Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25606 del 30/11/2011

Cassazione civile sez. II, 30/11/2011, (ud. 08/11/2011, dep. 30/11/2011), n.25606

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.G. (OMISSIS), SC.FR.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA COSSERIA

5, presso lo studio dell’avvocato TRICERRI LAURA, rappresentati e

difesi dall’avvocato PROFITA ARMANDO;

– ricorrenti –

contro

B.E.A. (OMISSIS), M.C.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato

PIZZUTO MAURIZIO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1077/2005 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 16/09/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/11/2011 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso per rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Palermo, con sentenza n. 3528 del 1998, in parziale riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda proposta da S.G. e Sc.Fr. nei confronti di B., avente ad oggetto la richiesta di reintegrazione nel compossesso della parte del corridoio di disimpegno antistante l’ingresso del loro appartamento, facente parte dell’edificio condominiale di via (OMISSIS), cui erano stati privati mediante collocazione di un cancello ad opera di B.E.A., occupante l’appartamento contiguo.

A sostegno di questa decisione il Tribunale osservava che lo S. e la Sc. non avevano offerto alcuna dimostrazione dell’addebitabilità al B. dell’apposizione del cancello non rilevando a tal fine l’offerta che in corso di causa il difensore del B. aveva fatto alle controparte delle chiavi dello stesso cancello. Osservava, altresì, che la ragione, della M. C., proprietaria dell’appartamento occupato dal B., di avere apposto il detto cancello al fine di meglio tutelare il proprio appartamento, non escludeva la sussistenza in capo ad essa M. della volontà di sovvertire il dissenso delle controparti al riguardo.

S.G. e Sc.Fr. proponevano ricorso per la cassazione della sentenza del Tribunale di Palermo in forza di tre motivi.

B.E.A. e M.C. resistevano con controricorso, proponendo, anche, ricorso incidentale in forza di un unico motivo.

La Corte Suprema di Cassazione, con sentenza n. 10743 del 2001, dichiarava inammissibile il ricorso incidentale, accoglieva il ricorso principale, cassava la sentenza e rinviava la causa alla Corte di Appello di Palermo. A sostegno di questa decisione, la Corte Suprema di Cassazione evidenziava che il Tribunale nel ritenere che il B. fosse estraneo all’illecito possessorio in oggetto (per non essere stata offerta dalle parti alcuna dimostrazione della addebitabilità ad esso B. dello stesso illecito, realizzato dalla M.) aveva trascurato di valutare i documenti e le difese versate in atti dalle parti, nonchè le prove per interrogatorio formale e per testi formulate in primo grado e reiterate in sede di gravame dagli allora appellati: S. e Sc., la cui valutazione avrebbe potuto comportare una decisione diversa da quella adottata ai sensi dell’art. 1168 cod. civ. e alla stregua del consolidato principio giurisprudenziale secondo cui è legittimato passivo all’azione di reintegrazione anche l’autore c.d. morale dello spoglio ossia colui che abbia;

incaricato altri di compiere atti lesivi del possesso del terzo ovvero abbia;

coscientemente utilizzato a proprio vantaggio il risultato dell’illecito possessorio altrui.

Con atto notificato il 15/17 gennaio 2002, S.G. e Sc.Fr. hanno riassunto la causa nei confronti di B. e di M.C..

B. e M. si costituivano chiedendo che venisse dichiarato il difetto di legittimazione passiva della M. e venisse confermata la sentenza del Tribunale di Palermo.

La Corte di Appello di Palermo con sentenza n. 1077 del 2005 dichiarava inammissibile la domanda di reintegra nel compossesso della parte del corridoio di disimpegno antistante l’ingresso nell’appartamento sito al sesto piano dell’edificio condominiale di via (OMISSIS) di proprietà di M.C. e nella disponibilità di B.A., nella parte in cui è stata formulata nei confronti di B. A. per preclusione di precedente giudicato intervenuto tra le medesime parti.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da S. G. e Sc.Fr. con ricorso affidato a tre motivi, illustrato da memoria.

B.E. e M.C. hanno resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.= In via preliminare, va esaminata l’eccezione d’inammissibilità proposta da B.E.A. e M.C. per violazione del principio di autosufficienza del ricorso. In particolare viene evidenziato che nel ricorso di controparte vi è solo un richiamo generico alla sentenza del Pretore di Palermo n. 2600 del 2000 passata in giudicato, ma non vi è nessuna riproduzione della stessa a sostegno delle doglianze prospettate nel ricorso.

Per altro, deve ritenersi che una pronunzia sul contenuto e sui limiti di un giudicato esterno può essere oggetto di ricorso per Cassazione solo sotto il profilo della violazione e falsa applicazione della norma dell’art. 2909 cod. civ. e dei principi in tema di elementi costitutivi della cosa giudicata nonchè per vizi attinenti alla motivazione, i quali per altro vanno specificamente dedotti, non essendo sufficiente il mero richiamo all’art. 2909 c.c. o, all’art. 324 c.p.c..

1.1…= La censura è infondata e non merita di essere accolta, perchè il ricorso in esame non solo non manca di specificità (che secondo l’orientamento della dottrina processualista sarebbe sinonimo di autosufficienza, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4) ma, rispetta, pure, il principio dell’autosufficienza (inteso in senso ampio e cioè, anche, quale trascrizione, nel ricorso, di quegli elementi della sentenza impugnata e/o di quei documenti che vengono richiamati al fine di sostenere la richiesta di cassazione della sentenza oggetto di giudizio) considerato che (il ricorso di cui si dice) riporta in più occasioni la trascrizione di quelle parti della sentenza, n. 2600 del 2000, del Pretore di Palermo, poste a fondamento della censura. A sua volta, la sentenza di cui appena si è detto risulta allegata allo stesso ricorso.

1.2.= Appare opportuno osservare che il principio di “autosufficienza” del ricorso in cassazione è solo un modo per esprimere la necessità che le censure proposte attingano il necessario livello di specificità attraverso l’ausilio della compiutezza espositiva dei fatti per esse rilevanti. Sicchè tenuto conto che il ricorso in esame era volto a censurare la sentenza con la quale la Corte di Appello di Palermo aveva attribuito valenza di giudicato esterno, alla sentenza del Pretore di Palermo n. 2600 del 2000, con effetti preclusivi nel giudizio sottoposto al suo esame, era sufficiente che il ricorso indicasse (così come risulta sia stato fatto) gli elementi necessari identificativi del petitum e della causa petendi del processo conclusosi con la sentenza del Pretore per porli in rapporto con il petitum e causa petendi del giudizio sottoposto all’esame della Corte di appello e oggetto del ricorso per cassazione.

2 = Con il primo motivo i ricorrenti lamentano – come da rubrica – Nullità della sentenza impugnata (art. 360 c.p.c., n. 4) Violazione e falsa applicazione degli artt. 1102, 1140, 1168, 1169, 2909 cod. civ. e artt. 324, 384, 394 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3).

Insufficiente, contraddittoria motivazione su più punti decisivi della controversia rilevanti dalle parti e rilevabili di ufficio (art. 360 c.p.c., n. 6).

Chiariscono i ricorrenti che la sentenza n. 2600 del 2000 del 16 maggio 2000 emessa dal Pretore di Palermo nel collaterale giudizio tra il Condominio di via (OMISSIS) e sigg.

B. e M. non avrebbe valenza di giudicato esterno con effetti preclusivi nel presente giudizio perchè tra i procedimenti in questione non vi è identità di parti, nè di oggetto, nè di causa petendi. In particolare – affermano i ricorrenti -: a) tra i due procedimenti di cui si dice, non vi sarebbe identità di soggetti: nel procedimento definito con sentenza del Pretore di Palermo passata in giudicato le parti in causa erano il Condominio dello stabile sito in (OMISSIS) ed i sigg. B. e M., mentre, invece, nel presente giudizio le parti attrici sono i sigg. S. e Sc.. E, osservano i ricorrenti, se non solo l’amministratore, ma anche i singoli condomini hanno legittimazione ad agire per la tutela delle proprie ragioni in relazione a determinati stati di fatto che realizzino uno spoglio nel possesso della cosa comune, non è plausibile che i simultanei processi possano interferire l’uno sull’altro determinando la preclusione del “ne bis in idem” b) tra i due procedimenti in esame non vi sarebbe una identità di causa petendi, considerato che il Condominio sotto il profilo del diritto sostanziale ha agito in difesa di un “ius possidendi” (diritto al possesso) legittimato dal disposto dell’art. 1102 cod. civ., mentre, gli attuali ricorrenti hanno agito in difesa di un proprio concreto specifico e peculiare ius possessionis, ossia, in forza del possesso concretamente esercitato fino al giorno dello spoglio, dunque, in ragione di una situazione di fatto in se stessa;

considerata a prescindere che fossero proprietari del corridoio comune.

2.= La censura è fondata e va accolta perchè, dall’esame della sentenza, n. 2600 del 2000 del Pretore di Paterno è possibile acclarare, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di appello di Palermo con la sentenza impugnata, che tra i due procedimenti, di cui si dice e, cioè, tra il procedimento concluso con la sentenza del Pretore di Palermo e il procedimento oggetto del presente giudizio, non vi è identità di soggetti, nè identità di causa petendi e, pertanto, la prima sentenza (quella del Pretore di Palermo) non ha effetti preclusivi in ordine al procedimento oggetto del presente giudizio.

2.1. a).= L’autorità del giudicato, per così dire esterno, opera solo entro i rigorosi limiti degli elementi costitutivi dell’azione, e presuppone che tra la causa conclusasi con sentenza, ormai passata in giudicato, e la causa in atto vi sia identità di soggetti, oltre che di “petitum” e “causa petendi”. Sicchè, nell’ipotesi in esame era sufficiente acclarare che tra i due procedimenti, in esame, non vi era identità di soggetti perchè nel primo caso (nel procedimento conclusosi con la sentenza del Pretore di Palermo) le parti in causa erano il Condominio dello stabile sito in Palermo via (OMISSIS) ed i sigg. B. e M., mentre nel presente giudizio le parti attrici erano sigg. S. e Sc., e, convenuti, B. e M.. Nè sarebbe rilevante, per escludere la diversità dei soggetti nei due procedimenti, la considerazione che l’identità soggettiva sussisterebbe perchè al condominio, di che trattasi, facevano parte anche gli attuali ricorrenti, originari attori, nel presente giudizio, perchè il condominio, quale ente di gestione sfornito di personalità giuridica, è (e va tenuto) distinto dai singoli condomini.

2.1.b).= Tuttavia, oltre alla diversità dei soggetti, i procedimenti, di cui si dice, avevano, anche, una diversità di causa petendi, considerato che nel procedimento, il Condominio rappresentato dall’amministratore agiva in forza di un ius possidendi, cioè, in forza e in ragione di un diritto a possedere, mentre i sigg. S. e Sc. agivano in forza ed in ragione di un ius possessione.

E le due ipotesi non sono assimilabili perchè, mentre lo ius possidendi è rispetto al possesso un prius considerato che sta ad affermare che si ha diritto di possedere perchè si è titolare del corrispondete diritto – di proprietà o di altro diritto reale; lo ius possessionis è, invece, un potere autonomo del possessore ed è rispetto al fatto del possesso un posterius, considerato che sta ad affermare che si ha il diritto di continuare a possedere perchè ho posseduto fino al momento considerato.

3.= Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost., dell’art. 2909 c.c., degli artt. 39, 115, 116, 295, 324, 345, 384 e 394 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3). L’insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia rilevato dalle parti e rilevabile di ufficio (art. 360 c.p.c., n. 5). I ricorrenti specificano che la circostanza che i due giudizi fossero distinti, separati e diversi e che non interferissero l’uno sull’altro, è, altresì, dimostrata dal fatto che in nessuno dei precedenti gradi è stata dichiarata la litispendenza tra i due procedimenti in parola.

3.1.= Tale censura deve ritenersi assorbita dall’accoglimento del primo motivo, considerato anche che, sostanzialmente, rappresenta un ulteriore approfondimento e/o un’ulteriore specificazione del primo motivo.

4.= Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 92, 97 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3) e l’insufficiente, contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia rilevato dalle parti (art. 360 c.p.c., n. 5).

Ritengono i ricorrenti che la sentenza impugnata sarebbe viziata e mal motivata anche in ordine alle spese processuali di tutti i gradi del giudizio perchè compensati per giusti motivi.

4.1.= Il motivo è assorbito dall’accoglimento del primo motivo.

Tuttavia va qui osservato che la compensazione totale o parziale delle spese del giudizio costituisce una facoltà discrezionale del giudice del merito; la valutazione, quindi, della ricorrenza dell’una o dell’altra ipotesi è rimessa al suo prudente apprezzamento ed è sottratta all’obbligo di una specifica motivazione, soggiacendo la relativa pronuncia al sindacato di legittimità solo quando il giudice, a giustificazione della disposta compensazione, enunci motivi illogici od erronei.

In definitiva il ricorso va accolto, la sentenza impugnata cassata e la causa rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Palermo la quale provvederà anche al regolamento delle spese giudiziali del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara assorbito il secondo e il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Corte di Appello di Palermo la quale provvederà a liquidare le spese anche per il presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 8 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2011

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