Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25634 del 12/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 12/11/2020, (ud. 24/09/2020, dep. 12/11/2020), n.25634

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12204/2019 R.G. proposto da:

M.L., rappresentata e difesa, per procura speciale in

calce al ricorso, dall’avv. Saverio BARBIERI, ed elettivamente

domiciliata in Roma, alla via Mazzini, n. 4, presso lo studio legale

dell’avv. Aldo PINTO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1194/09/2018 della Commissione tributaria

regionale del VENETO, Sezione staccata di VERONA, depositata in data

29/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/09/2020 dal Consigliere LUCIOTTI Lucio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– in controversia relativa ad impugnazione di un avviso di accertamento per gli anni d’imposta dal 2006 al 2009, emesso a seguito di un processo verbale di constatazione della G.d.F. che aveva accertato maggiori redditi ai fini IVA, IRPEF ed IRAP emersi sulla base di documentazione extracontabile e verifica delle movimentazioni bancarie del conto corrente intestato a M.L., con la sentenza impugnata la CTR rigettava l’appello proposto dalla predetta contribuente avverso la sfavorevole sentenza di primo grado sostenendo che l’amministrazione finanziaria aveva fornito prova dello svolgimento da parte della M. di un’attività professionale non occasionale, seppur non organizzata, così da escludere la sottoposizione di quel reddito all’IRAP, mentre dal canto suo la contribuente non aveva fornito adeguate giustificazioni delle movimentazioni bancarie verificate;

– avverso la predetta statuizione la contribuente propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui replica l’intimata con controricorso;

– sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il motivo di ricorso la ricorrente deduce un vizio di motivazione, per avere la sentenza d’appello omesso di valutare un fatto decisivo per il giudizio, ovvero l’insussistenza di un’organizzazione d’impresa, con conseguente “palese incongruenza logica della sentenza appellata” ed “erronea applicazione nel caso di specie della presunzione legale di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, per la raggiunta prova contraria della contribuente”.

2. Il motivo è infondato e va rigettato.

3. In punto di fatto, è incontroverso che le somme di denaro, derivanti da operazioni di versamento effettuate sul conto corrente della contribuente, siano alla medesima riferibili.

4. Ciò posto, ritiene il Collegio non condivisibile la tesi sostenuta dalla ricorrente, secondo cui “l’accertata “mancanza di organizzazione di impresa””, con conseguente esclusione dalla sottoposizione all’IRAP, avrebbe dovuto far “ritenere non più presunto ogni accredito quale reddito imputabile alla M.”, e quindi non più operante la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito desumibile dalle risultanze del conto bancario.

5. Invero, la tesi secondo cui la presunzione posta dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, nei confronti del contribuente che, pur svolgendo attività professionale o artistica, non sia assoggettabile all’imposta regionale sulle attività produttive per insussistenza del presupposto impositivo dell'”autonoma organizzazione”, non ha alcun fondamento giuridico, ponendosi peraltro in insanabile contrasto con il consolidato orientamento di questa Corte di legittimità secondo cui la detta presunzione non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti, come è reso palese dal richiamo, operato dal citato art. 32, anche al medesimo D.P.R., art. 38, riguardante l’accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche (attinente ad ogni tipologia di reddito di cui esse siano titolari) e quindi a soggetti che non sono tenuti al pagamento dell’IRAP.

5.1. Ciò che in realtà differisce sono solo le modalità in cui si articola la presunzione legale in oggetto, distintamente previste nella prima e nella seconda parte, secondo periodo, del comma 1 del citato art. 32, nel senso che, da un lato, i “dati ed elementi” attinenti ai rapporti bancari possono essere utilizzati nei confronti di tutti i contribuenti destinatari di accertamenti previsti dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 38,39,40 e 41 (persone fisiche, titolari di reddito determinato in base alle scritture contabili, redditi di soggetti diversi dalle persone fisiche, redditi accertati d’ufficio), dall’altro, la presunzione legale secondo cui i versamenti ed i prelevamenti sono considerati ricavi o compensi può essere utilizzata nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro autonomo, soggetti all’obbligo di tenuta delle scritture contabili (con la correzione apportata dalla Corte Cost. con la sentenza n. 228 del 2014 che ha dichiarato l’illegittimità della presunzione di maggiori compensi desumibile dai prelevamenti effettuati dai titolari di reddito di lavoro autonomo). Mentre l’operazione bancaria di prelevamento conserva validità presuntiva nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, le operazioni bancarie di versamento hanno efficacia presuntiva di maggiore disponibilità reddituale nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l’efficacia adempiendo l’onere di dimostrare che “ne hanno tenuto conto ai fini della determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine” (in tal senso Cass. n. 2432 del 2017 e n. 3332 del 2020, che richiamano Cass., Sez. 5, n. 22514 del 2013 che ha ritenuto “priva di qualsivoglia riscontro normativo” la limitazione dell’ambito applicativo degli accertamenti bancari ai soli soggetti esercenti attività di impresa, artistica o professionale, con la precisazione, che qui occorre fare, dell’assoluta irrilevanza della sottoposizione del contribuente all’IRAP ai fini dell’operatività della presunzione legale posta dalle disposizioni in materia di accertamenti bancari).

6. Nel caso in esame, l’Agenzia delle Entrate ha individuato la contribuente quale autrice dei versamenti delle somme risultanti dal conto corrente alla medesima intestata; pertanto, avvalendosi legittimamente della presunzione stabilita dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, comma 1, n. 2, l’ha ritenuta titolare del reddito corrispondente, qualificandolo correttamente quale reddito da lavoro autonomo, escludendo che tale attività fosse anche autonomamente organizzate e come tale assoggettabile ad IRAP.

7. La CTR ha, quindi, correttamente rigettato l’appello della contribuente, conformandosi ai sopra citati principi e rilevando che la M., che ne era onerata a norma del citato art. 32, non aveva fornito la prova che aveva tenuto conto dei versamenti effettuati sul proprio conto corrente nella dichiarazione dei redditi, ovvero che si trattava di disponibilità reddituale esente da imposta. Affermazione, questa, neppure adeguatamente contestata.

8. Conclusivamente, il ricorso va rigettato con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate come in dispositivo.

PQM

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.100,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 24 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2020

 

 

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