Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25646 del 30/11/2011

Cassazione civile sez. lav., 30/11/2011, (ud. 14/10/2011, dep. 30/11/2011), n.25646

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 5810/2010 proposto da:

POSTE ITALIANE SPA (OMISSIS) in persona del Presidente del

Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo

studio dell’avvocato FIORILLO Luigi, che la rappresenta e difende,

giusta procura speciale ad litem a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.E.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1127/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA

dell’11.2.08, depositata il 27/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO IANNIELLO.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MAURIZIO

VELARDI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

La causa è stata chiamata alla odierna adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 c.p.c.:

“Con ricorso ex art. 414 del 2002, P.E. aveva chiesto al Tribunale di Roma la dichiarazione di nullità del termine apposto al contratto di lavoro subordinato intercorso con Poste Italiane dal 1 febbraio 1131 maggio 2001m ai sensi dell’art. 25 del C.C.N.L. 11 gennaio 2001 per esigenze di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi.

Il Tribunale aveva accolto la domanda argomentando dall’art. 8 del C.C.N.L. 26 novembre 1996, dell’accordo integrativo 25 settembre 1997 e di altri successivi che avrebbero consentito l’apposizione del termine per una causale simile a quella indicata unicamente fino al 30 aprile 1998.

Su appello proposto dalla società per rilevare che, come pacifico in causa, il contratto era retto dall’art. 25 del diverso successivo contratto collettivo dell’11 gennaio 2001, che, ai sensi della L. n. 56 del 1987, art. 23, consentiva l’apposizione di un termine al contratto di lavoro con la causale utilizzata nel caso in esame, la Corte d’appello di Roma, con sentenza depositata il 27 febbraio 2009, ha dato atto della correttezza dell’assunto, confermando tuttavia la decisione di primo grado col rilevare che la suddetta disposizione contrattuale subordina la stipula di contratti a termine con la causale indicata a preventivi confronti col sindacato, di cui era difettata la prova da parte della società in giudizio.

Avverso tale sentenza la società propone ora ricorso per cassazione, notificato il 25-26 febbraio 2010, con due motivi, relativi, rispettivamente, alla violazione dell’art. 112 c.p.c. nonchè al vizio di motivazione e alla violazione dell’art. 25 del C.C.N.L. 11 gennaio 2001 e 23 della L. n. 56 del 1987.

L’intimato non si è costituito in questa sede.

Il procedimento, in quanto promosso con ricorso avverso una sentenza depositata successivamente alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 e antecedentemente alla data di entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69 è regolato dall’art. 360 c.p.c., e segg., con le modifiche e integrazioni apportate dal D.Lgs. citato.

Il primo motivo di ricorso denuncia il fatto che la Corte si sia pronunciata in ordine alla regolarità della procedura che avrebbe dovuto precedere a norma dell’art. 25 cit., la stipulazione dei singoli contratti a tempo determinato, affermando che la società non avrebbe provato l’esistenza di un confronto sindacale al riguardo, senza che ciò avesse costituito causa petendi della domanda del P..

In proposito, si rileva che la Corte territoriale, nel riferire dettagliatamente il contenuto del ricorso introduttivo del giudizio, quindi ribadito nelle difese in appello, ha dato atto che il P. avesse altresì affermato, in ultima istanza, che la società non aveva rispettato le procedure previste dall’art. 25, in precedenza specificate nel medesimo atto e non avesse rispettato la c.d.

clausola di contingentamento, vale a dire la percentuale massima di contratti a termine consentita dalla contrattazione collettiva, in attuazione di quanto disposto dalla cit. L. n. 56, art. 23.

L’opposto assunto della società avrebbe dovuto pertanto essere dimostrato, in ossequio alla regola della autosufficienza del ricorso per cassazione (sui cui cfr., per tutte, recentemente, Cass. nn. 4201/10, 6937/10, 10605/10 e 11477/10) con la specifica riproduzione della parte del ricorso introduttivo contenente le difese del P.. Viceversa la ricorrente non solo si limita ad affermare che la Corte territoriale avrebbe al riguardo violato l’art. 112 c.p.c., ma ignora o comunque non menziona, per contestarla specificatamente, l’espresso riferimento nella sentenza impugnata alla difesa del P. fondata sulla violazione della procedura prevista dall’art. 25 del contratto collettivo del 2001.

Quanto al secondo motivo, esso conclude con un quesito di diritto – che, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile al ricorso ratione temporis, circoscrive l’ambito delle censure di cui al motivo cui si riferisce – relativo ad una questione non affrontata dalla Corte territoriale in quanto evidentemente ritenuta assorbita.

Il motivo conclude infatti con la richiesta dica la suprema Corte se la mancata prova del rispetto della clausola di contingentamento produce conseguenze sanzionatorie sul singolo contratto a termine, che essendo estranea al contenuto della pronuncia impugnata, rende inammissibile il motivo medesimo”.

E’ seguita la rituale notifica della suddetta relazione, unitamente all’avviso della data della presente udienza in camera di consiglio.

Condividendo le osservazioni di cui alla relazione, il collegio rileva la manifesta infondatezza del ricorso, che va respinto. Nulla per le spese di P., che non ha svolto difese in questa sede di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 14 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2011

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