Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25651 del 22/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/09/2021, (ud. 27/04/2021, dep. 22/09/2021), n.25651

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14477-2020 proposto da:

Z.M., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MARIACRISTINA TRIVISONNO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso il decreto n. cronol. 775/2020 del TRIBUNALE di CAMPOBASSO,

Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione

internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione

Europea, depositato il 07/05/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA,

SCALIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Z.M., nato in Pakistan, (OMISSIS), ricorre con tre motivi per la cassazione del decreto in epigrafe indicato con cui il Tribunale di Campobasso, Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, ne ha rigettato l’impugnazione avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale di diniego della protezione internazionale e del riconoscimento del diritto al rilascio di un permesso per ragioni umanitarie.

2. Nel racconto reso in fase amministrativa il ricorrente aveva dichiarato di aver abbandonato il proprio Paese, raggiungendo l’Italia attraverso la Libia, per questioni relative alla coltivazione di un terreno condotto in affitto dal padre e rispetto al quale la sua famiglia aveva maturato un debito verso terzi che, per rientrare nel possesso del terreno, avevano dapprima minacciato e quindi ferito il ricorrente utilizzando delle armi, potendo in ciò contare sull’appoggio del sindaco e dell’autorità locale di polizia per sfuggire ai quali il dichiarante si allontanava dalla terra di origine.

3. Con il primo motivo il ricorrente fa valere violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 commi 2 e 3, al D.P.R. n. 21 del 2015, art. 6, comma 3, ed al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. a) e c), e comma 5.

Deduce il ricorrente che il giudice del merito era mancato all’onere di approfondimento istruttorio, non specificando le fonti di prova, aggiornate, utilizzate a fronte dell’allegazione, adempiuta, del richiedente delle ragioni del rischio, con conseguente apparenza della motivazione.

Il motivo è inammissibile perché il tribunale richiama espressamente il report EASO 2017 per escludere nella Regione di provenienza del ricorrente, il Punjab, una situazione di violenza indiscriminata in conflitto armato interno o internazionale e la deduzione contenuta in ricorso sulla insufficienza della fonte indicata non resta corroborata con gli esiti di differenti e più aggiornate fonti o, ancora, con la denuncia del travisamento della prima, restando come tale generica e comunque involgendo questioni di merito.

In tema di protezione internazionale, il motivo di ricorso per cassazione che mira a contrastare l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alle cd. fonti privilegiate, di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, deve evidenziare, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base è stata assunta la decisione, in violazione del cd. dovere di collaborazione istruttoria, sono state oggettivamente travisate, ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti qualificate (Cass. n. 4037 del 18/02/2020).

4. Con il secondo motivo il ricorrente fa valere la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il tribunale non aveva espresso alcuna valutazione sulla situazione di endemica violenza del Paese di origine del richiedente protezione e non aveva personalizzato, con il richiesto approfondimento istruttorio, la minaccia o il danno al fine di accertare il collegamento causale tra il pericolo all’incolumità del richiedente e la sua condizione soggettiva; in ogni caso non era necessaria una diretta esposizione al rischio del richiedente. I giudici di merito avevano ritenuto che il ricorrente avrebbe potuto ricorrere alle forze di polizia chiedendone tutela.

Il motivo è inammissibile per genericità e non si confronta con la motivazione nella parte in cui questa esclude la credibilità del racconto e con essa il doveroso esercizio della collaborazione istruttoria del giudice per le fattispecie di protezione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), (vd. nella prima parte il principio di cui a Cass. n. 10286 del 29/05/2020).

Nel resto quanto all’ipotesi descritta dal citato D.Lgs., art. 14, lett. c), la censura è ancora generica là dove richiama la necessità per il giudice di accertare la condizione oggettiva dell’area di provenienza senza, anche qui, confrontarsi con la motivazione adottata nel provvedimento impugnato (vedi supra sub n. 2).

5. Con il terzo motivo il ricorrente fa valere la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il tribunale non aveva effettuato alcuna valutazione comparativa tra integrazione sociale in Italia e contesto di generale compromissione dei diritti umani nel Paese di origine. L’allegazione del ricorrente di essere stato vittima nel periodo di permanenza in Libia di gravi violazioni di diritti umani avrebbe integrato una circostanza rilevante per il riconoscimento della protezione umanitaria. Il tribunale non avrebbe valutato le più recenti notizie indicate nelle memorie integrative.

Il motivo è inammissibile in applicazione del principio, solido nelle affermazioni di questa Corte, per il quale, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, il giudice è chiamato a verificare l’esistenza di seri motivi che impongano di offrire tutela a situazioni di vulnerabilità individuale, anche esercitando i poteri istruttori ufficiosi a lui conferiti, ma è necessario che il richiedente indichi i fatti costitutivi del diritto azionato e cioè fornisca elementi idonei a far desumere che il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani al di sotto del nucleo ineliminabile, costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza (tra le altre: Cass.: n. 13573 del 02/07/2020).

Nella non credibilità del racconto il tribunale ha escluso l’esistenza di condizioni di vulnerabilità del richiedente che in ricorso, richiamando genericamente la necessità per il giudice del merito di scrutinare la domanda in applicazione della valutazione comparativa tra la situazione goduta in Italia e quella nel Paese di provenienza (ex Cass. n. 4455 del 2018), non fa valere, per l’appunto, situazioni di vulnerabilità personale e la loro tempestiva allegazione nel giudizio di merito e tanto anche quale esito della permanenza in Libia, non puntualmente dedotta quale esperienza vissuta in un certo grado di significatività in relazione alla durata in concreto del soggiorno ed in comparazione con il tempo trascorso nel paese di origine (vd. in termini: Cass. n. 13758 del 03/07/2020).

6. Il ricorso è pertanto ed in via conclusiva inammissibile. Nulla sulle spese nella tardività della costituzione del Ministero dell’interno.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto (ex Cass. SU n. 23535 del 2019) della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2021

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA