Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25595 del 10/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 10/10/2019, (ud. 28/05/2019, dep. 10/10/2019), n.25595

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27609-2017 proposto da:

BAMBI ARISTON PROGETTO S.r.l., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato CAVUOTO PELLEGRINO, giusta procura speciale in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

UNICREDIT SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA IN ARCIONE 71, presso lo

studio dell’avvocato D’ERCOLE STEFANO, che la rappresenta e difende

giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3520/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 05/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. VELLA

PAOLA.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. La Corte di appello di Napoli ha pressochè interamente confermato (salvo l’accoglimento della censura relativa alla capitalizzazione annuale degli interessi) la sentenza con cui il Tribunale di Benevento aveva parzialmente accolto la domanda proposta da Bambi Ariston Progetto S.r.l. contro la banca Carimmo (poi Banca di Roma, quindi Capitalia, oggi Unicredit S.p.a.) per la ripetizione di indebito relativa al saldo del rapporto di conto corrente bancario intercorso dal 1/10/1986 al 30/6/1998 (per il quale la correntista aveva prodotto solo gli estratti conto relativi ai periodi 01/01/198631/12/1989 e 30/09/1993-30/06/1998) – con riguardo all’addebito di interessi passivi ultralegali non pattuiti per iscritto, commissioni di massimo scoperto, spese di tenuta conto e valute erronee, nonchè superamento dei tassi-soglia usurari (ex lege 108/96) e capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori – condannando la banca alla restituzione della somma di Euro 51.090,50.

2. Avverso detta sentenza la società Bambi Ariston Progetto S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, corredato da memoria. La banca Unicredit S.p.a. ha resistito con controricorso, parimenti corredato da memoria.

3. A seguito del deposito della proposta formulata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

4. Con l’unico motivo di ricorso – rubricato “Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per omessa valutazione della documentazione prodotta. Violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.” – ci si duole che la Corte d’appello, una volta riscontrata la carenza di estratti conto per il periodo gennaio 1990 – ottobre 1993, non si sia limitata ad escludere tale periodo dal ricalcolo, ma abbia “spezzato in due tronconi il rapporto, ritenendo erroneamente che il primo periodo oggetto di ricalcolo, tra l’altro coperto da giudicato interno, non potesse incidere sul prosieguo del rapporto, così come rideterminato, appellandosi a un supposto onere probatorio non assolto dalla correntista”, in tal guisa omettendo di “valutare correttamente i documenti acquisiti e la successiva CTU “. Secondo la ricorrente, detto onere probatorio avrebbe potuto incidere solo sul periodo non documentato, non già su quelli precedente e successivo, stante l’unitarietà del rapporto; pertanto, i giudici di merito avrebbero dovuto detrarre il saldo a credito ricalcolato per il primo periodo (Lire 61.976.583) dal debito risultante dal primo estratto conto relativo al secondo periodo.

5. Il motivo è inammissibile, poichè veicola censure eterogenee -violazioni di legge e vizi motivazionali – parimenti dirette a rivalutare il merito della causa, peraltro senza nemmeno rispettare i vincoli introdotti dalla riforma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), che onera il ricorrente di indicare – ai sensi degli artt. 366 c.p.c., comma, 1 n. 6), e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4) – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Sez. U, 8053/2014; conf. ex multis Cass. 27415/2018).

6. Del resto, il giudice di secondo grado ha chiaramente esposto i motivi in base ai quali ha ritenuto di non poter accedere alle tesi gradatamente avanzate dall’appellante, in particolare nè al metodo del cd. “saldo zero” (ossia l’azzeramento del saldo debitore iniziale del secondo periodo, pari a lire 149.600,185alla data del 30/9/93), nè alla riduzione di detto saldo a lire 24.940,,443sulla scorta della ricostruzione del rapporto effettuata dal c.t.u. – in quanto ciò avrebbe comportato “un collegamento opinabile e fittizio” tra i due periodi documentati – nè, per le medesime ragioni, alla sottrazione dell’indebito calcolato per il primo periodo dal saldo iniziale del terzo periodo, ogni ricalcolo potendo essere effettuato solo con riguardo ai periodi per i quali “la documentazione relativa ai movimenti dare-avere è completa”.

7. Che si sia di fronte ad un accertamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, emerge anche alla luce dei principi di recente precisati da questa Corte in tema di rapporti bancari di conto corrente caratterizzati dalla mancanza di una parte degli estratti conto (il primo di quelli disponibili riportando un saldo iniziale a debito del cliente), nel senso che “nel caso di domanda proposta dal correntista, l’accertamento del dare e avere può attuarsi con l’utilizzo di prove che forniscano indicazioni certe e complete, atte a dar ragione del saldo maturato all’inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto; ci si può inoltre avvalere di quegli elementi i quali consentano di affermare che il debito, nell’intervallo temporale non documentato, sia inesistente o inferiore al saldo passivo iniziale del primo degli estratti conto prodotti, o che permettano addirittura di affermare che in quell’arco di tempo sia maturato un credito per il cliente stesso; diversamente si devono elaborare i conteggi partendo dal primo saldo debitore documentato” (Cass., sez. 1, 02/05/2019 n. 11543).

7. All’inammissibilità del ricorso segue la condanna alle spese.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.800,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 100,00 ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2019

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