Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25632 del 14/11/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 25632 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: MASSERA MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso 9608-2010 proposto da:
BRUNO

GIOVANNI

BRNGNN64C04C428B,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 267, presso lo
studio dell’avvocato CIARDO DANIELA (studio GHIA),
rappresentato e difeso dall’avvocato D’IPPOLITO
ARMANDO giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013

contro

1923

COMUNE DI CEGLIE MESSAPICA 81000180745, AUSL BR/1
01647800745;
– intimati –

1

Data pubblicazione: 14/11/2013

Nonché da:
COMUNE DI CEGLIE MESSAPICA 81000180745, in persona del
Sindaco pro-tempore Rag. LUIGI CAROLI, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA AUGUSTO BEVIGNANI 12, presso
lo studio dell’avvocato PALMA STEFANO, rappresentato e

atti;
– ricorrente incidentale contro

AUSL

BR/1

01647800745,

BRUNO

GIOVANNI

BRNGNN64C04C428B;
– intimati –

avverso la sentenza n. 132/2009 della CORTE D’APPELLO
di LECCE, depositata il 10/03/2009 R.G.N. 378/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/10/2013 dal Consigliere Dott. MAURIZIO
MAS SERA;
udito l’Avvocato ARMANDO D’IPPOLITO;
udito l’Avvocato STEFANO PALMA per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso per
l’accoglimento del 2 ° motivo del ricorso principale,
rigetto nel resto, rigetto del ricorso incidentale.

2

difeso dall’avvocato NASCA SALVATORE giusta delega in

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

.1 – Con sentenza in data 21 marzo 2005 il Tribunale di
Brindisi – Sezione distaccata di Francavilla Fontana – accolse
la domanda proposta da Giovanni Bruno e condannò il Comune di
Ceglie Messapica al pagamento di C. 115.625,00 a titolo di

ad attivare un ricovero per cani; nel contempo rigettò la
domanda di manleva avanzata dal Comune nei confronti della
chiamata in causa ASL BR1
.2 – Con sentenza in data 14 gennaio – 10 marzo 2009 la Corte
d’Appello di Lecce ridusse l’importo del risarcimento
riconosciuto al Bruno ad C. 43.100,00.
La Corte territoriale osservò per quanto interessa: lo stesso
appellante aveva ammessa la sussistenza dei presupposti per il
rilascio dell’autorizzazione, essendo stati emessi sia il
parere veterinario, sia quello sanitario, sia la concessione
edilizia; il Comune aveva ottemperato tardivamente alla
richiesta; l’entità del risarcimento doveva essere ridotta in
considerazione della rideterminazione del reddito d’impresa e
della perdita di chance.
.3 – Avverso la suddetta sentenza il Bruno ha proposto ricorso
per cassazione affidato a due motivi.
Il Comune di Ceglie Messapica ha proposto ricorso incidentale
articolato in tre motivi.
L’AUSL BR1 non ha espletato attività difensiva.
Il Comune di Ceglie Messapica ha presentato memoria.
3

risarcimento danni per il mancato rilascio dell’autorizzazione

MOTIVI DELLA DECISIONE

.1 – I due ricorsi, proposti avverso la medesima sentenza,
sono riuniti ex art. 366-bis c.p.c.
.2 – Ai ricorsi de quibus è applicabile ratione temporis
(proposti avverso sentenza depositata dopo il 2 marzo 2006 e

Secondo tale norma i motivi di ricorso debbono essere
formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto e,
in particolare, nei casi previsti dall’art. 360, n. l), 2), 3)
e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con
la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso
previsto dall’art. 360, primo comma, n. 5), l’illustrazione di
ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto
controverso in relazione al quale la motivazione si assume
omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la
dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a
giustificare la decisione.
Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua
funzione, la norma indicata (art. 366-bis c.p.c.) va
interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione
e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli
indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la
decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di
ricorso.
Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è
ormai jus receptum

(Cass.

n.
4

19892 del 2007)

che

prima del 4 luglio 2009) l’art. 366-bis c.p.c.

inammissibile,

per violazione

dell’art.

366-bis

c.p.c.,

introdotto dall’art. 6 del d.lgs. n. 40 del 2006, il ricorso
per cassazione nel quale esso si risolva in una generica
istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge
denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo

preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità,
imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di
sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva,
valutazione della avvenuta violazione della legge processuale
o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico-giuridica le
precedenti affermazioni della lamentata violazione.
In altri termini, la formulazione corretta del quesito di
diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la
fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo
tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede
l’affermazione.
Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun
motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara
indicazione del fatto controverso in relazione al quale la
motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le
– ragioni per le quali la dedotta insufficienza della
motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la
relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo
del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i
limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di

di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella

formulazione del ricorso e di valutazione della sua
ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).
.A) Ricorso principale Bruno
.3.1 – Il primo motivo adduce violazione e falsa applicazione
dell’art. 116 c.p.c. in relazione agli artt. 1223, 1226 e 2056

controversia.
Assume il ricorrente che la Corte territoriale ha liquidato in
via equitativa il danno omettendo di valutarne tutte le
componenti, come emergenti dalla risultanze processuali. In
particolare lamenta che è stato liquidato esclusivamente il
danno da perdita di chance e non anche il danno da mancato
guadagno che, invece, il Tribunale gli aveva riconosciuto.
.3.2 – La censura si snoda riferendo la parte che interessa
della sentenza di primo grado e alcune delle risultanze
processuali per attaccare il contenuto decisorio della
sentenza impugnata senza, però, addurre argomentazioni
specifiche idonee a dimostrarne l’erroneità.
Occorre rilevare che il Bruno convenne in giudizio il Comune
di Ceglie Messapica per ottenere il risarcimento del danno
cagionatogli per

l’ingiustificato ritardo nel

rilascio

, dell’autorizzazione all’esercizio di un canile, da lui stesso
indicato nei mancati introiti delle rette per il ricovero dei
cani randagi. Il Tribunale riconobbe all’attore il mancato
guadagno provocato dalla revoca dell’aggiudicazione

c.c.; insufficiente motivazione circa un punto decisivo della

dell’appalto assunto con il Comune di Pulsano e la perdita di
chances.
La

Corte

d’Appello

ha

rilevato

che:

a)

occorreva

necessariamente procedere alla liquidazione equitativa
considerando la perdita di chance; b) il reddito d’impresa

in pieno regine – come calcolato dal C.T.U. – ma considerando
la potenzialità media della struttura, anche in ragione del
rischio d’impresa e dell’incidenza fiscale; c) la
disponibilità manifestata dal Comune di Pulsano riguardo
all’affidamento di cani randagi (il Comune appellante aveva
rilevato che essa era stata manifestata in epoca in cui il
Bruno non aveva ottenuto il rilascio del parere veterinario)
doveva essere valutata come mero indizio di capacità di
produzione del reddito.
In sostanza la sentenza impugnata ha eliminato quella che ha
ritenuto essere una duplicazione risarcitoria.
Questa ratio decidendi non trova adeguata censura negli
argomenti sviluppati dal ricorrente.
Ma, soprattutto, il motivo in esame è assistito da un duplice
quesito finale che non dà ragione delle asserite violazioni e
false applicazioni (che non sono sinonimi e, quindi, canno
specificate) di norme di diritto, ma che sostanzialmente
chiede alla Corte di esprimere valutazioni sulla negata
correttezza della sentenza impugnata, mentre manca del tutto
il momento di sintesi necessario non solo per circoscrivere il
7

andava determinato non con riferimento al reddito del canile

fatto controverso, ma anche per specificare in quali parti e
per quali ragioni la motivazione della sentenza si riveli
insufficiente.
.4.1 – Il secondo motivo denuncia violazione e falsa
applicazione dell’art. 1224 c.c.; omessa, insufficiente

Il tema è la liquidazione degli interessi moratori sulla somma
liquidata a far tempo dal 2007 e non dal giorni della messa in
mora del Comune.
.4.2 – La censura è inammissibile per due ordini di ragioni.
In primo luogo poiché, in violazione dell’art. 366, n. 3
c.p.c., non riferisce le pertinenti parti della sentenza di
primo grado necessarie alla Corte, che non ha accesso diretto
agli atti, per verificare in quali precisi termini essa avesse
liquidato gli interessi. Tale adempimento sarebbe stato tanto
più necessario in quanto, ove la questione non fosse stata
devoluta al giudice d’appello, questi non avrebbe potuto
modificare la statuizione del Tribunale per non incorrere
nella violazione dell’art. 112 c.p.c.; per contro, ove la
Corte territoriale avesse pronunciato negli stessi termini del
Tribunale, si tratterebbe di statuizione non più impugnabile
in questa sede non avendo formato oggetto di specifico motivo
di appello.
Ragioni

di

completezza

consigliano

di

rilevare

che,

trattandosi di debito di valore, la sentenza impugnata risulta
in armonia con l’insegnamento di questa Corte.
8

motivazione circa un punto decisivo della controversia.

Sotto diverso profilo,

il

triplice quesito

finale

è

inammissibile per le medesime ragioni indicate con riferimento
al primo motivo.
.5 – Pertanto il ricorso principale è inammissibile.
.B) Ricorso incidentale Comune di Ceglie Messapica

7 maggio 2010, averso sentenza che lo stesso Comune aveva
notificato alle controparti il 3 febbraio 2010, quindi oltre
il termine di sessanta giorni stabilito dall’art. 325, comma 2
c.p.c.
Pertanto l’inammissibilità del ricorso principale ne determina
l’inefficacia, ai sensi dell’art. 334, comma 2 c.p.c.
.7 – L’esito del giudizio giustifica la compensazione delle
spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

Pronunciando sui ricorsi riuniti, dichiara inammissibile il
ricorso principale, inefficace l’incidentale. Spese del
giudizio di cassazione compensate.
Roma 16.10.2013.

.6 – Il ricorso incidentale è tardivo, poiché proposto in data

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