Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25616 del 27/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 27/10/2017, (ud. 06/06/2017, dep.27/10/2017),  n. 25616

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20360-2012 proposto da:

Z.G., elettivamente domiciliato in ROMA, C.SO VITTORIO

EMANUELE II 229, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE BONFIGLIO,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PATRIZIA

BERRETTA;

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE G.D.L. RAG. F. E C. SAS, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA EMILIO DE’ CAVALIERI 11, presso lo studio

dell’avvocato ALDO FONTANELLI, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GIACOMO FUSTINONI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1361/2011 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 07/12/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/06/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO LUCIO che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo e

per l’assorbimento dei restanti motivi del ricorso;

udito l’Avvocato BONFIGLIO Raffaele, difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avocato FONTANELLI Aldo, difensore del resistente che ha

chiesto l’accoglimento delle difese depositate.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Z.G. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Bergamo L.F. e la Immobiliare Giulia s.a.s..

L’attore esponeva di aver, con contratto del 17 dicembre 1982, ceduto suoi terreni, in atti specificamente individuati e siti in (OMISSIS), il quale si impegnava a realizzare, su altro terreno (mappale (OMISSIS) di (OMISSIS)) di esso attore un edificio composto da sei appartamenti.

Esponeva, di poi, l’attore di aver ceduto il 12 aprile 1983 alla convenuta Immobiliare gli “stessi terreni che prima aveva venduto al L.” per il prezzo di Lire 160milioni, che in realtà avrebbe dovuto essere corrisposto mediante la realizzazione del suddetto edificio.

Dedotto e richiesto l’accertamento della unicità della operazione contrattuale tale da ricondursi alla fattispecie della permuta, nonchè l’inadempimento grave di uno dei due convenuti o di entrambi, l’attore chiedeva, quindi, la risoluzione del o dei contratti soprà detti per fatto e colpa altrui, la restituzione di quanto dallo stesso dato ed il risarcimento del danno.

Costituitosi in giudizio il L. contestava in toto gli avversi assunti; esponeva che quello del 17 dicembre 1982 era un preliminare di vendita di poi consensualmente risolto in modo del tutto autonomo rispetto al successivo contratto con cui i medesimi beni compromessi erano stati rivenduti. L’Immobiliare Giulia, dedotta la mancanza di ogni connessione fra i succitati negozi e, quindi, l’impossibilità di unificarli, deduceva l’inadempimento grave dell’attore (per omesso pagamento del dovuto) rispetto al contratto, qualificato come appalto, con lo stesso intervenuto; chiedeva, quindi, in via riconvenzionale la risoluzione del medesimo negozio con risarcimento in proprio favore dei danni subiti.

L’adito Tribunale, con sentenza n. 665/2006 rigettava la domanda principale ed, in accoglimento di quella incidentale, condannava lo Z. a corrispondere all’Immobiliare la somma di Lire 77.231,983, oltre interessi. Avverso la suddetta decisione del Tribunale di prima istanza interponeva appello lo Z. con atto basato su due soli motivi, resistito sia dall’Immobiliare che dal L., che proponeva appello incidentale lamentandosi della compensazione delle spese adottata in primo grado.

L’adita Corte di Appello di Brescia, con sentenza n. 1361/2011, rigettava l’appello principale, accoglieva quello incidentale e, confermando nel resto l’impugnata decisione, condannava la Z. al pagamento delle spese di lite di primo grado in favore del L., disponendo la condanna dell’appellante principale alla refusione delle spese del secondo grado del giudizio in favore di entrambe le parti appellate.

Per la cassazione della suddetta sentenza della Corte distrettuale ricorre lo Z. con atto affidato ad otto motivi di gravame, resistito dalla intimata Società.

Non ha svolto attività difensiva l’altra parte intimata. Nell’approssimarsi dell’udienza il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo del ricorso si deduce la “nullità della sentenza e/o del procedimento”.

Parte ricorrente deduce l’erroneità della decisione gravata in punto di ritenuta “preclusione” dell’accertamento mediante presunzioni del mancato versamento del prezzo da parte dell’acquirente dei terreni, stante – a suo dire – un preteso intervenuto “giudicato interno”.

Il motivo non può essere accolto.

Al di là di ogni interpretazione della valenza di quanto statuito dal Giudice di prime cure deve osservarsi quanto segue.

La posta questione del preteso giudicato interno costituisce – allo stato degli atti – questione nuova (non risultante come già svolta nei pregressi gradi del giudizio) o comunque, come tale, ritenuta in difetto di ogni altra dovuta opportuna allegazione.

Infatti “i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione. non trattati nella fase di merito nè rilevabili d’ufficio” (Cass. civ., Sez. Prima, Sent. 30 marzo 2007, n. 7981 ed, ancora e più di recente, Sez. 6 – 1, Ordinanza. 9 luglio 2013, n. 17041).

Il motivo va, dunque, respinto.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di omessa e/o insufficiente motivazione circa il fatto controverso e decisivo quale il mancato versamento del prezzo della compravendita del 12.4.1983.

Il motivo è infondato.

L’impugnata sentenza, con congrue e logica motivazione, esplica – per di più uniformandosi a principio già enunciato e ribadito da questa Corte- le ragioni in base alle quali vi era assoluta impossibilità di dimostrare con testi mancato pagamento e la dedotta simulazione della quietanza scritta rilasciata dallo Z. e costituente principio di prova scritta.

Il motivo deve, dunque, essere rigettato.

3.- Con il terzo motivo parte ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto.

4.- Con il quarto motivo del ricorso si prospetta il vizio di violazione e falsa applicazione di norme di diritto sotto il profilo della non rilevabilità di ufficio del divieto di prova testimoniale o per presunzioni.

5.- Con il quinto motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione di norme di legge (artt. 1417,2721,2722,2716,2727 e 2729 c.c., nonchè art. 2724 c.c.).

6.- I sopra esposti motivi terzo, quarto e quinto, attesa la loro continuità e contiguità argomentativa e logica, possono essere trattati congiuntamente e vanno tutti respinti.

Con gli stessi motivi vengono svolte censure in parte costituenti questioni nuove non risultanti come già sollevate nel secondo grado di giudizio (sorto all’esito dell’atto di appello dello Z. basato su due soli ordini di motivi). Neppure risulta adempiuto, in violazione del noto principio di autosufficienza e quanto alla questione della prova per testi, il prescritto onere della trascrizione deì capitoli articolati della medesima prova.

Inoltre e decisivamente va, in punto osservato, che – come già si è avuto modo di accennare innanzi sub 2., la Corte distrettuale ha fatto buon governo delle norme e dei principi applicabili nella fattispecie.

In particolare deve evidenziarsi la correttezza della affermazione, di cui alla gravata decisione, secondo al quale “la prova della simulazione della quietanza tra le parti non può essere fornita nè a mezzo di testimoni, nè a mezzo di presunzioni” nella concreta fattispecie in esame, atteso che “il venditore Z. aveva rilasciato una quietanza a favore della Immobiliare Giulia”.

Tanto comportava la sussistenza dell’accennato ostativo principio di prova scritta ostativo ex lege alla possibilità del ricorso ai detti mezzi istruttori e probatori.

In ciò l’impugnata sentenza si è conformata al costante insegnamento di questa Corte (Cass. n.ri 6877/2002; 3921/2006; 1389/2007 e 10743/2008).

I motivi qui in esame devono, quindi, essere rigettati.

7.- Con il sesto motivo del ricorso si denuncia l’omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Il fatto sarebbe che il L. e non l’Immobiliare Giulia ebbe a realizzare i lavori dell’edificio destinato al ricorrente, con tutte le connesse conseguenze circa le “ragioni creditorie vantate dall’Immobiliare Giulia ed erroneamente riconosciute dal Tribunale e dalla Corte di Appello”. Quest’ultima, per quanto oggi rileva, ha sostenuto – in punto – che “il geom. L. e l’Immobiliare siano la stessa cosa”.

Orbene l’accertamento approfondito, nella fattispecie, della effettiva realizzazione dei lavori costituisce dato imprescindibile per la corretta risoluzione della controversia (ed a tale onere non poteva, nè potrà in seguito sottrarsi la Corte territoriale).

Tale aspetto, rilevante al fine della corretta individuazione del soggetto legittimato ad avanzare le pretese creditorie per i lavori di edificazione del fabbricato sul succitato terreno – mappale 1896 – del ricorrente, andava e andrà approfondito.

Tanto anche in considerazione degli allegati elementi di cui al ricorso ed, in particolare, delle risultanti affermazioni del C.T.U. secondo cui i suddetti lavori “furono eseguiti dal Sig. L. personalmente o comunque dall’Immobiliare Giulia, ma con “costo che doveva essere sostenuto dall’impresa L.”.

Per di più, anche per la frettolosa identificazione come “stessa cosa” del L. e dell’Immobiliare Giulia, merita una più attenta rilettura pure la missiva (di cui si dirà di seguito), alla cui stregua deve raffrontarsi una più attenta valutazione sull’individuazione del soggetto che ebbe ad effettuare i lavori e, auindi, legittimato a vantare pretese creditorie.

Pertanto, anche in ragione delle (rilevanti accennate) conseguenze dovute, in concreto, all’esatta individuazione del soggetto legittimato ad azionare pretese creditorie, s’impone l’accoglimento del motivo in esame e un nuovo e più approfondito esame – congruamente in punto motivato della Corte distrettuale.

Il motivo deve, dunque, essere accolto.

8.- Con il settimo motivo del ricorso si denuncia la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e, segnatamente, dell’art. 2735 c.c. e artt. 115,116 e 229 c.p.c.. In particolare viene evidenziata la falsa applicazione delle invocate norme in relazione alla natura confessoria o comunque ammissiva della dichiarazioni rese dal sig. L. nella lettera del 25 gennaio 1993 in ordine al soggetto che aveva effettuato i lavori (asseritamente la propria impresa personale del L. e non l’Immobiliare Giulia).

Il motivo, pure alla luce di quanto innanzi già affermato sub 7. e quindi della necessità del succitato approfondito accertamento, va accolto.

Al riguardo va enunciato il principio per cui il riferimento, operato dalla impugnata sentenza, ad un “contratto valido ed efficace e che non è stato risolto, quale è l’appalto per cui è causa” vale ad identificare “l’appaltatore che ha diritto al corrispettivo per le opere eseguite senza necessità di far luogo all’applicazione dell’art. 936 c.c., che presuppone la “terzietà”” presuppone e necessita – a seguito di compiuto esame del quadro probatorio maturato – la certezza che le medesime opere eseguite siano state eseguite proprio dall’appaltante e non da soggetti comunque terzi.

Il motivo – per la ragione innanzi esposta e nei predetti limiti – va, quindi, accolto.

9.- Con l’ottavo motivo del ricorso si lamenta l’omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Il fatto addotto col motivo consterebbe nel riconoscimento alla Immobiliare Giulia di un corrispettivo e nella relativa quantificazione.

L’accoglimento dei precedenti motivi sesto e settimo comporta l’assorbimento del motivo qui in esame.

10.- In conclusione ed alla stregua di quanto esposto, affermato ritenuto, l’accoglimento del sesto e settimo motivo del ricorso – fermo l’assorbimento dell’ottavo ed il rigetto dei rimanenti motivi del ricorso stesso – comporta la cassazione dell’impugnata sentenza ed il rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Brescia, che provvederà a decidere la controversia uniformandosi ai principi innanzi esposti.

PQM

La Corte accoglie il seste e settimo il ricorso, assorbito l’ottavo e rigettati i rimanenti motivi, cassa l’impugnata sentenza in ordine ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Corte di Appello di Brescia.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 6 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2017

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