogo l’effettiva utilizzazione e l’effettivo impiego, in base all’art. 9, n. 3, lett. b), della sesta direttiva, s’intende, in materia di prestazioni pubblicitarie, il paese dal quale vengono diffusi i messaggi pubblicitari” (punto 29 della sentenza in causa Soc. Athesia Druck). E, giustappunto con riguardo alla diffusione in Italia, ha soggiunto che “indipendentemente dalla circostanza che i destinatari di tali prestazioni possano essere distribuiti in tutto il mondo, è certo che i media italiani sono diffusi soprattutto in Italia. Pertanto, l’effettiva utilizzazione e l’effettivo impiego di messaggi pubblicitari devono essere considerati, in circostanze come quelle di cui alla causa principale, effettuati in Italia” (punti 30 e 31 della medesima sentenza).

7.5.- Erronea è, quindi, la statuizione di segno contrario della sentenza impugnata, con la quale, invece, si è sostenuto che “può ritenersi pacifico che le prestazioni pubblicitarie erano utilizzate fuori dal territorio della CEE”.

7.6.- La complessiva censura va accolta e in conseguenza cassata per i profili corrispondenti la sentenza impugnata giacché, da un canto, la destinataria intermedia SIPRA ha sede in Italia e, d’altro canto, l’effettiva utilizzazione e l’effettivo impiego di messaggi pubblicitari irradiati dalla RAI vanno considerati effettuati in Italia.

7.7.- Il che comporta l’assorbimento dell’ottavo motivo del ricorso incidentale, proposto cautelativamente, in considerazione del fatto che il dispositivo della sentenza impugnata ha omesso di menzionare il rigetto dell’appello della società in ordine al capo in questione della sentenza di primo grado.

L’omissione, difatti, in considerazione del testo della sentenza, è ascrivibile a mera svista.

8.- Con l’ottavo, il nono, il decimo e l’undicesimo motivo del ricorso principale, che vanno esaminati insieme, perché concernenti la medesima censura, nonché congiuntamente al sesto motivo del ricorso incidentale, che concerne questione connessa, si lamenta:

– l’omissione della motivazione in ordine alle ragioni, espresse soltanto per relationem ad altra pronuncia, per le quali si è esclusa la detraibilità dell’iva concernente la somministrazione di alimenti e bevande e l’acquisto di telefoni cellulari (ottavo motivo);

– la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19-bis1, là dove si è esclusa la detraibilità dell’iva in questione benché le operazioni in questione rientrassero nell’attività propria della contribuente (nono motivo);

– l’omissione della motivazione in ordine alla pretesa indetraibilità dell’iva concernente i telefoni cellulari (decimo motivo);

– la contraddittorietà della motivazione sul fatto decisivo e controverso che gli alimenti e le bevande costituissero oggetto di un contratto di fornitura e non già di somministrazione (undicesimo motivo);

– la violazione e falsa applicazione dell’art. 17 della sesta direttiva, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 e art. 19-bis 1, della L. n. 388 del 2000, art. 30 e dell’art. 2697 c.c., là dove la Commissione tributaria regionale ha affermato la piena detraibilità dell’iva concernente gli acquisti di autoveicoli, senza considerare se fossero, o no, inerenti all’attività d’impresa (sesto motivo del ricorso incidentale).

8.1.- Le censure rispettivamente proposte dalla società e dall’Agenzia sono fondate.

In relazione all’acquisto dei telefoni cellulari, questa Corte ha già chiarito quale (con sentenza 25 marzo 2015, n. 5958; conf., tra varie, 9 agosto 2016, n. 16726 e 31 maggio 2018, n. 13897) che il principio espresso dalla Corte di giustizia con la sentenza 14 settembre 2006 in causa C-228/05, Stradasfalti, secondo cui le autorità tributarie nazionali non possono applicare le disposizioni con cui uno Stato membro abbia escluso alcuni beni dal regime delle detrazioni senza previa consultazione del comitato consultivo dell’imposta sul valore aggiunto, in violazione dell’art. 17, comma 7, della sesta direttiva 17 maggio 1977 n. 77/388/Cee, sicché il soggetto passivo deve poter ricalcolare il suo debito d’imposta senza tenerne conto della misura derogatoria illegittimamente adottata, è applicabile, per identità di ratio, anche relativamente al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19-bis 1, comma 1, lett. g), vigente ratione temporis, nella parte in cui limita la detraibilità delle spese per l’acquisto e l’uso dei telefoni cellulari nella misura del 50 percento).

8.2.- Ma sia per tali acquisti, sia per le operazioni concernenti alimenti e bevande, indipendentemente dal titolo che le sorregga, sia per l’acquisto di autoveicoli, occorre pur sempre la verifica relativa alla loro inerenza all’attività d’impresa.

Di contro, il giudice d’appello nei primi due casi ha escluso in maniera anapodittica l’inerenza e nel terzo caso in modo altrettanto assertivo l’ha affermata.

8.3.- Occorre quindi che la valutazione sia operata in maniera concreta, previa cassazione della sentenza in relazione ai profili accolti.

9.- Infondato è il tredicesimo motivo, da esaminare per priorità logica prima del dodicesimo, col quale la contribuente si duole della violazione dell’art. 346 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56 perché l’Agenzia non avrebbe contestato, sul piano sanzionatorio, nel giudizio di secondo grado, l’applicabilità dell’esimente dell’obiettiva incertezza. L’affermazione della legittimità della pretesa impositiva, difatti, da parte dell’Agenzia, implica e assorbe ogni contestazione in ordine ai profili, derivati e dipendenti, riguardanti il piano sanzionatorio.

10.- Infondati sono, infine, il dodicesimo e il quattordicesimo motivo del ricorso principale, in entrambe le subcensure in cui quest’ultimo è articolato, che coinvolgono sotto diversi aspetti l’esimente dell’obiettiva incertezza, utile a esentare da sanzioni in relazione alle riprese concernenti irpeg e irap.

E ciò in applicazione del consolidato orientamento di questa Corte (vedi, per tutte, Cass. 23 novembre 2016, n. 238459), secondo il quale in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, l’incertezza normativa oggettiva, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, alla stregua della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 1 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8 postula una condizione d’inevitabile incertezza su contenuto, oggetto e destinatari della norma tributaria, riferita non già ad un generico contribuente, nè a quei contribuenti che, per loro perizia professionale, siano capaci di interpretazione normativa qualificata, né all’ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione.

10.1.- Il che è da escludere nel caso in esame, in base alle circostanze di fatto acclarate in sentenza, delle quali si è dato dinanzi conto.

11.- In definitiva, in accoglimento dei primi sette motivi del ricorso incidentale, nonché del secondo, del quinto, del sesto, del settimo, dell’ottavo, del nono, del decimo e dell’undicesimo motivo di quello principale, la sentenza impugnata va cassata in relazione ai profili accolti, con rinvio, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Piemonte in diversa composizione, che si atterrà ai seguenti principi di diritto:

“In tema di iva, il momento impositivo della prestazione pubblicitaria remunerata col diritto al c. d. cambio merce, ossia alla futura cessione di beni o alla futura prestazione di servizi da parte del committente la pubblicità, che s’inquadra nel novero delle operazioni permutative, coincide con l’effettuazione della prestazione, la quale, costituendo a sua volta il corrispettivo anticipato del c.d. cambio merce, determina al contempo l’imponibilità anche di questa prestazione, purché ne sia già noto l’oggetto alle parti”.

“In tema di iva, la prestazione pubblicitaria eseguita mediante diffusione del messaggio pubblicitario per il tramite di mezzo radiotelevisivo ubicato in Italia a un’impresa, anch’essa ubicata in Italia, a sua volta incaricata di svolgere servizi pubblicitari, prima di essere fatturata da quest’ultima al committente di pubblicità, è munita del requisito della territorialità, benché sia indirizzata e giunga a utenti ubicati fuori dal territorio dell’Unione Europea”.

12.- La cassazione con rinvio della sentenza impugnata comporta l’assorbimento del nono motivo del ricorso incidentale, che concerne l’annullamento della sanzione inflitta.

P.Q.M.

accoglie il secondo, il quinto, il sesto, il settimo, l’ottavo, il nono, il decimo e l’undicesimo motivo del ricorso principale, nonché i primi sette motivi di quello incidentale, assorbiti i restanti due del ricorso incidentale, il primo e il terzo di quello principale e respinti gli ulteriori motivi di quest’ultimo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai profili accolti e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Piemonte in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 19 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2018

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