Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25640 del 22/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/09/2021, (ud. 27/04/2021, dep. 22/09/2021), n.25640

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11292-2020 proposto da:

H.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MASSIMO GOTI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. cronol. 2640/2020 del TRIBUNALE di ANCONA,

depositato il 03/03/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA

TRICOMI.

 

Fatto

RITENUTO

che:

Con decreto del 3/3/2020 il Tribunale di Ancona ha respinto la domanda di H.A., nato in Bangladesh, volta ad ottenere la protezione internazionale in una delle sue forme (status di rifugiato; protezione sussidiaria; rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari).

In particolare, il Tribunale ha ritenuto che non ricorrevano i presupposti per il riconoscimento di alcuna delle forme di protezione invocate, alla stregua delle stesse dichiarazioni del richiedente – il quale aveva riferito di aver lasciato il proprio Paese (Bangladesh) nel 2010 perché aveva contratto dei debiti che non riusciva a restituire per la gravissima situazione di indigenza della famiglia -.

Il richiedente propone ricorso per cassazione, affidandosi a due motivi. Il Ministero dell’Interno non si è costituito nei termini di legge, ma ha depositato un “atto di costituzione” al solo fine di prendere eventualmente parte alla udienza di discussione ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, nonché del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, e art. 14, lett. C), e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione alla mancata valutazione della situazione esistente nel Bangladesh ed all’omessa attività istruttoria in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ed alla mancata concessione del permesso di soggiorno per motivi di protezione sussidiaria.

1.2. Il motivo è manifestamente inammissibile perché, a fronte delle esaurienti argomentazioni con cui il Tribunale ha giustificato il proprio convincimento quanto al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria in favore dell’odierno ricorrente, quest’ultimo, lungi dal confrontarsi con esse, si limita a sostenere il proprio personale convincimento, senza, tuttavia, indicare alcun fatto concernente se stesso di cui sia stato omesso l’esame e senza fornire elementi individualizzanti atti a giustificare una revisione della statuizione impugnata.

2.1. Con il secondo motivo di denuncia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, in relazione all’omessa motivazione per quanto riguarda il riconoscimento di un permesso di soggiorno per motivi umanitari in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

2.2. Anch’esso è inammissibile.

Il Tribunale ha correttamente escluso, ancora una volta in base alle stesse dichiarazioni dell’appellante, la sussistenza di gravi ragioni di protezione o situazioni soggettive specifiche, dovendosi qui solo rimarcare che, come chiarito, tra le ultime, da Cass. n. 252 del 2019, la protezione umanitaria – secondo i parametri normativi richiamati dal ricorrente, qui ritenuti applicabili – è una misura atipica e residuale, nel senso che essa copre situazioni, da individuare caso per caso, in cui, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento della tutela tipica (status di rifugiato o protezione sussidiaria), tuttavia non possa disporsi l’espulsione e debba provvedersi all’accoglienza del richiedente che si trovi in situazione di vulnerabilità (cfr. Cass. n. 23604 del 2017). A tale fine, peraltro, non è sufficiente l’allegazione di un’esistenza migliore nel Paese di accoglienza, sotto il profilo dell’integrazione sociale, personale o lavorativa, dovendo il riconoscimento di tale diritto allo straniero fondarsi su una valutazione comparativa effettiva tra i due piani, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile, costitutivo dello statuto della dignità personale, in comparazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese di accoglienza, integrazione in Italia che, nello specifico, è stata escluso con accertamento in fatto non sindacabile in sede di legittimità se non mediante l’indicazione di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti di cui sia stato omesso l’esame che non ricorre.

Va infine osservato che la doglianza in merito all’omesso esame di fatti decisivi concernenti l’attività lavorativa si scontra con la motivazione della decisione impugnata che ne dà conto, pur non giungendo alle conclusioni auspicate dal ricorrente, di guisa che il motivo risulta inammissibile in quanto formulato in maniera generica e tale da non consentire valutazione in merito alla effettiva decisività.

Quanto alla dedotta condizione di vulnerabilità per motivi di salute, va rammentato che, alla luce della giurisprudenza unionale (CGUE, 24 aprile 2018, in causa C-353/16), è richiesto l’accertamento della gravità della patologia, la necessità ed urgenza delle cure nonché la presenza di gravi carenze del sistema sanitario del paese di provenienza (Cass. n. 17118 del 2020) e nulla di tutto ciò si evince dal ricorso.

3. Il ricorso, dunque, va dichiarato inammissibile senza necessità di pronuncia sulle spese di questo giudizio di legittimità, in assenza di attività difensiva del Ministero.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

PQM

– Dichiara inammissibile il ricorso;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis. 3. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2021

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