Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2565 del 31/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 31/01/2017, (ud. 17/11/2016, dep.31/01/2017),  n. 2565

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

MERIMP – MERIDIONALE IMPIANTI S.R.L., C.F. (OMISSIS), P.IVA.

(OMISSIS), in persona del procuratore generale, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA ATANASIO KIRCHER 7, presso lo Studio Legale

Fonsi, Iasonna e associati, rappresentata e difesa dall’avvocato

ANGELO PIGNATELLI giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CIRIO DEL MONTE ITALIA S.P.A. IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, P.IVA

(OMISSIS), in persona dei suoi Commissari Straordinari,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VILLA MASSIMO 33, presso

lo studio dell’avvocato MAURIZIO BENINCASA, che la rappresenta e

difende giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3710/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

emessa il 13/01/2014 e depositata il 05/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito l’Avvocato Gianluca Fonsi (delega orale Avvocato Angelo

Pignatelli), per la ricorrente, che si riporta agli atti.

Il consigliere relatore, nominato a norma dell’art. 377 c.p.c., ha

depositato la relazione di cui all’art. 380 bis c.p.c., di seguito

trascritta, proponendo il rigetto del ricorso ai sensi dell’art. 375

c.p.c., comma 1, n. 5).

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso:

La Corte d’appello di Roma con sentenza 5.6.2014 n. 3710 ha confermato la decisione di prime cure che aveva dichiarato inefficaci nei confronti dei commissari straordinari L.Fall., ex art. 67, comma 2, (nel testo anteriforma D.L. n. 35 del 1005 conv. in L. n. 80 del 2005, applicabile “ratione temporis”) i pagamenti eseguiti da CIRIO del Monte Italia s.p.a., per prestazioni di servizi ricevute da MERIMP (Meridionale Impianti) s.r.l., nel periodo sospetto (2002 – 2003) anteriore alla pubblicazione della sentenza del Tribunale di Roma in data 7.8.2003 dichiarativa dello stato di insolvenza ed assoggettabilità della società alla procedura di amministrazione straordinaria per le grandi imprese.

La sentenza di appello è stata ritualmente impugnata da MERIMP s.r.l. con un unico motivo volto a censurare la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c..

Resiste con controricorso CIRIO del Monte Italia s.p.a. in Amministrazione straordinaria;

si osserva quanto segue:

La società ricorrente assume che l’argomentazione logica che sostiene il ragionamento della sentenza volto a ritenere raggiunta la prova presuntiva della scientia decoctionis, sia fondata:

– su elementi indiziari privi delle caratteristiche di gravità, precisione e concordanza;

– sulla illegittima applicazione della “praesumptio de praesumpto”;

La censura è infondata.

La Corte territoriale ha infatti fondato la prova della conoscenza dello stato di insolvenza sul fatto notorio, ex art. 115 c.p.c., comma 2, individuato nella vasta eco che la vicenda del dissesto del Gruppo CIRIO aveva avuto sulla stampa e sugli altri media nazionali, i quali avevano dato ampiamente conto “del grave allarme per la sopravvivenza di uno dei maggiori gruppi industriali del paese” (cfr. sentenza, in motiv. pag. 3), fatto notorio (idest: la diffusione notiziale, a livello nazionale, dello stato di crisi del Gruppo) dal quale il Giudice di appello ha tratto la conoscenza del fatto ignorato, e cioè della consapevolezza o comunque dell’attenzione rivolta a tale vicenda, ed alle difficoltà insanabili che emergevano nel riassetto economico del gruppo, “dagli operatori economici che intrattenevano rapporti commerciali o fornivano servizi ad aziende del gruppo Cirio, divenendone creditorie”.

Tale accertamento non viene investito dal motivo di ricorso che si incentra a confutare gli altri argomenti probatori volti a confermare, attraverso la indicazione di ulteriori specifici elementi indiziari (esaminati “in particolare” dal Giudice di appello), la prova fondata sul fatto notorio, in tal modo venendo a travisare la società ricorrente l’impianto motivazionale della sentenza. La Corte territoriale non è affatto pervenuta ad accertare la “scientia decoctionis” in base ad uno schema logico presuntivo fondato su due articoli di stampa, nè tanto meno ha presunto la lettura di tali articoli da parte della MERIMP s.r.l. deducendo da tale presunzione quella, ulteriore, della conoscenza dello stato di decozione del Gruppo CIRIO, ma ha piuttosto inteso corroborare l’affermazione per cui la situazione di dissesto del gruppo non era pertinenza di una ristretta cerchia di informatori finanziari, ma si estendeva agli organi informativi di livello nazionale, atteso che la importanza del gruppo industriale e le dimensioni che assumeva il fenomeno della insolvenza obbligazionaria, erano tali da destare “diffusa preoccupazione tra i fornitori e tra tutti coloro che vantavano crediti verso la Cirio”, tanto più che la incapacità di fare fronte agli impegni assunti si estendeva anche allo specifico settore di attività agroalimentare in cui operava lo stabilimento industriale di CIRIO del Monte Italia s.p.a., oggetto di iniziative giudiziarie promosse dai fornitori presso il Tribunale di Nocera Inferiore (peraltro va qui rilevato che la stessa MERIMP s.r.l. ha riferito di essersi insinuata allo stato passivo della società in Amministrazione straordinaria “per le prestazioni rimaste impagate nell’anno 2002” – ricorso pag. 4, essendo quindi emersa la esposizione debitoria di CIRIO del Monte Italia s.p.a., direttamente anche nei confronti dell’attuale ricorrente), venendo a costituire il comune ambito territoriale dell’esercizio dell’attività commerciale, unitamente alla rilevanza economica ed occupazionale che rivestiva la CIRIO in tale territorio, ed ai prolungati rapporti intrattenuti dalle parti, un elemento indiziario grave di una posizione informativa privilegiata di MERIMP s.r.l. (cfr. sentenza, pag. 3).

La sentenza impugnata è dunque in linea con i principi enunciati da questa Corte, dovendo ribadirsi che, in materia di revocatoria fallimentare, alla necessaria conoscenza effettiva da parte del terzo contraente dello stato d’insolvenza dell’imprenditore è equiparabile anche la conoscibilità delle sue condizioni economiche, secondo un giudizio “ex ante” desumibile da elementi indiziari da cui legittimamente desumere la “scientia decoctionis”, quale concreta situazione psicologica della parte nel momento dell’atto revocando (cfr. Corte cass. Sez. 1, Sentenza n. 1834 del 26/01/2011), potendo ritenersi raggiunta la prova presuntiva quando la probabilità della “scientia decoctionis” trovi il suo fondamento nei presupposti e nelle condizioni (economiche, sociali, organizzative, topografiche, culturali) nelle quali si sia concretamente trovato ad operare, nella specie, il creditore del fallito (cfr. Corte cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 6686 del 03/05/2012).

La Corte, riunita in camera di consiglio, ha condiviso i motivi di diritto esposti nella relazione, non inficiati dal contenuto della memoria presentata, e la soluzione proposta, dovendo soltanto precisarsi che il Giudice di appello, tra gli elementi determinanti a fondare il convincimento in ordine alla conoscenza da parte di MERIMP dello stato di decozione della società, ha collocato in via prioritaria il fatto notorio della gravi crisi in cui versavano le società appartenenti al Gruppo CIRIO, che aveva trovato ampio riscontro negli organi di stampa a livello nazionale, come emerge in modo inequivoco dalla motivazione della sentenza impugnata laddove sottolinea “la eco che la vicenda CIRIO aveva avuto sulla stampa” rilevando che “la stampa nazionale dava conto del grave allarme per la sopravvivenza di uno dei maggiori gruppi industriali del paese”, circostanza sulla quale aveva “sorvolato del tutto” l’appellante MERIMP.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna della parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità liquidate in dispositivo.

Sussistono i presupposti per l’applicazione il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che dispone l’obbligo del versamento per il ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato nel caso in cui la sua impugnazione sia stata integralmente rigettata, essendo iniziato il procedimento in data successiva al 30 gennaio 2013 (cfr. Corte cass. SU 18.2.2014 n. 3774).

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in favore di Ciro del Monte Italia s.p.a. in amministrazione straordinaria in Euro 5.600,00 per compensi, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario spese generali nella misura del 15% dei compensi ex art. 2 comma 2 Tariffa, ed accessori di legge;

– dichiara che sussistono i presupposti per il versamento della somma prevista dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 17 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2017

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