Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25648 del 27/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 27/10/2017, (ud. 09/05/2017, dep.27/10/2017),  n. 25648

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19822/2012 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del Presidente e

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO PESSI, che

la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.M., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA ITALO CARLO FALBO 22, presso lo studio dell’avvocato ANGELO

COLUCCI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MASSIMO MONALDI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 406/2012 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 30/05/2012 R.G.N. 187/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/05/2017 dal Consigliere Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 406/2012, depositata il 30 maggio 2012, la Corte di appello di Ancona, in accoglimento del gravame di M.M. e in riforma della sentenza di primo grado del Tribunale di Ascoli Piceno, dichiarava illegittimo il trasferimento dall’Ufficio postale di Porto d’Ascoli, frazione del Comune di San Benedetto del Tronto, nel quale l’appellante aveva ripreso servizio a seguito di conversione giudiziale del rapporto a termine intercorso con la S.p.A. Poste Italiane, all’Ufficio Postale di (OMISSIS), osservando come la società, pur gravata del relativo onere, non avesse comprovato la sussistenza di effettive ragioni tecniche, organizzative o produttive ex art. 2103 c.c.: in particolare, la Corte, diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, considerava inattendibili le risultanze della procedura informatica utilizzata da Poste Italiane per l’individuazione degli uffici postali eccedentari in quanto efficacemente contrastate da quelle della testimone P., già dipendente della società con mansioni di capo-squadra dell’Ufficio postale di (OMISSIS), la quale aveva precisato che anche nel primo semestre del 2006, e cioè nel periodo in cui era stato disposto il trasferimento del M., erano stati assunti lavoratori con contratto a tempo determinato per la sostituzione di personale assente ed inoltre per servire zone di recapito rimaste prive di copertura per vacanze di organico.

2. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza la società con unico motivo, assistito da memoria; il lavoratore ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Collegio ha autorizzato, come da Decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

1. Con l’unico motivo proposto la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., dell’Accordo quadro 29/7/2004, dell’Accordo 30/7/2004 e dell’art. 37 CCNL del 2003, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio: deduce, in particolare, come dalla motivazione della sentenza impugnata risultasse che il giudice di appello aveva erroneamente interpretato la documentazione e la espletata prova testimoniale, anche per non avere tenuto conto delle dichiarazioni rese dalla teste di parte resistente, non pervenendo alla conclusione, che invece il corretto esame del complessivo materiale di prova avrebbe incontrovertibilmente indotto, secondo la quale, alla data di riammissione in servizio del lavoratore, non sussistevano posti disponibili nel Comune di S. Benedetto del Tronto e che quello di assegnazione era risultato il Comune con disponibilità di posti più vicino.

2. Il ricorso è inammissibile.

2.1. Al riguardo, e in primo luogo, si deve rilevare che la società, pur dolendosi dell’erronea valutazione dei documenti prodotti da parte del giudice di merito, non solo non ha adempiuto l’onere di trascriverne nel ricorso i passi più significativi, o comunque di indicarne il contenuto rilevante, in difformità dall’orientamento costante in materia (cfr., fra le molte, Cass. n. 17168/2012); ma neppure ne ha curato la precisa individuazione, limitandosi ad un richiamo alla “documentazione prodotta in primo grado” e ritenuta dal primo giudice sufficiente a fornire la prova delle ragioni giustificative del licenziamento.

2.2. In secondo luogo, si deve osservare come la società ricorrente, anche dietro lo schermo della violazione e falsa applicazione di varie norme di diritto, abbia, in realtà, sollecitato al giudice di legittimità un nuovo esame del merito della vicenda, prospettando un’interpretazione delle risultanze probatorie diversa da quella fatta propria, con adeguata motivazione, dalla Corte di appello.

E’ consolidato il principio, secondo il quale “il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non equivale alla revisione del ragionamento decisorio, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che ciò si tradurrebbe in un nuova formulazione del giudizio di fatto, in contrasto con la funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità. Ne consegue che, ove la parte abbia dedotto un vizio di motivazione, la Corte di cassazione non può procedere ad un nuovo giudizio di merito, con autonoma valutazione delle risultanze degli atti, nè porre a fondamento della sua decisione un fatto probatorio diverso od ulteriore rispetto a quelli assunti dal giudice di merito”: Cass. n. 91/2014 (ord.).

Inoltre, come più volte ribadito, “con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente; l’apprezzamento dei fatti e delle prove, infatti, è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che nell’ambito di detto sindacato, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione”: Cass. n. 7921/2011 (ord.).

3. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese generali al 15% e accessori di legge.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2017

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