Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25591 del 30/11/2011
Cassazione civile sez. III, 30/11/2011, (ud. 03/11/2011, dep. 30/11/2011), n.25591
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PREDEN Roberto – Presidente –
Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –
Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
COMUNE DI JESI (OMISSIS), in persona del Sindaco p.t., B.
F. e del Dirigente dei Servizi Finanziari, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 38, presso lo studio
dell’avvocato DEL VECCHIO SERGIO, rappresentato e difeso
dall’avvocato MASTRI ANTONIO giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
B.A.H.O. DI LIUT SEGIO C. SAS (OMISSIS), in persona del legale
rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BENACO 5,
presso lo studio dell’avvocato MORABITO MARIA CHIARA, rappresentata e
difesa dall’avvocato MOSCHINI DANIELE giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 141/2006 del TRIBUNALE SEDE DISTACCATA DI di
JESI, depositata il 21/10/2006; R.G.N. 7276/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
03/11/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;
udito l’Avvocato SERGIO DEL VECCHIO per delega;
udito l’Avvocato DANIELE MOSCHINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
FRESA Mario che ha concluso per l’inammissibilità.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La B.A.M.O. di Liuti Sergio & C. s.a.s. richiese al Tribunale di Ancona, sezione distaccata di Jesi, l’annullamento della cartella esattoriale n. (OMISSIS) recante l’intimazione di pagamento in favore del Comune di Jesi di somme relative alla fornitura di acqua potabile, basata su fatture emesse per bollette insolute riguardanti l’anno 1997.
Il Comune di Jesi si costituì in giudizio e, nel resistere alla domanda, rilevò che il recupero coattivo era stato preceduto da un sollecito di pagamento datato 31 ottobre 2001 e notificato in data 14 novembre 2001 ed eccepì la tardività del ricorso per essere stato proposto il 21 ottobre 2004, quindi oltre i trenta giorni dalla notificazione della cartella di pagamento, avvenuta l’8 luglio 2004.
Il Tribunale, con sentenza pubblicata il 19 ottobre 2006, rigettata l’eccezione di decadenza, ha accolto l’opposizione, qualificandola come opposizione all’esecuzione ex art. 615 cod. proc. Civ., ed ha dichiarato l’inefficacia dell’esazione da parte del Comune di Jesi;
ha condannato quest’ultimo al pagamento delle spese processuali in favore dell’opponente.
Avverso la sentenza del Tribunale il Comune di Jesi propone ricorso straordinario per cassazione a mezzo di due motivi, articolati in diverse censure.
L’intimata B.A.M.A. di Liuti Sergio & C. sas ha depositato un atto intitolato “comparsa di costituzione e risposta”, non notificato al ricorrente.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Collegio ha raccomandato la motivazione semplificata. Il presente ricorso per cassazione è soggetto, quanto alla formulazione dei motivi, al regime dell’art. 366 bis c.p.c. (inserito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 ed abrogato dalla L. 18 giugno 2008, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d), applicabile in considerazione della data di pubblicazione della sentenza impugnata (19 ottobre 2006).
1.- Il primo motivo del ricorso, con il quale si denuncia il vizio di violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n 446 del 1997, art. 52, R.D. n. 639 del 1910, art. 3, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, L. n. 742 del 1969, art. 3, art. 615 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, è inammissibile per difettosa formulazione del quesito di diritto. Infatti, il quesito è formulato in termini tali (“1. Se l’opposizione all’esecuzione di un’ingiunzione amministrativa per il recupero di un’entrata patrimoniale del Comune sia sottoposta al termine decadenziale di cui alla L. n. 639 del 2010, art. 3 o a quello del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21. 2. Se la cartella esattoriale sia impugnabile solo per vizi propri o anche per vizi che attengono all’atto da cui nasce il debito iscritto a ruolo”) da rendere pressochè incomprensibile la questione di diritto sottoposta all’esame della Corte, poichè, per un verso, pone l’alternativa tra due distinte e peculiari normative senza prospettare quale delle due, secondo la soluzione preferita dal ricorrente, andrebbe applicata e quale sia stata invece la soluzione adottata dal giudice a quo e ritenuta erronea; per altro verso, pone l’ulteriore alternativa tra vizi dell’atto oggetto di opposizione e vizi degli atti presupposti, senza che nemmeno questa seconda parte del quesito contenga alcun riferimento al caso concreto.
Conclusivamente, il quesito di diritto non consente a questa Corte l’individuazione dell’errore di diritto denunciato dal ricorrente con riguardo alla fattispecie concreta nè l’enunciazione di una regula iuris applicabile anche in casi ulteriori rispetto a quello da decidere con la presente sentenza, poichè di tale caso e delle questioni che esso pone non è fornita alcuna valida sintesi logico- giuridica (cfr. Cass. S.U. n. 26020 del 30 ottobre 2008).
2.- Le ragioni di inammissibilità di cui sopra valgono anche con riferimento al secondo motivo di ricorso, con il quale si denuncia il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., degli artt. 115 e 167 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, svolgendo i seguenti quesiti di diritto: “1. Se, giusta l’ordinamento processuale, i fatti allegati da una delle parti vadano considerati pacifici – e quindi possano essere posti a fondamento della decisione – quando la controparte abbia assunto una posizione difensiva assolutamente incompatibile con la loro negazione. 2. Se le risultanze del contatore del servizio idrico, ove non siano tempestivamente contestate nel termine previsto dal relativo regolamento, costituiscano prova della quantità del consumo.”. E’ evidente il carattere generico di entrambe le parti del quesito, non idonee a dar conto di quali siano stati i mezzi di prova e le condotte processuali delle parti in sede di merito e di quali siano gli errori di giudizio o processuali in cui sarebbe incorso il giudice a quo.
3.- Quanto al vizio di motivazione, denunciato, con riferimento alla norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, contenuto nel titolo sia del primo che del secondo motivo, non si rinviene il momento di sintesi che questa Corte ha ripetutamente ritenuto indispensabile per una corretta formulazione del quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., nel testo come sopra vigente (cfr., tra le altre, Cass. n. 4556/09);
per i di più, l’illustrazione dei motivi è svolta con modalità tali da non consentire di distinguere le parti di essa riservate alla censura di vizio di violazione di legge da quelle relative, invece, al vizio di motivazione.
Vanno quindi reputate in ammissibili anche le censure concernenti il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.
4.- Non vi è luogo a provvedere sulle spese poichè l’intimata si è difesa con atto denominato “comparsa di costituzione e risposta”, soltanto depositato in cancelleria e nemmeno notificato al ricorrente, quindi da reputarsi inammissibile per inosservanza delle forme e dei termini di cui all’art. 370 cod. proc. civ..
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla sulle spese.
Così deciso in Roma, il 3 novembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2011