Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25597 del 14/12/2016


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Cassazione civile, sez. III, 14/12/2016, (ud. 22/09/2016, dep.14/12/2016),  n. 25597

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29010/2014 proposto da:

P.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE, 22, presso lo studio dell’avvocato ROCCO LUIGI GIROLAMO,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONIO MOROLLO

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.M., considerato domiciliato ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato GAETANO ANACLERIO giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n 1269/2013 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 17/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/09/2016 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito l’Avvocato ROCCO LUIGI GIROLAMO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Bari, con sentenza 2846/2007, accogliendo l’opposizione di D.M. al Decreto Ingiuntivo per pagamento di canoni locativi insoluti, notificato dal locatore P.L., revocava il provvedimento monitorio.

La Corte d’appello di Bari, confermando la decisione di primo grado, con sentenza 7.10.2013 n. 1269, ha rigettato l’appello proposto da P.L., rilevando che l’unica condizione apposta alla convenzione di recesso anticipato – avente ad oggetto il contratto di locazione di parte del fondo di proprietà del P. e condotto da D.M. per uso diverso da quello abitativo – stipulata dalle parti in deroga alle disposizioni della L. n. 392 del 1978, art. 27, commi 7 ed 8, concerneva lo sgombero e la ripulitura dell’intera superficie del fondo, mentre l’altra condizione (acquisto di altro terreno da parte del conduttore), pur se riscontrata dal testimoniale escusso, non esprimeva un interesse giuridicamente apprezzabile del locatore. Quanto poi all’avveramento dell’unica condizione, la stessa doveva ritenersi accertata in quanto le testimonianze contraddittorie non erano state risolte a favore del P. che aveva prodotto una serie fotografica, priva di data certa, attestante la natura incolta del terreno che non appariva compatibile con l’uso del fondo fattone dal conduttore fino ad agosto 2002.

La sentenza di appello, non notificata, è stata impugnata dal P. con quattro motivi articolati in plurime censure.

Resiste con controricorso il D..

Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

p.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce: A) la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) per assenza di motivazione in punto di esclusione della rilevanza giuridica, ai fini dell’accordo, della ulteriore condizione dell’acquisto del terreno; B) la violazione dell’art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., avendo la Corte territoriale ignorato la prova della apposizione dell’ ulteriore condizione (acquisto); C) la violazione degli artt. 1321 e 1325 c.c., avendo il Giudice di merito deformato il contenuto dell’accordo; D) la violazione dell’art. 1362 c.c., commi 1 e 2, art. 1363 c.c., avendo la Corte territoriale male interpretato le prove orali e la volontà del locatore di subordinare l’accordo anche alla condizione dell’acquisto del fonda da parte del conduttore come espressa nella lettera 10.12.2012; E) la violazione del criterio residuale ermeneutico dell’art. 1371 c.c., riferito ai negozi a titolo gratuito.

1.1 Preliminarmente va dichiarata infondata la censura sub A), avendo la Corte d’appello esposto gli argomenti motivazionali in base ai quali ha ritenuto non dedotto “in condicione” il fatto dell’acquisto di altro fondo, ed inammissibile, in quanto, inconferente la censura svolta sub E), non avendo inteso la Corte di merito fare applicazione della norma di chiusura del sistema di interpretazione negoziale, non avendo ravvisato nella lettera del 10.12.2012 un contenuto testuale equivoco sotto l’aspetto sintattico o semantico.

1.2 Le altre censure sub B), C), e D) possono essere esaminate congiuntamente, in quanto tutte rivolte a contestare la ricostruzione della volontà negoziale compiuta dalla Corte territoriale.

La tesi difensiva deve ritenersi inidonea ad incrinare la interpretazione del contenuto della lettera in data 10.12.2002 fornita dalla Corte d’appello.

Ed infatti il mero richiamo contenuto nel ricorso ai fatti esposti nella lettera in data 10.12.2012 (ove si fa riferimento 1- alla intenzione del D., manifestata nell’agosto 2002, di acquistare un fondo ove trasferire la propria attività di deposito materiali, 2- alla richiesta del D. – qualora si fosse conclusa positivamente la compravendita – di recedere anticipatamente dal contratto di locazione, 3- al consenso alla risoluzione anticipata del rapporto prestato dal locatore in deroga alle disposizioni della L. n. 392 del 1978, art. 27, commi 7 ed 8, a condizione che l’immobile fosse lasciato “sgombro, diserbato e pulito in tutta la superficie”, 4- alle contestazioni del locatore in relazione al mancato pagamento dei canoni a far data da agosto 2002, non essendo stato rilasciato il fondo “alle condizioni pattuite”) e l’affermazione del ricorrente per cui costituivano “presupposti” dell’accordo sul recesso, tanto l’acquisto del terreno, quanto la ripulitura del fondo, non scalfiscono la ricostruzione della volontà negoziale dei contraenti operata dal Giudice di appello che pur non svalutando la intenzione manifestata dal D. di procedere ad una compravendita immobiliare al rango di mero “antefatto” della vicenda negoziale (irrilevante ai fini del perfezionamento dell’accordo sul diritto di recesso), ha invece implicitamente riconosciuto la rilevanza, ai fini dell’accordo – volto ad attribuire al conduttore un diritto potestativo di recesso anticipato dal rapporto locativo esercitabile senza preavviso ed in assenza di gravi motivi-, “anche” all’evento acquisitivo della disponibilità di un altro fondo da parte del conduttore, ma inteso nella generica accezione di acquisto del possesso o detenzione fondati su un titolo, indipendentemente quindi dalla natura del titolo giuridico di tale acquisto (compravendita, donazione, comodato, locazione, affitto ecc.. Cfr. sentenza appello in motivazione: “non sussiste un interesse giuridicamente apprezzabile da parte del locatore con riferimento alle modalità di reperimento da parte del conduttore di altro fondo da destinare a deposito attrezzi”), individuando, invece, nello sgombero e ripulitura del fondo la sola condizione sospensiva di efficacia dell’accordo in ordine alla quale era insorta controversia tra le parti, e traendo al proposito elementi di riscontro dalla specifica contestazione del locatore, formulata con la lettera del 2012, che lamentava l’omesso pagamento dei canoni, sebbene il conduttore non avesse rilasciato l’immobile nell’agosto 2002, nonchè il mancato avveramento della condizione sospensiva predetta (ripulitura e sgombero del fondo), senza invece formulare alcuna ulteriore contestazione in ordine al mancato avveramento “anche” dell’altra condizione relativa all’acquisizione della disponibilità di altro immobile ed in particolare del mancato perfezionamento della compravendita avente ad oggetto un altro fondo.

1.3 Tanto premesso, occorre osservare che la asserita violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., non viene formulata dal ricorrente secondo la struttura propria del relativo vizio di legittimità ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, non essendo evidenziato l’errore commesso dal Giudice di merito nella modalità di applicazione del criterio ermeneutico testuale e sistematico definito dalle indicate norme di legge, ma venendo prospettata soltanto un diverso risultato interpretativo volto a ravvisare una duplice condizione di efficacia dell’accordo individuata oltre che nella bonifica del terreno, nella stipula di un contratto di compravendita immobiliare tra conduttore-acquirente e terzo-alienante.

Il ricorrente, infatti, omette di esplicitare in che modo la Corte d’appello ha violato le regole della semantica e della sintassi del linguaggio che presiedono alla interpretazione letterale ex art. 1362 c.c., comma 1 e sistematica ex art. 1363 c.c., con riferimento all’esito della attività ermeneutica testuale (lettera 10.12.2012) ed extratestuale, in base al quale il Giudice di merito è pervenuto a ricostruire la volontà negoziale espressa nell’accordo di recesso, ritenendo che il riferimento all'”acquisto” di un altro fondo da parte del conduttore fosse stato inteso dalle parti contraenti in termini generici di acquisizione della disponibilità di un fondo e non invece con specifico ed esclusivo riferimento alla stipula di un contratto di compravendita, e cioè alla individuazione di uno specifico “tipo negoziale” diretto al trasferimento della proprietà di un nuovo fondo al conduttore.

1.4 Ne segue che il motivo in esame, come formulato, deve ritenersi inammissibile in quanto si risolve, in sostanza, nella mera prospettazione di un possibile significato alternativo, della disposizione negoziale in esame, diverso da quello accolto dalla Corte territoriale, ed in quanto tale è inidoneo ad inficiare la corretta applicazione dei criteri ermeneutici utilizzati dal Giudice di merito, atteso che – ribadendo il principio di diritto costantemente affermato da questa Corte – “l’interpretazione data dal giudice di merito ad un contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicchè, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra” (cfr. Corte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 10131 del 02/05/2006; id. Sez. 2, Sentenza n. 3644 del 16/02/2007; id. Sez. 1, Sentenza n. 4178 del 22/02/2007; id. Sez. 3, Sentenza n. 15604 del 12/07/2007; id. Sez. 3, Sentenza n. 24539 del 20/11/2009; id. Sez. 2, Sentenza n. 19044 del 03/09/2010; id. Sez. 3, Sentenza n. 16254 del 25/09/2012; id. Sez. 1, Sentenza n. 6125 del 17/03/2014).

p.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce: A) violazione dell’art. 112 c.p.c., non avendo la Corte d’appello esaminato il motivo di gravarne con il quale si deduceva il mancato avveramento della condizione relativa alla ripulitura del fondo, in quanto il conduttore non aveva provveduto a rimuovere i rifiuti speciali (materiali ed attrezzi edili) lasciati dal precedente locatario, come accertato nella decisione di prime cure; B) violazione degli artt. 2697 e 2722 c.c., nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè C) vizio di omessa motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non avendo tenuto conto la Corte di merito che spettava al conduttore fornire la prova dell’avveramento della condizione e che lo stesso D., nel ricorso in opposizione a decreto ingiuntivo, aveva riferito di aver lasciato detti rifiuti, descrivendoli e qualificandoli come speciali e soggetti a specifiche procedure di smaltimento; D) nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), in relazione ad omessa considerazione del fatto decisivo della presenza di rifiuti sul fondo.

2.1 Il motivo è fondato, quanto alla censura dedotta sub lett. B), con assorbimento dell’esame delle altre censure formulate nel motivo.

La condizione sospensiva apposta all’accordo, avente ad oggetto la bonifica del terreno da attuarsi mediante sgombero dei materiali, diserbamento e ripulitura dell’intera superficie del fondo, era stata apposta all’accordo con il quale il locatore attribuiva al conduttore il diritto potestativo di recesso anticipato dal contratto di locazione in corso.

Il locatore ha agito in giudizio, allegando – tra l’altro – il mancato avveramento di tale condizione e quindi la inefficacia dell’esercizio del diritto di recesso da parte del conduttore, ed ingiungendo, sul presupposto della perdurante efficacia del rapporto locativo, il pagamento dei canoni insoluti.

Il conduttore, proponendo opposizione al decreto ingiuntivo, ha inteso paralizzare la pretesa del creditore, eccependo l’avveramento della condizione sospensiva, e quindi il valido esercizio del diritto di scioglimento unilaterale dal contratto di locazione.

2.2 Orbene rileva il Collegio che, se l’acquisto di un diritto dipende dal verificarsi di un evento futuro ed incerto rimesso alla condotta volontaria di una delle parti (condizione sospensiva potestativa semplice), l’adempimento della condotta determinativa del fatto in questione viene a costituire elemento costitutivo della fattispecie negoziale attributiva del diritto, con la conseguenza che non vi è ragione di derogare al principio generale di riparto dell’ “onus probandi”, come disciplinato dall’art. 2697 c.c., secondo cui colui che intende far valere quel diritto – ovvero colui che intende affermare che l’evento condizionante si è avverato producendo l’acquisto del diritto – è tenuto a fornire in giudizio la prova di tale fatto (cfr. Corte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1390 del 05/08/1948; id. Sez. 2, Sentenza n. 656 del 20/02/1975).

2.3 Nella specie la Corte d’appello, venendo a pronunciare sull’avveramento dell’evento-bonifica del fondo dedotto in condizione, ha rilevato la inattendibilità, in quanto contraddittorie, delle dichiarazioni testimoniali dedotte “hinc et inde”, ed ha altresì ritenuto inattendibili le prove fotografiche prodotte dal locatore, in quanto rappresentative di uno stato dei luoghi “non compatibile” con l’utilizzo del fondo praticato dal conduttore fino al mese di agosto 2002.

La Corte territoriale affermando, invece, che il locatore non aveva fornito la prova che il fondo non fosse stato bonificato dal conduttore, ha illegittimamente operato una inversione dell’onere probatorio, in violazione della norma di diritto predetta e deve pertanto essere cassata in parte qua.

p.3. Con il terzo motivo, il ricorrente impugna la sentenza per non avere accertato che il conduttore, a far data dal mese di luglio-agosto 2002, non aveva provveduto a rilasciare il fondo, deducendo i vizi di: A) omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., sul motivo di gravame con il quale si contestava l’omessa riconsegna dell’immobile; B) violazione dell’art. 1590 c.c.: C) violazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè D) omessa motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ed ancora E) nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4.

Il ricorrente critica la sentenza di appello per non aver considerato che il D. non aveva fornito alcuna prova del rilascio dell’immobile condotto in locazione.

3.1 Indipendentemente dal rilievo della mancata trascrizione dei motivi di gravame, indispensabile ai fini della corretta deduzione del vizio di omessa pronuncia, in quanto incidente sulla descrizione del fatto processuale, quale requisito di accesso della censura al sindacato di legittimità, osserva il Collegio che lo scrutinio del secondo motivo rimane assorbito in conseguenza dell’accoglimento del precedente motivo di ricorso, atteso che la questione concernente l’eventuale inadempimento del conduttore alla obbligazione di rilascio del fondo, risulta condizionata dalla nuova valutazione delle risultanze istruttorie in ordine all’avveramento della condizione sospensiva del diritto di recesso, rimessa al Giudice del rinvio in applicazione della regola del riparto probatorio come sopra definita da questa Corte, stante la relazione di accessorietà-dipendenza che lega l’accordo sul diritto di recesso al rapporto di locazione del fondo.

3.2 La eventuale violazione da parte del conduttore dell’obbligo di restituzione dell’immobile alla cessazione del rapporto locativo, ai sensi dell’art. 1590 e 1591 c.c., può venire in rilievo soltanto nel caso in cui il recesso unilaterale fosse stato validamente esercitato (e cioè solo nel caso in cui sia accertato dal Giudice del rinvio l’avveramento della condizione sospensiva apposta all’accordo di recesso): solo in tal caso, infatti, il rapporto locativo potrebbe ritenersi cessato e potrebbe ravvisarsi un eventuale inadempimento della obbligazione “ex contractu” di restituzione dell’immobile, che esporrebbe il conduttore al pagamento dell’indennità di occupazione (in misura corrispondente all’importo del canone), salvo la prova di un maggior danno. Diversamente se il recesso non dovesse risultare validamente esercitato (non essendosi avverata la condizione sospensiva dello sgombero e ripulitura del fondo), allora il rapporto di locazione dovrebbe considerarsi tuttora vigente (in tal caso una violazione dell’obbligazione di rilascio ex art. 1590 c.c., non sarebbe configurabile) ed il conduttore sarebbe comunque tenuto al pagamento dei canoni insoluti maturati in costanza di rapporto, ipotesi quest’ultima che, è stata fatta valere dal locatore con la proposizione del ricorso per decreto ingiuntivo, sul presupposto della inefficacia dell’esercizio del diritto di recesso, ma che dovrà essere indagata dal Giudice del rinvio soltanto subordinatamente all’accertamento dell’avveramento o del mancato avveramento della condizione sospensiva dell’accordo di recesso, da compiersi in conformità al principio di diritto sopra enunciato sulla applicazione della regola ex art. 2697 c.c..

3.3 Dal che consegue l’assorbimento dell’esame della censura volta a criticare la sentenza impugnata per aver omesso di rilevare che il conduttore non aveva fornito prove dell’effettivo rilascio dell’immobile locato.

p.4. Con il quarto motivo il ricorrente si limita a reiterare le censure precedenti, senza dedurre nuovi vizi di legittimità, allegando genericamente che deve ritenersi affetta dai medesimi vizi di legittimità precedentemente contestati, anche la implicita statuizione del Giudice di appello di rigetto della domanda di condanna del conduttore al pagamento dei canoni.

4.1 La formulazione della critica alla statuizione implicita derivata dalla errata applicazione da parte della Corte territoriale della regola sul riparto dell’onere probatorio, non risponde ai requisiti prescritti dall’art. 366 c.p.c. e non integra pertanto un autonomo motivo di ricorso in ordine al quale possa configurarsi un obbligo di pronuncia da parte di questa Corte.

p.5. In conclusione, il ricorso deve essere accolto, limitatamente alla lett. B del secondo motivo (inammissibili il primo ed il quarto motivo; assorbito il terzo); la sentenza impugnata deve essere cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, che attenendosi al principio di diritto enunciato in motivazione (paragr. 2.2), procederà a nuova valutazione delle risultanze istruttorie in ordine alla verifica dell’avveramento della condizione sospensiva, ed in caso di accertata cessazione del rapporto locativo, alla verifica dell’avvenuto rilascio del fondo, provvedendo all’esito alla liquidazione anche delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte:

– accoglie il ricorso, limitatamente alla censura di cui al secondo motivo lett. B), inammissibili il primo ed il quarto motivo, assorbito il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata, in relazione alla censura accolta, e rinvia la causa alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, che procederà a nuovo esame attenendosi al principio di diritto enunciato in motivazione (pargr. 2.2), liquidando all’esito anche le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2016

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