Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2561 del 02/02/2018


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 2561 Anno 2018
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: STALLA GIACOMO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 17413-2010 proposto da:
GIANNI MARIANO, GIANNI IVO, GIANNI ANGELA CHIARA,
elettivamente domiciliati in ROMA VIA TACITO 41,
presso lo studio dell’avvocato SALVATORE LUCIO PATTI,
che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati
ALESSANDRO SAN BONIFACIO, VINCENZO DONNAMARIA procura
in atti;
– ricorrenti contro

AGENZIA DELLE ENTRATE SEDE CENTRALE DI ROMA in persona
del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

Data pubblicazione: 02/02/2018

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente nonchè contro
DIREZIONE PROVINCIALE DI ROMA 3 UFFICIO TERRITORIALE
DI ROMA 4;

avverso la sentenza n. 151/2009 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 12/05/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/01/2018 dal Consigliere Dott. GIACOMO
MARIA STALLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per
l’inammissibilità in subordine rigetto del ricorso;
udito per i ricorrenti l’Avvocato MORGANTI per delega
dell’Avvocato PATTI che ha chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato PISANA che ha
chiesto il rigetto.

– intimata –

Fatti rilevanti e ragioni della decisione.
§ 1. Ivo, Mariano ed Angela Chiara Gianni propongono sette motivi di ricorso per la
cassazione della sentenza n.151/14/09 del 12 maggio 2009 con la quale la
commissione tributaria regionale del Lazio, a conferma della prima decisione, ha
ritenuto legittimo l’avviso di accertamento e rettifica con il quale l’agenzia delle
entrate aveva rideterminato il valore finale di terreni da essi venduti nel 2001 alla
Incrementi Fabbricati Terreni IFET srl, liquidando conseguentemente una maggiore

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che: l’amministrazione finanziaria non fosse decaduta dalla pretesa, dal momento che
l’avviso in questione doveva ritenersi tempestivamente notificato, in considerazione
del principio di scissione degli effetti della notificazione tra notificante e destinatario;
– la rettifica di valore del terreno fosse congrua, anche “in considerazione del fatto
che il cespite ricade in zona 03 recupero urbanistico con indice di edificabilità 0,80
mc/mq”.
Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate.
I contribuenti hanno depositato – per la precedente udienza del 1^ dicembre 2016
poi rinviata ad oggi, su istanza dei medesimi, in pendenza dei termini di definizione
della lite ex art.6 di. 193/16 – memoria ex art.378 cod.proc.civ..

§ 2.1 Con il primo motivo di ricorso si lamenta – ex art.360, 1^ co. n. 3 cod.proc.civ.
– violazione del principio di irretroattività delle disposizioni tributarie e di quanto
stabilito dalla Corte Costituzionale con sentenza n.477/2002. Per avere la
commissione tributaria regionale erroneamente escluso la decadenza
dell’amministrazione finanziaria in applicazione di un principio, quello di scissione
degli effetti della notificazione, valevole unicamente in ambito processuale e non
anche impositivo.

§ 2.2 II motivo, assistito dal quesito di diritto prescritto dall’art. 366 bis cod.proc.civ.
qui applicabile ratione temporis, è destituito di fondamento.
Ciò in base al consolidato indirizzo di legittimità, secondo cui: “in tema di avviso di
accertamento notificato a mezzo posta, ai fini della verifica del rispetto del termine di
decadenza che grava sull’Amministrazione finanziaria, occorre avere riguardo alla
data di spedizione dell’atto e non a quella della ricezione dello stesso da parte del
contribuente; atteso che il principio della scissione degli effetti della notificazione per
il notificante e per il notificato si applica in tutti i casi in cui debba valutarsi
l’osservanza di un termine da parte del notificante e, quindi, anche con riferimento
agli atti d’imposizione tributaria” (Cass. ord.22320/14; in termini, Cass. 26053/ ,
Cass. 15298/08).
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2018
Ric.n. 17413/10 rg. – Ud.del 10ft—;.•

DC

Invim.

§ 3.1 Con il secondo motivo di ricorso si lamenta – ex art.360, 1^ co. n. 4
cod.proc.civ. – nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’articolo
116 cod.proc.civ.. Per avere la commissione tributaria regionale ritenuto sussistente
la prova documentale della tempestiva notifica dell’avviso di rettifica impugnato,
nonostante che l’avviso di spedizione del medesimo a mezzo del servizio postale
fosse stato prodotto unicamente per taluni contribuenti, non per tutti.
§ 3.2 II motivo deve ritenersi inammissibile, posto che esso mira a far emergere una

compendio probatorio in atti; in particolare, nel riferire l’avviso di spedizione prodotto
in giudizio alla posizione di tutti indistintamente i contribuenti, invece che di taluno
soltanto. Trattandosi appunto – nella stessa prospettazione di parte – non già di un
errore valutativo o di giudizio, bensì di un errore di fatto derivante dalla falsa
percezione del contenuto di un documento posto dal giudice, in asserito contrasto con
le risultanze processuali, a base del suo ragionamento, ricorrevano i presupposti del
vizio revocatorio ai sensi dell’articolo 395 n.4) cod.proc.civ., non già del ricorso per
cassazione (Cass. nn.2529/16; 5149/03 ed innumerevoli altre). Conferma di ciò si
desume dalla circostanza che la disamina in questa sede di tale errore – nemmeno
dedotto dai ricorrenti quale vizio di motivazione, ma unicamente quale violazione di
norma processuale comportante nullità della sentenza – implicherebbe
necessariamente un accertamento di merito non consentito al giudice di legittimità.
§ 4.1 Con il terzo motivo di ricorso si lamenta – ex art.360, 1^ co. n. 4 cod.proc.civ.
– nullità della sentenza per violazione degli artt. 2 d.lgs. 546/92; 132, 2^ co.cpc e
118 disp.att. cod.proc.civ. Per avere la commissione tributaria regionale reso una
motivazione contraddittoria e fuorviata dall’erroneo convincimento che la rettifica di
cui all’avviso impugnato avesse riguardato il valore ‘iniziale’ del compendio
immobiliare, invece che quello ‘finale’.
§ 4.2 Il motivo non può trovare accoglimento.
Va in primo luogo osservato che esso è stato formulato in relazione ad un asserito
vizio comportante nullità della sentenza per difetto di contenuto essenziale; là dove i
profili di contraddittorietà e di erronea ricostruzione della fattispecie – in ‘concreto’ e
non in ‘astratto’ – avrebbero, se mai, comportato la configurabilità di un vizio non di
violazione di legge, bensì motivazionale in senso stretto, come tale deducibile ex
art.360, 1^ co. n. 5 (non nn.3 o 4)) cod.proc.civ..
In ogni caso, è dirimente rilevare come la sentenza impugnata, ancorché facente
erroneo richiamo – nella parte narrativa dello svolgimento del giudizio – alla rettifica
del valore ‘iniziale’ del compendio, ha poi fatto univoco e ripetuto riferimento -/nella
parte esplicativa della decisione adottata – ai ‘valori accertati dall’ufficio’.

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Ric.n. 17413/10 rg. — Ud.del 10 betteralik 2018

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vera e propria ‘svista’ nella quale sarebbe incorso il giudice di merito nel ricostruire il

E ciò mediante richiamo e vaglio critico di risultanze processuali (in primo luogo, la
“dettagliata stima UTE” allegata all’avviso) invece concernenti pacificamente il valore
‘finale’ del terreno. Il che è riconosciuto anche dai contribuenti, là dove riferiscono de
plano come la stima dell’agenzia del territorio, presa a riferimento dalla commissione
tributaria regionale, contenesse

“unicamente la valutazione dei cespiti al 10

settembre 2001 ed al 31 dicembre 1992” (memoria cit.).
Orbene, nel riferire il proprio giudizio di congruità al valore accertato dall’ufficio

esame proprio la rettifica del valore ‘finale’ così individuato dall’amministrazione
finanziaria alla data ultima di rilevanza Invim (31 dicembre 1992).
Il critico recepimento della perizia UTE in questione e degli altri elementi di
convincimento esposti in sentenza (eccessiva esiguità ed inverosimiglianza dei valori
dichiarati dai contribuenti; stima attribuibile ad immobili similari; destinazione
urbanistica ed indice di edificabilità) depongono, in definitiva, per attribuire al
richiamo in sentenza alla rettifica del valore ‘iniziale’ la natura di mero refuso, del
tutto privo di reale incidenza decisoria.
In definitiva, risulta dalla sentenza che il giudice di merito abbia correttamente
formato il proprio convincimento di congruità con riguardo al valore peritale adottato
dall’amministrazione finanziaria, a sua volta individuabile in quello (finale) rettificato
al 31 dicembre 1992 (come anche risultante dal prospetto riepilogativo della rettifica
esposto dai contribuenti in ricorso); non, dunque, alla data di acquisizione dei terreni,
e nemmeno a quella della loro cessione (24 settembre 2001).
§ 5.1 Con il quarto motivo di ricorso si lamenta – ex art.360, 1^ co. n. 5
cod.proc.civ. – vizio motivazionale concernente la stima del compendio immobiliare.
Con il

settimo motivo

di ricorso si deduce, nella stessa ottica di carenza

motivazionale, l’incongruenza rappresentata dal fatto che la commissione tributaria
regionale – emettendo, unitamente a quella qui impugnata, altre due sentenze
identiche perché concernenti vendite distinte ma contestuali a quella qui dedotta avrebbe in realtà deciso alla stessa maniera fattispecie ispirate a criteri estimativi
differenti.
§ 5.2 I motivi in questione, suscettibili di trattazione unitaria per l’identica sorte che
li connota, sono inammissibili perché privi del necessario ‘quesito di fatto’, ovvero
‘momento di sintesi’, prescritto dall’articolo 366 bis cit..
Va in proposito ribadito che: “in tema di ricorso per cassazione, con cui si deduca il
vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso,
l’onere di indicare chiaramente tale fatto, ovvero le ragioni per le quali la motivazione
è insufficiente, imposto dall’art. 366-bis cod. proc. civ., deve essere adempi/ft° non

6C14

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mediante la suddetta relazione tecnica, il giudice di merito ha evidentemente preso in

già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, al
termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un ‘quid
pluris’ rispetto alla illustrazione del motivo, così da consentire al giudice di valutare
immediatamente l’ammissibilità del ricorso stesso. Tale sintesi non si identifica con il
requisito di specificità del motivo ex art. 366 comma 1, n. 4 cod. proc. civ., ma
assume l’autonoma funzione volta alla immediata rilevabilità del nesso eziologico tra
la lacuna o incongruenza logica denunciata ed il fatto ritenuto determinante, ove
(Cass.

5858/13; v. anche SSUU 21672/13 ed altre).
Oltre a ciò, va comunque considerato come tali censure mirino a suscitare, nella
presente sede di legittimità, un sindacato di natura fattuale ed estimativa; attività
per sua natura riservata alla delibazione discrezionale del giudice di merito.
Né, sotto altro profilo, potrebbe darsi qui ingresso ad una sorta di valutazione
decisionale comparativa; perchè non ‘intrinseca’ alla sentenza oggetto di
impugnazione, ma ‘estesa’ alla cognizione di sentenze differenti.
§ 6.1 Con il quinto motivo di ricorso si lamenta violazione dell’articolo 17, settimo
comma, d.lgs. 504/92 nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su
un punto controverso e decisivo di causa. Per avere la commissione tributaria
regionale omesso di vagliare adeguatamente, anche a mezzo della richiesta
consulenza tecnica d’ufficio, l’unico valore rilevante ai fini Invim; appunto
individuabile in quello attestato al 31 dicembre 1992.
Con il sesto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione altresì degli
articoli 116 cod.proc.civ. e 36, 2^ co., d.lgs. 546/92; nonché vizio motivazionale. Per
avere la commissione tributaria regionale basato il proprio erroneo ragionamento sul
carattere di edificabilità rivestito dal terreno in oggetto alla data della sua cessione
(settembre 2001), non già alla data rilevante ai fini Invim del 31 dicembre 1992
(allorquando, si sostiene, tale carattere non sussisteva).
§ 6.2 Nemmeno questi motivi possono trovare accoglimento.
Da un lato essi deducono, anche in tal caso, l’asserito errore nel quale il giudice di
merito sarebbe incorso nella ricostruzione della fattispecie ‘concreta’; segnatamente,
nell’individuare una determinata caratteristica del compendio trasferito (la sua
edificabilità) suscettibile di apprezzamento estimativo perché incidente sul valore
venale. Senonché, si verte nuovamente della deduzione di un travisamento del fatto
necessitante – una volta dedotto ex art.360, 1^ co. n. 5 cod.proc.civ. – della
formulazione (secondo quanto già indicato) di uno specifico momento di sintesi ex
art.366 bis cit., nella specie del tutto inesistente.

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correttamente valutato, ai fini della decisione favorevole al ricorrente”

Dall’altro, essi individuano l’asserito errore nell’avere il giudice di merito omesso di
considerare che, alla data del 31 dicembre 1992, il compendio non poteva ritenersi
edificabile perché non ricadente in zona urbanistica dotata “di piano particolareggiato
o altro strumento attuativo equivalente” (così il quesito di diritto formulato con
riguardo alle censure di violazione normativa). Con ciò tralasciando di considerare
(Cass. SSUU 25506/06; da ultimo, Cass. 12308/17) che il carattere di edificabilità del
terreno non dipendeva da tale dotazione, ma dall’inserimento del medesimo nel piano

strumenti attuativi). E ciò sul presupposto che il solo “inizio del procedimento di
trasformazione urbanistica è sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile”
(SSUU cit.).
Con la conseguenza che le censure non colgono l’esatta ratio decidendi adottata
dal giudice di merito; tralasciando esse di considerare che l’inesistenza di tali
strumenti (quand’anche effettivamente desumibile pure dai certificati di destinazione
urbanistica rilasciati dal Comune di Roma con riguardo all’anno 1992) non escludeva
di per sé la valutabilità dei terreni in termini di aree edificabili, ponendosi unicamente
il problema di quantificare l’effettiva incidenza di tale stato sul valore venale dei
medesimi. Aspetto, quest’ultimo, che risulta essere stato tuttavia motivatamente
affrontato dal giudice di appello, con affermazioni di ordine fattuale (essenzialmente
riferite alla ritenuta attendibilità della stima UTE in atti) qui non sindacabili.

Pq m
La Corte

rigetta il ricorso;

condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di
cassazione, che liquida in euro 7.300,00; oltre spese prenotate a debito.

Così deciso nella camera di consiglio della quinta sezione civile in data 10
flebtazdal 2018.
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Il Con.e$t.
Giacorii

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regolatore generale (dunque, pur in difetto di già deliberati piani particolareggiati o

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