Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25625 del 14/11/2013
Civile Sent. Sez. 3 Num. 25625 Anno 2013
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA
Ud. 09/10/2013
SENTENZA
PU
sul ricorso 30164-2007 proposto da:
ROMANO PATRIZIA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA TORQUATO TARAMELLI 5, presso lo studio
dell’avvocato MASSIGNANI GIANNI, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato MURITI MICHELE giusta
delega in atti;
– ricorrente contro
MARCHETTO ROBERTO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA MASSAROSA 3, presso lo studio dell’avvocato AMICI
GIANCARLO, che lo rappresenta e difende unitamente
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Data pubblicazione: 14/11/2013
all’avvocato TEGHIL ADRIANA giusta delega in atti;
– controricorrente
–
avverso la sentenza n. 453/2007 del TRIBUNALE di
TRIESTE, depositata il 13/04/2007 R.G.N. 3898/04;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
del
09/10/2013
dal
Consigliere
Dott.
FRANCESCO MARIA CIRILLO;
udito l’Avvocato GIANCARLO AMICI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.
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udienza
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.
A seguito del prelevamento, da parte di Patrizia
Romano, di titoli appartenenti alla comunione legale fra la
medesima ed il coniuge Roberto Marchetto per il valore di
circa 175 milioni di lire, quest’ultimo otteneva dal Tribunale
titoli azionari in parte di proprietà esclusiva della Romano e
in parte della comunione legale fra i coniugi.
Con sentenza passata in giudicato il Tribunale di Venezia
– davanti al quale era stato promosso il conseguente giudizio
di merito – condannava la Romano a ricostituire, ai sensi
dell’art. 184, terzo comma, cod. civ., la comunione legale
nello stato in cui si trovava prima del prelevamento o, in
caso di impossibilità, al pagamento per equivalente.
A seguito di tale pronuncia, il Marchetto promuoveva
procedura di esecuzione forzata, davanti al Tribunale di
Trieste, chiedendo che, previa applicazione dell’art. 686 cod.
proc. civ., si procedesse alla vendita forzata delle azioni a
suo tempo sottoposte a sequestro.
2.
Avverso
tale
procedura
proponeva
opposizione
all’esecuzione la Romano e il Tribunale di Trieste, con
sentenza del 13 aprile 2007,
respingeva l’opposizione,
condannando l’opponente alle spese di lite.
Osservava il Tribunale che l’esecuzione oggetto di
opposizione trovava il proprio fondamento nel provvedimento di
sequestro conservativo concesso dal Tribunale di Venezia.
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di Venezia un provvedimento di sequestro conservativo di
Nel caso specifico, i coniugi Romano-Marchetto avevano
acquistato, nel corso del matrimonio, fondi di investimento ed
altri titoli per circa 350 milioni di lire, i quali, benché
formalmente intestati alla moglie, dovevano ritenersi
ricadenti nella comunione legale, in quanto proventi
che la Romano, liquidando titoli per un valore di circa 175
milioni di lire, aveva compiuto un atto di straordinaria
amministrazione senza il necessario consenso dell’altro
coniuge; di qui la decisione del Tribunale di Venezia di
confermare il sequestro, con condanna della moglie alla
ricostituzione della comunione nello status quo ante.
E poiché il sequestro conservativo, ai sensi dell’art. 686
cod. proc. civ., si converte
ipso iure
in pignoramento nel
momento in cui il sequestrante ottiene sentenza di condanna
esecutiva, l’opposizione doveva essere rigettata, siccome
infondata in fatto e in diritto.
3. Avverso la sentenza del Tribunale di Trieste propone
ricorso Patrizia Romano, con atto affidato a due motivi.
Resiste Roberto Marchetto con controricorso.
La ricorrente ha presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
l. Col primo motivo di ricorso si lamenta, omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio, oltre a violazione
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dell’attività separata di ciascuno dei coniugi. Ne conseguiva
dell’art.
132,
n.
4),
cod. proc.
civ. per motivazione
apparente.
La ricorrente, dopo aver riassunto le principali tappe
processuali della vicenda, rileva che la sentenza impugnata
non contiene alcun riferimento ai motivi dell’opposizione
rilievo per cui la sentenza del Tribunale di Venezia posta in
esecuzione non conteneva affatto un ordine alla Romano di
pagare alcunché a favore del Marchetto; la Romano era stata
condannata a ricostituire la comunione fra coniugi, comunione
che era divenuta ordinaria a seguito della separazione legale
tra i medesimi. L’esecuzione della sentenza, quindi, poteva
avere luogo solo assegnando i beni pignorati pro quota,
senza
che il Marchetto potesse pretendere la vendita forzata dei
titoli, poiché nella comunione, anche ordinaria, è necessario
il consenso di tutti i partecipanti per gli atti di
alienazione.
Il Tribunale, pur dimostrando di avere contezza di tali
argomentazioni nel provvedimento di sospensione
dell’esecuzione in un primo tempo disposto, ha poi rigettato
l’opposizione all’esecuzione con una motivazione del tutto
apparente, in quanto non idonea a far comprendere le ragioni
della decisione e senza tenere in alcun conto le prospettate
ragioni di opposizione.
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all’esecuzione proposta. Quest’ultima, infatti, si fondava sul
2. Col secondo motivo di ricorso si lamenta violazione
degli artt. 184, 191, 192, 1108 e 2910 cod. civ., nonché
dell’art. 491 del codice di procedura civile.
Rileva la ricorrente che l’esecuzione della sentenza
emessa dal Tribunale di Venezia implicava, a suo carico,
impossibilità, l’obbligo di pagamento dell’equivalente. Ora,
la ricostituzione non poteva avvenire versando somme all’ex
marito, ma solo versandole in favore della comunione; risulta,
quindi, «paradossale» la pretesa del Marchetto di pignorare le
azioni che già appartengono alla comunione legale,
allo scopo
di ottenerne la vendita forzata con destinazione del ricavato
alla medesima comunione.
3.
I due motivi di ricorso,
che vanno trattati
congiuntamente, sono fondati nei termini che ora verranno
precisati.
3.1. E’ pacifico che il Marchetto, ex coniuge della
Romano, aveva a suo tempo ottenuto un sequestro conservativo
di azioni della s.p.a. Assicurazioni generali per un valore
complessivo di lire 168.154.227, azioni appartenenti in parte
alla Romano ed in parte alla comunione legale (v. sentenza
impugnata alla p. 3, senza contestazioni sul punto). La
sentenza in esame aggiunge che il giudizio promosso dal
Marchetto nei confronti della Romano si era concluso con una
sentenza che condannava quest’ultima a ricostituire, ai sensi
dell’art. 184, terzo comma, cod. civ., la comunione legale
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l’obbligo di ricostituzione della comunione o, in caso di
nello stato in cui si trovava prima del prelevamento o, in
caso di impossibilità, al pagamento per equivalente.
Si può dunque affermare – alla luce di tali rilievi – che
il Marchetto aveva diritto di agire
in executivis
nei
confronti della Romano, sulla base del titolo costituito dalla
limiti dello stesso; tale diritto, però, era finalizzato ad
ottenere solo quanto il titolo stabiliva, ossia la
ricostituzione della consistenza del patrimonio della
comunione esistente tra gli ex coniugi, depauperata a causa
dai prelievi compiuti dalla Romano. Tale ricostituzione doveva
avvenire tramite l’aggressione, da parte del creditore
Marchetto, del patrimonio
individuale della debitrice, ma non
allo scopo di venderlo per soddisfarsi sul ricavato, bensì
allo scopo di ottenere che i beni della Romano andassero a
ricostituire, appunto, la consistenza della comunione nello
status quo ante.
3.2. A fronte di simile situazione, la sentenza impugnata
si snoda lungo due direttrici. Da un lato, essa si preoccupa
di ricostruire le tappe che hanno portato il Tribunale di
Venezia a pronunciare la sentenza che, come si è detto,
costituisce il titolo esecutivo; dall’altro, si sofferma a
lungo sulla natura del sequestro conservativo e sulla sua
conversione in pignoramento, secondo la previsione dell’art.
686 del codice di rito.
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sentenza del Tribunale di Venezia appena richiamata e nei
Tali argomentazioni
in particolare quelle sulla
conversione del sequestro conservativo – sono completamente
inconferenti rispetto al
thema decidendum del giudizio che il
Tribunale di Trieste doveva compiere, che era appunto un
giudizio di opposizione all’esecuzione.
conto, come si è detto, del fatto che i beni aggrediti dal
Marchetto con il sequestro conservativo poi convertitosi in
pignoramento non erano beni esclusivi della Romano, ma anche,
in parte, beni della comunione a suo tempo esistente tra gli
ex coniugi. Ed il Marchetto, alla p. 11 del controricorso,
riconosce come pacifico che oggetto del sequestro, e poi
dell’esecuzione, erano
851 azioni delle Generali,
«anche
acquistate prima del matrimonio dalla ricorrente, che non
fanno parte della comunione e che quindi sono proprietà
esclusiva di Romano Patrizia»; con ciò ammettendo che sono
stati oggetto di pignoramento
anche beni che erano già parte
della comunione.
Né assume alcuna importanza, al riguardo, stabilire se la
comunione da ricostituire fosse la comunione legale tra
coniugi o, invece, una comunione ordinaria, perché il problema
della sorte ulteriori di tali beni, ivi compresa l’eventuale
divisione e successiva vendita, si porrà soltanto in un
secondo momento, cioè quando la Romano avrà reintegrato
propri beni
con
la comunione, in esecuzione del giudicato del
Tribunale di Venezia.
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Nella specie, è lo stesso Tribunale di Trieste a dare
3.3. Risulta evidente, a questo punto, che la sentenza in
esame contiene una motivazione apparente e parzialmente errata
in diritto, perché non risponde in alcun modo alle
contestazioni fatte valere dalla Romano con l’atto di
opposizione. In tale atto l’odierna ricorrente da un lato
vendita forzata dei beni della Romano
allo scopo
di
incamerarne il ricavato, ma solo allo scopo di ricostituire il
patrimonio della comunione; dall’altro poneva in luce
l’evidente assurdità di procedere in esecuzione espropriando
beni che erano già, almeno in parte, appartenenti alla
comunione tra i coniugi.
4. In conclusione, il ricorso è accolto e la sentenza
impugnata è cassata nei limiti di cui in motivazione.
Al Giudice di rinvio che si designa nel medesimo
Tribunale di Trieste, in diversa composizione personale spetterà il compito di decidere l’opposizione all’esecuzione
proposta dalla Romano valutando se, ed in quale misura, siano
stati aggrediti anche beni già appartenenti alla comunione tra
coniugi, che dovrà essere ricostituita con beni appartenenti
esclusivamente alla Romano; entro tali limiti, infatti, dovrà
essere circoscritta l’esecuzione sostenuta dal titolo.
Al Giudice di rinvio è demandata anche la liquidazione
delle spese del presente giudizio di cassazione.
PER QUESTI MOTIVI
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evidenziava che il Marchetto non aveva diritto di ottenere la
La Corte
motivazione,
accoglie
il ricorso nei limiti di cui in
cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale
di Trieste, in diversa composizione personale, anche per la
liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza
Sezione Civile, il 9 ottobre 2013.