Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25618 del 30/11/2011

Cassazione civile sez. lav., 30/11/2011, (ud. 25/10/2011, dep. 30/11/2011), n.25618

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.p.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Viale Giuseppe Mazzini n.

134, presso lo studio dell’Avv. Fiorillo Luigi, che la rappresenta e

difende per procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

V.A.;

– intimato –

per la cassazione della sentenza non definitiva della Corte di

Appello di Roma n. 4407/09 del 21.05.2009/8.09.2009 nella causa

iscritta al n. 4689 R.G. dell’anno 2008;

udita la relazione del Consigliere Dott. Alessandro De Renzis in data

5.08.2011;

vista la relazione ex art. 380 bis c.p.c. in data 25.10.2011 del

Cons. Dott. Alessandro De Renzis;

udito il PM. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Finocchi Ghersi Renato.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1. La Corte di Appello di Roma con sentenza non definitiva n. 4407 del 2009, nel confermare la decisione di primo grado, ha ribadito l’infondatezza dell’eccezione – di risoluzione consensuale per mutuo consenso del contratto di lavoro per il periodo 7.07.1998/30.09.1998 e per il periodo 23.12.1998/31.01.1999, stipulato della Poste Italiane con V.A. e motivato da esigenze eccezionali di riorganizzazione aziendale ex art. 8 CCNL 26.11.1994 e successivo accordo integrativo del 25.09.1997.

La Corte ha osservato che il mero rilievo temporale non appare sufficiente ad evidenziare rinuncia all’esercizio del diritto, se la condotta dell’interessato non sia accompagnata da altri concordanti comportamenti che, letti unitamente all’inerzia, possano essere interpretati quale manifestazione negoziale univoca.

La stessa Corte ha aggiunto che nel contesto in esame non sembrano esservi altri elementi dai quali trarre il convincimento che l’attesa prima dell’inizio dell’azione giudiziaria abbia avuto altri e più complessi significati.

La società Poste Italiane ricorre con un solo articolato motivo.

L’intimato V. non ha svolto attività difensiva.

2. La ricorrente contesta l’impugnata sentenza, per avere ritenuto, come già detto, che dalla semplice inerzia dell’interessato protrattasi per un certo periodo di tempo non possa desumersi la rinuncia all’esercizio del diritto. Al contrario, osserva la ricorrente, tale inerzia ha avuto una durata di oltre sei anni, a fronte di 5 mesi complessivi di lavoro svolto, sicchè sarebbe spettato al lavoratore provare le circostanze atte a contrastare la presunzione di estinzione del rapporto per mutuo consenso in relazione al prolungato disinteresse delle parti.

Le esposte censure sono infondate.

Va rilevato sul punto che questa Corte (cfr Cass. n. 25480 del 2009;

Cass. n. 15264 del 2007 e Cass. n. 23554 del 2004) ritiene che nel giudizio instaurato per il riconoscimento di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato (sul presupposto dell’illegittima apposizione al contratto di un termine finale scaduto) sia configurabile la risoluzione del rapporto di lavoro per mutuo consenso, ove sia accertata – per il tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto, nonchè per le modalità di tale conclusione, per il comportamento tenuto dalle parti e per altre eventuali circostanze significative – una chiara e comune volontà di porre fine ad ogni rapporto lavorativo; la valutazione del significato e della portata di tali elementi compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità, se non sussistono vizi logici o errori di diritto.

Orbene nel caso di specie l’impugnata sentenza ha fatto applicazione del richiamato indirizzo giurisprudenziale, in quanto ha ritenuto che l’esistenza di una chiara e certa comune volontà di porre fine ad ogni rapporto lavorativo non potesse essere desunta dalla sola circostanza oggettiva, quale la considerevole durata del lasso temporale intercorso tra cessazione di rapporto e la proposizione della domanda in sede giudiziaria (oltre sei anni), rendendosi necessario che la condotta dell’interessato fosse accompagnata da altri concordanti comportamenti che, letti unitamente all’inerzia, potessero essere interpretati quale manifestazione negoziale univoca.

Tale motivazione è da considerare immune da vizi logici e giuridici, in quanto, in adesione al richiamato indirizzo giurisprudenziale, evidenzia, come già detto, che non basta il mero trascorrere del tempo per desumere la chiara e certa volontà di entrambe le parti di ritenere definitivamente chiuso il rapporto lavorativo, essendo necessario individuare altra ed ulteriore significativa circostanza di fatto a sostegno della tesi della realizzazione del mutuo consenso.

Giova ricordare al riguardo che la giurisprudenza di questa Corte ha ulteriormente osservato che, ai fini dell’esaustività della motivazione, la formulazione del giudizio di carenza di interesse alla richiesta continuazione del rapporto trova nella lunghezza del lasso di tempo trascorso tra la cessazione e il promovimento dell’azione giudiziaria solo uno dei necessari riferimenti argomentativi. Deve, infatti, essere tenuto in adeguato conto anche il successivo comportamento tenuto dalle parti e debbono essere indicate ulteriori circostanze significative (Cass. n. 26935 del 2008 e Cass. n. 20390 del 2007), la cui prova è onere della parte che abbia dedotto la risoluzione (Cass. n. 2279 del 2010).

3. In conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

Nessuna statuizione va emessa sulle spese del giudizio di cassazione, non essendosi costituita la parte intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2011

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