Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25618 del 12/11/2020

Cassazione civile sez. lav., 12/11/2020, (ud. 25/06/2020, dep. 12/11/2020), n.25618

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 40-2020 proposto da:

K.I., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ROBERTO RICCIARDI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i

cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12, ope legis;

– resistente con mandato –

avverso il decreto n. 2394/2019 del TRIBUNALE di CAMPOBASSO,

depositata il 06/11/2019 r.g.n. 2539/2018;

Il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

Con ricorso al Tribunale di Potenza K.I., proveniente dal (OMISSIS), impugnava la decisione della Commissione Territoriale di Salerno (sez. Campobasso), con cui venne respinta la sua domanda di protezione internazionale, e delle altre forme sussidiarie di protezione, basate tuttavia solo sul timore di rappresaglie da parte di criminali locali (causa un debito familiare). Insiste per la comparazione tra la situazione nel Paese di origine e la dedotta avvenuta integrazione in Italia indicando allo scopo taluni contratti di lavoro a termine.

Con sentenza depositata il 20.10.19, il Tribunale di Potenza rigettava il ricorso.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il K., affidato ad unico motivo, mentre il Ministero dell’Interno ha presentato memoria al solo scopo di partecipare alla eventuale discussione.

La Procura Generale ha presentato conclusioni scritte con cui chiede l’accoglimento del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.- Il ricorrente lamenta la violazione di non meglio precisate norme di legge; una omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione del provvedimento impugnato; la mancanza di indagini istruttorie, essendosi limitato ad esaminare l’audizione del richiedente da parte della competente Commissione Territoriale.

Il motivo, ove anche si volesse prescindere dalla sua irrituale formulazione, è infondato.

Il Tribunale ha infatti accertato l’assenza di pericolo in (OMISSIS) e comunque che i fatti esposti non potevano ricondursi nè al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7 (mancando anche l’allegazione dell’esistenza di atti di persecuzione), nè all’art. 14 medesimo decreto, ed in particolare della sua lett. c) (mancando anche l’allegazione dell’esistenza di minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale).

Il Tribunale ha anche valutato che non era stata dedotta alcuna seria e verificabile ragione obiettiva, ma solo il soggettivo timore di subire ritorsioni da parte della criminalità comune.

Quanto alla protezione umanitaria deve rimarcarsi che la sentenza impugnata è uniforme al prevalente orientamento di legittimità (cfr. Cass. ord n. 7599/20) secondo cui il giudice deve valutare la sussistenza di situazioni di vulnerabilità personale dello straniero derivanti dal rischio di essere immesso nuovamente, in conseguenza del rimpatrio, in un contesto sociale, politico o ambientale capace di determinare una significativa ed effettiva (id est: oggettiva e non ipotizzata o temuta) compromissione dei suoi diritti invio/abili, nella specie non rinvenibile.

Converrà infine chiarire che un dovere di cooperazione istruttoria, specie con riferimento all’accertamento della sussistenza di violenza indiscriminata nel Paese d’origine, sussiste solo nella misura in cui sia stato almeno assolto dal ricorrente il suo onere di allegazione che deve quanto meno riguardare una delle situazioni di pericolo di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 o 14 mentre nella specie è stato dedotto solo il timore soggettivo di rappresaglie da parte di criminali locali causa un dedotto debito familiare. V CASS N. 10286/20 E N. 7985/20.

Il ricorrente finisce per contestare, in sostanza, gli apprezzamenti di fatto del Tribunale, quanto al mancato riconoscimento della protezione internazionale, sussidiaria ed umanitaria.

Il motivo è tuttavia inammissibile, applicandosi anche nelle controversie de quibus il principio di cui al novellato n. 5 dell’art. 360 c.p.c. (Cass. n. 8940/20).

Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Nulla sulle spese, non avendo il Ministero svolto attività difensiva.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 25 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2020

 

 

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