Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25630 del 22/09/2021

Cassazione civile sez. trib., 22/09/2021, (ud. 23/06/2021, dep. 22/09/2021), n.25630

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. est. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. R.G. 25557/2015, proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– Ricorrente principale –

contro

Fallimento di “(OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, in persona del

curatore Dott. S.G., rappresentato e difeso dall’avv.

Luigi Amendola, giusta autorizzazione del giudice delegato del

Tribunale di Salerno del 24 novembre 2015 e procura speciale in

atti, elettivamente domiciliato in Roma, Via Portuense, n. 104.

Controricorrente – Ricorrente incidentale –

Avverso la sentenza n. 3104/15 depositata in data 2 aprile 2015,

della Commissione tributaria regionale della Campania, sezione

distaccata di Salerno, (di seguito, CTR), non notificata.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 23 giugno

2021 dal Consigliere Rosita D’Angiolella.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Nelle more di una verifica fiscale dell’Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di Salerno, effettuata nei confronti della società (OMISSIS) s.r.l., quest’ultima, in data (OMISSIS) veniva posta in liquidazione e, con effetto dalla data del (OMISSIS) veniva dichiarata fallita con sentenza n. 61/2010 del Tribunale di Salerno.

2. Conclusasi la verifica fiscale, l’Agenzia delle entrate notificava al Fallimento della (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, avviso di accertamento, per l’anno 2007, per maggiore Iva, Ires, e Irap, con il quale contestava sei rilievi: 1) realizzo di plusvalenza non tassata, ex art. 86 t.u.i.r., per un importo di Euro 976.294,00; 2) costi indeducibili, D.P.R. n. 546 del 1992, ex art. 109, per Euro 964,00; 3) costi “di struttura” per affiliazione ad altra società, indeducibili, D.P.R. n. 546 del 1992, ex art. 109, per Euro 3.836.001,08; 4) costi indeducibili, D.P.R. n. 546 del 1992, ex art. 109, per Euro 3.245,15; 5) costi non documentati per Euro 938,92; 6) interessi passivi indeducibili, per Euro 753,37.

2. Il Fallimento, previa autorizzazione del G.D., ricorreva avverso il predetto avviso di accertamento alla Commissione tributaria provinciale di Salerno chiedendo l’annullamento dell’avviso ed in subordine, la riduzione dell’accertamento.

3. La Commissione tributaria provinciale adita accoglieva in parte il ricorso, annullando il rilievo n. 3 concernente la violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, e, quindi, il recupero a tassazione di costi indeducibili, per Euro 3.836.001,08.

4. L’Agenzia delle entrate proponeva appello chiedendo la riforma della sentenza di prime cure in ordine all’annullamento del rilievo n. 3, mentre il Fallimento proponeva appello incidentale dolendosi della illegittimità del recupero a tassazione della plusvalenza e del conseguente recupero a tassazione ai fini IRES, per Euro 976.294,00.

5. La CTR, con la sentenza in epigrafe, accoglieva l’appello incidentale del Fallimento in ordine alla plusvalenza e rigettava l’appello principale dell’Agenzia delle entrate, confermando il recupero a tassazione di cui al rilievo n. 3.

6. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo un unico motivo.

7. Il Fallimento ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo.

8. Il Sostituto Procuratore Generale, nella persona del Dott. Giacalone Giovanni, ha presentato memoria telematica, concludendo per il rigetto sia del ricorso principale che di quello incidentale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo di ricorso principale, l’Agenzia delle entrate deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione di legge (art. 86 t.u.i.r., comma 4, e art. 2697 c.c.), nella parte in cui ha annullato l’avviso di accertamento con riguardo alla ripresa a tassazione della plusvalenza derivante da operazioni straordinarie effettuate nel corso dell’anno 2007, dalla società poi fallita, per un realizzo complessivo di Euro 1.220.367,57, senza tener conto che tali operazioni andavano classificate nella voce “E20” del conto economico, quali proventi straordinari e non, invece, quali ricavi ordinari (classificati dalla società fallita nel conto “merci in vendita al dettaglio” al rigo RF70), e nella parte in cui non ha posto a carico della società fallita, ma dell’Ufficio, l’onere di provare l’eventuale inserimento delle quote rateizzate negli esercizi successivi.

2. Il ricorso è infondato.

2.1. In fatto, è pacifico che la contribuente non aveva compilato la dichiarazione dei redditi, per l’anno 2007, nella parte specificamente destinata all’opzione per la rateizzazione delle plusvalenze nell’anno in corso e nei quattro anni successivi (art. 86 t.u.i.r., comma 4) e che aveva recuperato a tassazione nell’anno successivo (2008) il secondo quinto della plusvalenza in continuità con la scelta effettuata per l’anno 2007. Il giudice di appello ha ritenuto che il comportamento tenuto dalla società era da considerarsi concludente “sotto il profilo della scelta di diluire in cinque anni la tassazione della sopravvenienza del 2007” e che da tale omissione, avente natura meramente formale, non poteva farsi discendere l’impossibilità di rateizzare la plusvalenza, essendo tale conseguenza prevista esclusivamente in caso di mancata presentazione della dichiarazione dei redditi e non in caso di mancata indicazione nell’apposita casella della richiesta di rateizzazione nella dichiarazione regolarmente presentata.

2.2. Il ragionamento della CTR è immune dalle censure prospettate considerato che trova il favore della giurisprudenza di questa Corte che, in fattispecie analoga, in applicazione del combinato disposto del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 86, comma 2 (secondo cui: “le plusvalenze realizzate…, determinate a norma del comma 2, concorrono a formare il reddito per l’intero ammontare nell’esercizio in cui sono state realizzate, ovvero, se i beni sono stati posseduti per un periodo non inferiore a tre anni, o a un anno, per le società sportive professionistiche, a scelta del contribuente, in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi, ma non oltre il quarto. La predetta scelta deve risultare dalla dichiarazione dei redditi; se questa non è presentata la plusvalenza concorre a formare il reddito per l’intero ammontare nell’esercizio in cui è stata realizzata”) e del D.P.R. n. 442 del 1997, art. 1, comma 1 (secondo cui: “l’opzione e la revoca di regimi di determinazione dell’imposta o di regimi contabili si desumono da comportamenti concludenti del contribuente o dalle modalità di tenuta delle scritture contabili”), ha affermato il principio in base al quale là dove l’opzione per la rateizzazione non risulti dalla dichiarazione dei redditi, la relativa volontà può desumersi, dal comportamento concludente del contribuente il quale, D.P.R. n. 442 del 1997, ex art. 1, comma 1, abbia “spalmato” le stesse nelle dichiarazioni dei redditi dell’anno cui si riferiscono e nei quattro anni successivi, secondo quote costanti (cfr., Sez. 5, 20/06/2018, n. 16242; id., in tema di redditi di impresa, Sez. 5, 13/05/2021, n. 12823, entrambe tali pronunce si riportano i principi affermati da Sez. 5, / 25/11/2011 n. 24944).

2.3. Nella fattispecie in esame, ove risulta acclarato dal giudice di appello che la plusvalenza è stata effettivamente rateizzata in quote costanti che sono confluite nelle dichiarazioni dei redditi relative agli anni in contestazione, non v’e’ motivo di discostarsi dai su esposti principi, considerato che il comportamento concludente della società contribuente ha realizzato, per facta concludentia, quella manifestazione di volontà di scegliere la rateizzazione del quinto di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 86, comma 4.

3. Il ricorso incidentale della Curatela è inammissibile.

3.1. La Curatela censura la sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 5, e del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, per aver erroneamente la CTR ritenuto legittimo il recupero a tassazione dei costi indeducibili, per Euro 3.000.836,00, contabilizzati al conto “addebito costi di struttura”, così confliggendo con i principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte in materia di utilizzabilità, in sede contenziosa, di documenti non esibiti dal contribuente nel corso di verifiche fiscali; a tal fine deduce che per provare la deducibilità dei relativi costi aveva depositato tutta la documentazione contabile disponibile, pur nelle difficoltà conseguenti alla crisi aziendale che aveva determinato il fallimento.

3.2. I giudici di secondo grado hanno ritenuto legittima la ripresa a tassazione di costi cd. di struttura per affiliazione della società fallita alla Cavamerket s.p.a., affermando, dopo aver verificato gli elementi documentali esistenti agli atti processuali, che non era possibile risalire ai dati contabili dei costi di struttura (versamento in favore della società affiliante dell’1% del fatturato di acquisto) che sarebbero stati, invece, ricostruibili attraverso la documentazione contabile non esibita dalla contribuente, né in sede di verifica né nel corso di giudizio. La ratio decidendi della decisione qui gravata, si fonda, dunque, sulla mancata indicazione probatoria, da parte della Curatela, dei costi da ripartire come è evidente dal passo motivazionale conclusivo della decisione che qui si riporta interamente: “In definitiva, con la stampa dei registri obbligatori ai fini delle imposte dirette, il contribuente rende certi e determinati gli importi che farà valere ai fini dichiarativi assumendosi anche la responsabilità (ai fini fiscali) di quanto riportato nella sua contabilità. In atti risulta solo il tardivo deposito di un (compact disk) cd che riporterebbe i dati relativi a due conti di registrazione contabile ma non ha mai fornito copia conforme di registri contabili riportanti i dati di cui richiede tenersi conto ai fini della controversia in esame. Anche la produzione di bilanci relativi agli anni in questione potevano fornire dati ormai consolidati netti pubblici. Manca comunque ogni indicazione in ordine costi di distribuzione da ripartire. Sicché il recupero a tassazione dei predetti costi di affiliazione non può che essere confermato così come la decisione del primo giudice su tale punto”.

3.3. L’inammissibilità del mezzo incidentale si trae dalla considerazione che esso si appunta su una questione (utilizzabilità in sede contenziosa della documentazione non esibita in sede di verifiche fiscali) che trascende del tutto, fino a risultare del tutto eccentrica, dalla ratio decidendi della decisione impugnata che, come già evidenziato, si fonda essenzialmente sul mancato assolvimento dell’onere, in capo alla Curatela, di provare (rectius, di indicare in bilancio) i costi di distribuzione da ripartire. Nell’argomentare la legittimità della ripesa ai tassazione dei costi di struttura la CTR, a differenza di quanto assume il ricorrente, non tocca affatto il tema della utilizzabilità della documentazione, che anzi utilizza – con la compiuta verifica esposta alle pagine 5 e 6 della motivazione – con una compiuta verifica del contenuto del contratto di affiliazione nonché dei dati del compact disc depositato dalla Curatela, ma concludendo per la totale irrilevanza probatoria dei dati in questione.

4. Stante la soccombenza reciproca, le spese del presente giudizio di legittimità vengono interamente compensate tra le parti. Non sussistono i presupposti per il versamento da parte dell’Agenzia delle entrate del cd. doppio contributo, trattandosi di amministrazione pubblica ammessa a prenotazione a debito.

PQM

Rigetta il ricorso principale.

Rigetta il ricorso incidentale.

Compensa interamente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della V sezione civile, il 23 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2021

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