Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25613 del 22/09/2021

Cassazione civile sez. trib., 22/09/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 22/09/2021), n.25613

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angel – M. –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Robert – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 5106/2015 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

C.I.A. COOPERATIVA INDUSTRIA AUGUSTA a r.l., in persona del suo

legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa giusta

delega in atti dall’avv. Giuseppe Vaccaro (PEC

giuseppe.vaccaro.avvocatisiracura.legalmail.it) e con domicilio

eletto presso l’avv. Antonino Dierna in Roma, via S. Tommaso

D’Aquino n. 116 (PEC antonino.dierna.ordineavvocatiroma.org);

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Sicilia sez. staccata di Siracusa n. 1172/16/14 depositata il

07/04/2014, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

16/12/2020 dal Consigliere Roberto Succio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con la sentenza impugnata la CTR ha accolto l’appello dell’Ufficio e pertanto confermata la sentenza di primo grado che aveva dichiarata la illegittimità dell’atto impugnato, avviso di accertamento per irpeg, iva e irap 2003, relativamente all’indeducibilità dei costi e all’indetraibilità dell’iva indicati nella fattura n. 3 del 28/02/2003;

ricorre a questa Corte l’Agenzia delle Entrate con atto affidato a cinque motivi; resiste con controricorso la società contribuente.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso si denuncia ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento all’art. 109 TUIR, per avere la CTR erroneamente ritenuto che il requisito della certezza ex lege richiesto per la deducibilità dei costi potesse esser ritenuto assente solo in caso di falsità della documentazione contabile (nel caso la fattura) utilizzata dal contribuente per dedurne la prova;

– il secondo motivo censura la sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 per avere la CTR reso motivazione sostanzialmente inesistente;

– il terzo motivo di ricorso si incentra sulla violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 ancora con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per avere il giudice dell’appello non esposto le ragioni per cui i rilievi sono stati ritenuti infondati, senza indicare neppure su quali dei documenti del contribuente si sia formato il suo convincimento;

– il quarto motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere la CTR ritenuto che l’onere di depositare il PVC in giudizio incombesse sull’Ufficio, mentre ne era gravato il contribuente poiché questi (e non l’Amministrazione Finanziaria) invocava circostanze a lui favorevoli da provarsi con tal produzione;

– i motivi, strettamente connessi tra di loro al punto da costituire profili diversi di una sola censura, possono esaminarsi tutti congiuntamente;

– risulta infatti che l’Ufficio abbia contestato la mancanza di adeguata documentazione degli elementi negativi di reddito non per negare l’esistenza dei costi, ossia la loro effettività, perché li riteneva inesistenti, ma per evidenziare come proprio la mancanza di adeguata documentazione non consentisse di verificare l’inerenza all’attività dell’impresa;

– può infatti ben verificarsi che un costo, della cui esistenza soggettiva e oggettiva non dubiti l’Ufficio, sia ritenuto dall’Amministrazione Finanziaria semplicemente non provato quanto all’inerenza, o non del tutto provato nel suo intero ammontare riguardo a tal profilo che ne consenta la deducibilità, o ancora non provato quanto sempre all’inerenza in quanto i documenti che lo attestano non sono ritenuti adeguati (basti pensare alla documentazione di costi con documentazione extracontabile, diversa dalle fatture, che generalmente può non ritenersi sufficiente a dar prova di quanto dedotto); venendo al caso di specie, ben può essere – ed è oggetto di accertamento e valutazione di fatto del giudice del merito – che a fronte di mere indicazioni e apposizioni contabili, di per sé non sospette né tantomeno inattendibili, a fronte degli approfondimenti istruttori dell’Ufficio non siano stati forniti documenti atti a confermare che quei costi apposti in contabilità, dei quali le scritture contabili informano solo quanto agli importi e ai soggetti che hanno ceduto i beni e prestato i servizi, siano relativi a operazioni inerenti;

– quindi, ben può l’Ufficio contestare l’inerenza del costo sotto il profilo della mancata prova di tal requisito causata dalla mancata produzione nel procedimento o nel processo della documentazione probante;

– e così è avvenuto nel presente caso: come indica parte controricorrente trascrivendo l’avviso di accertamento (pag. 3 del controricorso), il rilievo quanto ai costi riguardava il difetto di documentazione degli stessi (pag. 3 quart’ultima riga e prime righe di pag. 4) in quanto non risultando in atti detta documentazione non era provata l’inerenza dei costi; invero, una delle fattispecie concrete, si evince sempre da tal trascrizione, era quella – sostanzialmente “di scuola” – in cui il contribuente indica nel conto economico costi cospicui “per fatture da ricevere” dei quali deduce l’importo, salvo poi non esser in grado a richiesta dei verificatori di esibire fatture idonee, per forma e contenuto, a dimostrarne che tali fatture riguardavano costi inerenti in quanto connessi con l’attività d’impresa;

– pertanto, la sentenza è sul punto cassata con rinvio al giudice dell’appello che dovrà verificare se dalla documentazione prodotta dal contribuente si evinca o meno la certezza della sussistenza, quanto ai costi ivi indicati ai fini dell’imposizione reddituale, del requisito dell’inerenza di cui all’art. 109, comma 5 TUIR;

– infatti, alla deduzione dei costi ai fini dell’imposizione reddituale vanno applicati i principi indicati da questo Giudice della Legittimità (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 18904 del 17/07/2018) rilevanti anche ai fini iva, sotto tal profilo, in forza dei quali ai fini della detrazione di un costo e come dell’iva relativa, la prova dell’inerenza del medesimo quale atto d’impresa, ossia dell’esistenza e natura della spesa, dei relativi fatti giustificativi e della sua concreta destinazione alla produzione quali fatti costitutivi su cui va articolato il giudizio di inerenza, incombe sul contribuente in quanto soggetto gravato dell’onere di dimostrare l’imponibile maturato;

– con riferimento poi alla censura di cui al quarto motivo, relativa alla mancata esibizione del pvc, in questo caso dalla lettura della sentenza impugnata si evince come in questo caso non fosse, sotto tal profilo, in discussione la prova della pretesa impositiva, per la quale effettivamente è necessaria la produzione in giudizio del processo verbale in parola, ma la sussistenza dei requisiti deducibilità dei costi;

– detto onere probatorio grava in capo a chi invoca la deduzione, ossia al contribuente, anche in forza dei principi generali di cui all’art. 2697 c.c. applicabili anche al processo tributario (tra le molte, vedasi Cass. Sez. 5, Sentenza n. 2935 del 13/02/2015; Sez. 5, Sentenza n. 5079 del 28/02/2017; Sez. 5, Ordinanza n. 26802 del 25/11/2020);

– alla luce delle considerazioni sopra svolte, che portano all’accoglimento dei primi quattro motivi, il quinto motivo, che si incentra sulla nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per avere la CTR omesso di tener conto della circostanza relativa all’avvenuta produzione del PVC in oggetto in altri giudizi connessi oggettivamente e soggettivamente con quello di cui ci si occupa, giudizi trattati alla stessa data e ben avendo potuto il giudice dell’appello far ricorso ai poteri istruttori D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 7 è assorbito;

– la sentenza è quindi cassata con rinvio al giudice dell’appello per nuovo esame.

P.Q.M.

accoglie i primi quattro motivi di ricorso; dichiara assorbito il quinto motivo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia in altra composizione che statuirà anche quanto alle spese.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2021

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