Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25620 del 12/11/2020

Cassazione civile sez. lav., 12/11/2020, (ud. 25/06/2020, dep. 12/11/2020), n.25620

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 358-2020 proposto da:

J.M., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato PAOLO SASSI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE SEZIONE DI

CAMPOBASSO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e

difesi dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici

domiciliano in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12, ope legis;

– resistenti con mandato –

avverso il decreto n. 2385/2019 del TRIBUNALE di CAMPOBASSO,

depositata il 31/10/2019 R.G.N. 2443/2018.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

Con ricorso al Tribunale di Campobasso, J.M., proveniente dal Gambia, impugnava la decisione della competente Commissione Territoriale con cui venne respinta la sua domanda di protezione internazionale, e delle altre forme sussidiarie di protezione, basate sul fatto che, a causa di una serie di lutti familiari, era rimasto solo nel suo Paese d’origine.

Il Tribunale rigettava la domanda non ravvisando nessuna delle condizioni previste dalla legge per il riconoscimento della protezione internazionale, anche sussidiaria, e neppure umanitaria.

Avverso tale pronuncia ricorre per cassazione il M. con tre motivi.

Il Ministero dell’Interno ha depositato memoria al solo scopo di partecipare alla discussione, che non vi è stata stante la natura camerale del procedimento.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.- Il ricorrente censura la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e artt. 35 bis, 8,9,14 e art. 27, comma 3, D.Lgs. n. 25 del 2008; del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 1, lett. e) e g), artt. 3, 5, 7, 14, 16 e 19 oltre al mancato esame di un fatto decisivo consistente nella vicenda personale del ricorrente, rimasto solo e privo di riferimenti affettivi.

2.- Con secondo motivo lamenta la mancata acquisizione di informazioni precise ed aggiornate in ordine alla situazione generale esistente nel Paese d’origine (peraltro erroneamente indicato come (OMISSIS) e non (OMISSIS)).

I due motivi sono infondati.

La sentenza impugnata resiste alle censure esposte avendo motivato la non ricorrenza delle condizioni previste dalla legge in ordine alla protezione primaria e sussidiaria ed avendo escluso che la sola circostanza di aver perso (per cause naturali) i propri parenti nel Paese d’origine non consentiva neppure di riconoscere allo J. la protezione umanitaria possibile solo per gravi motivi in connessione con una particolare vulnerabilità del richiedente che nella specie non risulta neppure adeguatamente dedotta e poi adeguatamente evidenziata in sede di ricorso.

Quanto alla mancanza di accertamenti istruttori deve rilevarsi che il Tribunale ha acquisito un report di Amnesty International del 2018 da cui risultava che nel (OMISSIS) non sussistevano condizioni di violenza o pericolo, senza considerare che nella specie non è stata neppure allegata una situazione riconducibile ad una delle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7 nè di cui al D.Lgs. cit., art. 14 ed in particolare della sua (unicamente ipotizzabile nella specie) lett. c), che prevede la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona derivante da violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.

Converrà poi chiarire che un dovere di cooperazione istruttoria sussiste solo nella misura in cui sia stato almeno assolto dal ricorrente il suo onere di allegazione in ordine alle situazioni di pericolo lamentate.

Parimenti infondata è la seconda censura, con cui il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 111 Cost. per motivazione solo apparente, posto che il Tribunale ha adeguatamente esposto le ragioni, sopra rammentate, che imponevano il rigetto della domanda.

3.- Con terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 28 bis ed in sostanza della revoca, disposta dal Tribunale, dell’ammissione al gratuito patrocinio.

Il motivo è inammissibile posto che, seppure la detta revoca sia erronea (cfr., ex aliis, Cass. n. 7785/20), il ricorrente doveva far valere il suo diritto D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170 (Cass. n. 10487/20, n. 3028/18).

4.-11 ricorso deve essere pertanto rigettato.

Nulla sulle spese, non avendo il Ministero svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 25 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2020

 

 

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