Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25631 del 14/11/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 25631 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: AMATUCCI ALFONSO

SENTENZA

sul ricorso 25729-2008 proposto da:
MATTIOLI TONINO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio
dell’avvocato MANZI LUIGI, rappresentato e difeso
dall’avvocato MAllONI GIANLUIGI giusta delega in
atti;
– ricorrente contro

BERTELLI

MARCO

brtmrc65s18c469n,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 388, presso lo
studio dell’avvocato CORSALE PAOLO, rappresentato e

1

Data pubblicazione: 14/11/2013

difeso dagli avvocati TORRELLA EZIO, BORDONI STEFANO
giusta delega in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 596/2008 della CORTE D’APPELLO
di BOLOGNA, depositata il 10/04/2008 R.G.N.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/10/2013 dal Consigliere Dott. ALFONSO
AMATUCCI;
udito l’Avvocato STEFANO BORDONI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

2

1181/2005;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
l.- Nel 2000 Tonino Mattioli agì giudizialmente nei confronti

di Marco Bertelli per la restituzione della somma di lire
47.796.126, che affermò di avergli erogato con assegni circolari
e bancari emessi tra il 1992 ed il 1995 per consentirgli il

(del Bertelli) abitazione. Affermò di aver effettuato le
erogazioni a titolo di mutuo e, per l’ipotesi che si fosse
esclusa la ricorrenza di un contratto di mutuo, chiese in via
subordinata che le somme gli fossero restituite per
l’arricchimento senza causa del convenuto.
Il Bertelli resistette, tra l’altro rappresentando che gli
importi erano stati erogati durante la convivenza dell’attore
con la propria madre.
Il Tribunale di Ferrara (con sentenza n. 674/ 2004) accolse la
domanda e condannò il convenuto al appagamento di C 33.077,40,
oltre agli interessi legali dal 19.4.2000.
2- Con sentenza n. 596 del 2008 la Corte d’appello di Bologna,

in accoglimento del gravame del Bertelli, ha invece rigettato la
domanda sul rilievo che erano bensì pienamente provate le
erogazioni delle somme da parte dell’attore per lo scopo dallo
stesso prospettato ma che era mancata qualsiasi prova circa
l’assunzione dell’obbligazione restitutoria da parte del
Bertelli, sicché non era stata dimostrata la ricorrenza degli
elementi costitutivi del contratto di mutuo.

3

pagamento delle rate del mutuo acceso per l’acquisto della sua

3. Avverso la sentenza ricorre per cassazione Tonino Mattioli,
affidandosi a due motivi illustrati anche da memoria.
Marco Bertelli resiste con controricorso.

moTrvI

a)

Il ricorrente censura la sentenza:
col primo motivo, per omessa pronuncia sulla propria

subordinata domanda di arricchimento senza causa

ex art. 2041

c.c., dolendosi che la Corte d’appello ne abbia completamente
prescisso, rigettando la richiesta restitutoria dopo avere bensì
escluso che ricorresse un contratto di mutuo, ma senza
scrutinare se l’attore avesse titolo ad essere indennizzato per
l’ingiustificato arricchimento del convenuto a fronte della
propria diminuzione patrimoniale;
b) col secondo motivo, per falsa applicazione dell’art. 1813
c.c. e dei principi in tema di contratto di mutuo, per non avere
la Corte d’appello ritenuto – laddove aveva escluso che fosse
stata data la prova della conclusione di un contratto di mutuo
in ragione della insussistenza di risultanze attestanti
l’assunzione da parte del Bertelli dell’obbligazione di
restituire il denaro ricevuto – che sussistevano elementi tali
da autorizzare una presunzione in tal senso.
2.- Il secondo motivo, il cui esame è logicamente preliminare,
è infondato.
E’ consolidato il principio secondo il quale, “qualora
l’attore fondi la sua domanda su un contratto di mutuo, la
circostanza che il convenuto ammetta di avere ricevuto una somma

4

l.

DELLA DECISIONE

di denaro dall’attore, ma neghi che ciò sia avvenuto a titolo di
mutuo, non costituisce una eccezione in senso sostanziale, sì da
invertire l’onere della prova, giacché negare l’esistenza di un
contratto di mutuo non significa eccepirne l’inefficacia, la
modificazione o l’estinzione, ma significa negare il titolo

aver ricevuto una somma di denaro ed indichi la ragione per la
quale tale somma sarebbe stata versata, con la conseguenza,
pertanto, che rimane fermo l’onere probatorio a carico
dell’attore” (cfr.,

Cass. n. 6295/2013, 2653/2003,

ex multis,

1461/2000, 7343/1996).
Tanto non è contestato dal ricorrente, il quale sostiene
invece che (a) la coincidenza fra le erogazioni delle somme al
Bertelli e l’adempimento da parte sua di altre obbligazioni
dello stesso importo, (b) la ravvisata irrilevanza della
relazione sentimentale tra il Mattioli e la madre del Bertelli,
(c) la negazione di ogni rapporto diretto tra il Mattioli ed il
Bertelli, (d) l’affermazione di un teste nel senso che il
Mattioli aveva elargito gli importi per consentire al Bertelli
il pagamento delle rate di un mutuo e che ne avrebbe poi chiesto
la restituzione, tutte tali circostanze avrebbero consentito
univocamente di inferire che non altro che un mutuo poteva
essere stato contratto.
Ma, al di là di ogni apprezzamento sulla consequenzialità
logica di tali considerazioni, la doglianza non attiene allora
in alcun modo alla denunciata falsa applicazione dell’art. 1813

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posto a base della domanda, ancorché il convenuto riconosca di

c.c.; concerne piuttosto le regole normative di cui agli artt.
2727 e 2729 c.c. (di cui non si assume peraltro la violazione) e
la valutazione dei fatti compiuta dal giudice del merito.
3.-

Infondato è anche il primo motivo, relativo all’omessa

pronuncia sulla subordinata domanda dell’odierno ricorrente

Con l’originario atto di citazione tale domanda era stata
proposta per l’ipotesi in cui fosse stata esclusa la possibilità
di esperire un’azione

ex contractu

(letteralmente:

“qualora non

venisse riconosciuta la natura di contratto di mutuo alla
dazione di somma effettuata dal Mattioli”

(così l’atto di

citazione, a pag. 3, n.2).
Con la comparsa di risposta in appello il Mattioli aveva
ribadito /e domande, deduzioni ed ogni attività difensiva
come espletata in primo grado, che devono intendersi qui
integralmente riproposte ad ogni effetto. Senza che il presente
atto possa valere quale rinuncia alcuna”.
3.1.-

E’ noto che, in mancanza di una norma specifica sulla

forma nella quale la parte che voglia evitare la presunzione di
rinuncia ex art. 346 cod. proc. civ. deve reiterare le domande e
le eccezioni non accolte in primo grado, queste possono essere
riproposte in qualsiasi forma idonea ad evidenziare la volontà
di riaprire la discussione e sollecitare la decisione su di
esse. Tuttavia, pur se libera da forme, la riproposizione deve
essere fatta in modo specifico, non essendo al riguardo
sufficiente un generico richiamo alle difese svolte ed alle

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(attore in primo grado) di arricchimento senza causa.

conclusioni prese davanti al primo giudice (cfr.,

ex multis,

Cass, n. 10796/2009 in fattispecie relativa alla decadenza
dell’appellante e, in relazione a casi relativi alla decadenza
dell’appellato, Cass. nn. 23925/2010 e 12644/2004).
Per richiamare in discussione le eccezioni e le questioni che

nel merito in primo grado è insomma tenuta a manifestare in modo
non equivoco la sua volontà di chiederne il riesame in appello,
riproponendole espressamente in modo chiaro e preciso
plurimis,

(ex

Cass., nn. 8854/2007 e 3195/2004). Ed è stato chiarito

che tale riproposizione può ritenersi rituale solo se chiarezza
e precisione siano sufficienti a renderla inequivocamente
intellegibile per la controparte ed il giudicante (Cass. n.
27570/2005).
Ebbene, nella specie va escluso che tali requisiti ricorrano
nella modalità di riproposizione sopra riportata, comunque
costituita da un mero richiamo generico, ovviamente
insuscettibile di assumere caratteri di chiarezza e precisione
in ragione della precisazione che la “memoria difensiva e di
costituzione” non poteva comunque essere letta come rinuncia.
Da tanto deriva che, non essendo stata la domanda di
ingiustificato arricchimento ritualmente riproposta in appello,
essa non aveva costituito oggetto di devoluzione, con la
conseguente infondatezza del denunciato vizio di omessa
pronuncia da parte del giudice dell’impugnazione.
4.- Il ricorso va conclusivamente respinto.

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risultino superate o assorbite, la parte pienamente vittoriosa

Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna

il ricorrente alle spese, che

liquida in C 4.700, di cui C 4.500 per compensi, oltre agli
accessori di legge.

Il presidente

Il Funzionario A
Innocenzo • .5

STA

Roma, 16 ottobre 2013

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