Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25633 del 30/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 30/11/2011, (ud. 26/10/2011, dep. 30/11/2011), n.25633

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 21772/2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

MARSICA SRL SOCIETA’ IN LIQUIDAZIONE (OMISSIS) in persona del

liquidatore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ZANARDELLI 20,

presso lo studio degli avvocati ALBISINNI Luigi e BUONAFEDE ACHILLE,

che la rappresentano e difendono, giusta procura speciale a margine

del controricorso;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA GERIT SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 285/1/2008 della Commissione Tributaria

Regionale di ROMA del 10.6.08, depositata il 09/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO VALITUTTI.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IMMACOLATA

ZENO.

La Corte:

Fatto

FATTO E DIRITTO

– rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“Con sentenza n. 285/1/08, la CTR del Lazio accoglieva l’appello proposto dalla Marsica s.r.l. in liquidazione avverso la sentenza di primo grado, con la quale era stato rigettato il ricorso proposto dalla contribuente nei confronti della cartella di pagamento per IVA ed IRPEG per l’anno di imposta 2000. Il giudice di appello riteneva, invero, affetta da nullità l’impugnata cartella esattoriale, poichè mancante dell’indicazione del responsabile del procedimento, ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 7 e della L. n. 241 del 2000, art. 5.

Avverso la sentenza n. 285/1/08 ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate affidato ad un unico motivo, con il quale deduce la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, della L. n. 241 del 2000, art. 5 e del D.L. n. 248 del 2007, art. 36, in convertito nella L. n. 31 del 2008, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. L’intimata Marsica s.r.l. ha replicato con controricorso.

Il ricorso appare manifestamente fondato.

Ed invero, contrariamente a quanto affermato dal giudice di appello, l’indicazione del responsabile del procedimento negli atti dell’Amministrazione finanziaria non è richiesta, dalla L. n. 212 del 2000, art. 7 (c.d. Statuto del contribuente), a pena di nullità, in quanto tale sanzione è stata introdotta per le sole cartelle di pagamento dal D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, art. 36, comma 4 ter, convertito, con modificazioni, nella L. 28 febbraio 2008, n. 31, applicabile soltanto alle cartelle riferite ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1 giugno 2008. Le disposizioni previgenti di cui della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 2, lett. a) e L. n. 241 del 2000, art. 5, non comportano, quindi, nel caso di omissione di tale indicazione, la nullità dell’atto, non concretandosi tali disposizioni in una previsione espressa di nullità, come confermato anche dalla menzionata norma di cui al D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 4 ter, che, nell’introdurre – come detto – specificamente la sanzione di nullità per le cartelle non indicanti il nome del responsabile del procedimento, fissa la decorrenza di tale disciplina dal 1 giugno 2008, precisando, con previsione a carattere interpretativo, e perciò applicabile retroattivamente, che la mancata indicazione dei responsabili dei procedimenti nelle cartelle di pagamento relative a ruoli consegnati – come nel caso concreto – prima di tale data non è causa di nullità delle stesse (Cass. S.U. 11722/10, Cass. 8613/11).

Di conseguenza, il ricorso può essere deciso in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1”;

– che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

– che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie.

Considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, riaffermato il principio di diritto sopra richiamato, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, mentre vanno compensate le spese dei gradi di merito.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente; condanna l’intimata al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00, oltre spese prenotate a debito; dichiara compensate le spese dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2011

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