Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25652 del 22/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/09/2021, (ud. 27/04/2021, dep. 22/09/2021), n.25652

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14685-2020 proposto da:

E.P., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MASSIMO GILARDONI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistenti –

avverso il decreto n. cronol. 652/2020 del TRIBUNALE di BRESCIA,

depositato il 13/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA

SCALIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. E.P., nato in Nigeria, ricorre con due motivi per la cassazione del decreto in epigrafe indicato con cui il Tribunale di Brescia, Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, ne ha rigettato l’impugnazione avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale di diniego della protezione internazionale e del riconoscimento del diritto al rilascio di un permesso per ragioni umanitarie.

Nel racconto reso in fase amministrativa il ricorrente aveva dichiarato di aver abbandonato il proprio Paese perché, dopo essere stato accoltellato dai propri fratellastri in seguito ad un litigio con loro avuto per questioni ereditarie, l’ospedale a cui si era rivolto per avere cure non gliele aveva fornite in difetto di denuncia sui fatti violenti occorsigli e che egli, guarito da una donna sconosciuta, era fuggito dapprima a (OMISSIS) e, qui raggiunto da uno dei fratellastri, a (OMISSIS) per poi spostarsi in Libia dove era stato sequestrato, arrestato e da cui era fuggito per l’Italia.

2. Con il primo motivo il ricorrente fa valere violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, commi 2 e 3.

Il tribunale non aveva riconosciuto al richiedente il “beneficio del dubbio” nella valutazione della credibilità del suo racconto, che portava in evidenza ragioni d’indole religiosa che avevano determinato il richiedente a lasciare il proprio Paese; avendo il ricorrente fornito un “principio di prova” della persecuzione subita, il tribunale avrebbe dovuto riconoscergli la protezione sussidiaria.

Il motivo è inammissibile perché aspecifico.

La contestazione condotta sulla valutazione in ordine alla non credibilità del racconto operata dai giudici di merito non è sostenuta da alcuna allegazione sulle circostanze di fatto integrative del primo, se non per un generico cenno a ragioni di carattere religioso che non si coniugano in alcun modo con il racconto reso ed altrimenti indicato nel medesimo ricorso.

3. Con il secondo motivo il ricorrente fa valere violazione e/o falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2, con riferimento al mancato riconoscimento, al fine del rilascio del permesso umanitario, della condizione di estrema povertà dello straniero nel Paese di origine poiché tale condizione compromette, in modo radicale, il raggiungimento degli standard minimi di un’esistenza dignitosa.

Il tribunale non avrebbe tenuto in considerazione la situazione di instabilità politica e amministrativa della Nigeria e non avrebbe esaminato la documentazione prodotta in ordine al percorso di integrazione lavorativo e scolastico del richiedente. Non era stato valorizzato quanto affermato dalla sentenza n. 4455 del 2018 sul ruolo dell’integrazione sociale dello straniero in Italia e sul livello di vita nel Paese di provenienza; i giudici non avevano esaminato i profili emersi nel corso dell’audizione del richiedente, sulla incolmabile sproporzione tra la condizione avuta nel Paese di provenienza e quella conseguita nel Paese ospitante.

Il motivo è generico. Il ricorrente non si confronta con la ratio che sostiene il decreto impugnato là dove i giudici valorizzano la non credibilità del racconto reso dal richiedente ai fini della individuazione di situazioni di vulnerabilità personale e non allega di avere sul punto tempestivamente dedotto siffatte situazioni, richiamando, invece, non meglio precisati profili del racconto reso (vd. Cass. n. 9304 del 03/04/2019, su condizione di vulnerabilità e valutazione individuale).

Nel resto la critica è generica perché non contesta, in applicazione del principio sancito da questa Corte a Sezioni Unite (SU n. 29459 del 2019; in precedenza n. 4455 del 2018), la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria intesi come esistenza di una effettiva compromissione dei diritti della persona al di sotto di quel nucleo minimo ineliminabile che è costitutivo dello statuto della dignità personale nel Paese di provenienza.

Il tribunale con motivazione rispettosa dell’indicato canone di legge per un apprezzamento di merito sottratto al sindacato di questa Corte, rimarca l’esistenza delle relazioni del richiedente con la famiglia di origine in Nigeria (sorelle; moglie; figlio) con la quali egli è in contatto.

4. Il ricorso è pertanto inammissibile.

Nulla sulle spese nella tardività della costituzione del Ministero dell’interno.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2021

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