Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25641 del 13/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 13/11/2020, (ud. 15/07/2020, dep. 13/11/2020), n.25641

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9953-2019 proposto da:

P.I., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di o disposto d’ufficio

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE LIPERA;

– ricorrente –

contro

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIUSEPPA RAMPULLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 342/2018 R.G. della CORTE D’APPELLO di

CATANIA, depositata il 22/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARINA

MELONI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Catania, con ordinanza in data 22/1/2019, ha rigettato l’istanza di sostituzione del CTU avanzata da Privitera Ildegalis nel corso del giudizio di separazione giudiziale con il coniuge C.G. motivata dalle attività irrituali poste in essere dal CTU del tutto esorbitanti e non pertinenti ai quesiti posti dalla medesima Corte di Appello.

Avverso tale provvedimento di rigetto ha proposto ricorso in cassazione Privitera Ildegalis affidato ad un motivo. C.G. si è costituito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con unico motivo di ricorso la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione di legge degli artt. 62, 194 e 196 c.p.c. nonchè degli artt. 3, 24 e 111 Cost. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il giudice territoriale ha ritenuto inammissibile l’istanza di sostituzione del CTU sia in quanto il predetto aveva già depositato la relazione, sia perchè le attività informative svolte dal CTU presso la scuola frequentata dal minore e presso il Comando dell’Arma dei Carabinieri apparivano pienamente funzionali allo svolgimento delle indagini a lui demandate nell’esclusivo interesse materiale e morale del minore mentre, al contrario, l’istanza era stata presentata quando le indagini peritali erano ancora in corso e l’attività investigativa posta in essere dal CTU era del tutto ultronea e non pertinente ai quesiti posti.

Il ricorso proposto è inammissibile.

Il provvedimento impugnato è un’ordinanza istruttoria con la quale il Collegio ha rigettato l’istanza di sostituzione del CTU, quindi un provvedimento privo dei caratteri di decisorietà e definitività propri della sentenza o di altro provvedimento avente carattere di “giudicato” ai quali fa riferimento l’art. 111 Cost., comma 7. Il giudicato sancisce il limite ultimo di regolamentazione della situazione giuridica; trattasi di accertamento intangibile, al punto che neppure successivi mutamenti della normativa di riferimento, o l’abrogazione della norma ad opera della Corte costituzionale per contrasto con i principi della Costituzione, oppure la scoperta della falsità del giuramento (salvi solo i casi di revocazione straordinaria, che per l’appunto è tale), possono rimetterlo in discussione. L’istituto del giudicato costituisce la scelta legislativa che opera il bilanciamento tra le opposte esigenze ed una delle principali espressioni del valore della certezza del diritto (cfr., tra le altre, Cass. 13 novembre 2013, n. 25508; Cass. 1 dicembre 2003, n. 18339).

A tal riguardo Sez. 1-, Sentenza n. 22122 del 11/09/2018 ha affermato l’inammissibilità del ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., comma 7, avverso un atto giudiziale privo dei connotati della decisorietà e della definitività:quindi non solo le sentenze, ma tutti i provvedimenti, ivi compresi le ordinanze ed i decreti, simultaneamente caratterizzati dal duplice requisito della decisorietà e della definitività (c.d. sentenze in senso sostanziale). Dunque, per principio costante, “un provvedimento, ancorchè emesso in forma di ordinanza o di decreto, assume carattere decisorio – requisito necessario per proporre ricorso ex art. 111 Cost. – quando pronuncia o, comunque, incide con efficacia di giudicato su diritti soggettivi, con la conseguenza che ogni provvedimento giudiziario che abbia i caratteri della decisorietà nei termini sopra esposti, nonchè della definitività – in quanto non altrimenti modificabile – può essere oggetto di ricorso ai sensi dell’art. 111 Cost.” (così Cass., sez. un., 2 febbraio 2016, n. 1914; cfr. altresì Cass. 25 ottobre 2016, n. 21522).

Non vi è dubbio che l’ordinanza di rigetto della istanza di revoca o sostituzione del CTU, oggetto del ricorso, sia un provvedimento istruttorio sempre revocabile e modificabile, potendo essere, su richiesta della stessa parte istante o d’ufficio modificato e revocato in ogni tempo da parte del giudice che l’ha emesso ex art. 177 c.p.c., con le sole eccezioni ivi previste; avverso il quale non è consentito il ricorso straordinario in cassazione.

Per quanto sopra il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna alle spese del soccombente.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità a favore del controricorrente che si liquidano in complessivi Euro 2.500,00 più Euro 100,00 per spese, oltre spese forfettarie ed accessori di legge. Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso ove dovuto.

Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta/prima sezione della Corte di Cassazione, il 15 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2020

 

 

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