Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25591 del 14/11/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 25591 Anno 2013
Presidente: ROVELLI LUIGI ANTONIO
Relatore: SAN GIORGIO MARIA ROSARIA

SENTENZA

sul ricorso 24786-2012 proposto da:
DI LALLO BAMBINA DLLBBN49D42G237X, DI LALLO VITTORIO
DLLVTR51C01D823U, DI LALLO MARIANO DLLMRN44S02G237M,
DI LALLO ROMILDA DLLRLD23C69G237N, DI LALLO MARIA
DOMENICA DLLMDM46T45G237A, DI LALLO NICOLA

Data pubblicazione: 14/11/2013

DLLNCL53C01D823Z, DI LALLO ANGELO DLLNGL54S16D823H,
2013
1103

DI LALLO ROSA DLLRS059S60F259M, elettivamente
domiciliati in ROMA, PIAZZA DEI GERANI 6, presso lo
studio dell’avvocato DIEGO MARRA, rappresentati e
difesi dagli avvocati ZAULI MENOTTO, ZAULI CARLO;
– ricorrenti –

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contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende;

avverso il provvedimentd{214/11ídella CORTE D’APPELLO
di ANCONA, depositata il 21/05/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/04/2013 dal Consigliere Dott. MARIA
ROSARIA SAN GIORGIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

– controricorrente

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Svolgimento del processo
Romilda, Angelo, Maria Domenica, Nicola, Rosa, Vittorio,
Bambina e Mariano Di Lallo hanno impugnato per cassazione deducendo nove motivi di censura, illustrati anche con memoria nei confronti del Ministero della giustizia, il decreto,

di Ancona, pronunciando – dopo averli riuniti – sui ricorsi degli
stessi, volti ad ottenere l’equa riparazione dei danni non
patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma
1, in contumacia del Ministero della giustizia, aveva condannato
quest’ultimo a pagare in favore di Romilda Di Lallo la somma di
euro 7350,00, ed in favore di ciascuno degli altri ricorrenti la
somma di Euro 6250,00 a titolo di equa riparazione, oltre gli
interessi dalla pronuncia al saldo, condannandolo altresì alle
spese del giudizio, previa compensazione per il cinquanta per
cento.
In particolare, la domanda di equa riparazione per
l’irragionevole durata del processo presupposto era fondata sui
seguenti fatti: a) gli odierni ricorrenti avevano promosso una
causa di risarcimento di danni dinanzi al Tribunale di Ravenna con
atto di citazione notificato nel gennaio 1998; b) il Tribunale
adito aveva definito il giudizio con sentenza depositata il 2
agosto 2002, impugnata innanzi alla Corte d’appello di Bologna,
che aveva definito il secondo grado con sentenza depositata il 15
febbraio 2011.

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depositato in data 21 maggio 2012, con il quale la Corte d’appello

La Corte di merito, dopo aver precisato che il giudizio non
presentava profili di particolare complessità, ed avere rilevato
che la durata complessiva dello stesso era stata pari ad anni
tredici ed un mese (dal gennaio 1998 al 15 febbraio 2011), aveva
determinato il periodo eccedente la ragionevole durata in otto

cinquanta per cento le spese di lite (ponendole per il residuo a
carico dell’Amministrazione soccombente), in considerazione del
ridimensionamento nel quantum della domanda.
Motivi della decisione
Il Collegio, all’esito della odierna Camera di consiglio, ha
deliberato di adottare la motivazione semplificata.
Con i motivi di censura, i ricorrenti sottopongono a critica
il decreto impugnato, sostenendo che il giudice di merito: a) ha
considerato, ai fini dell’equa riparazione, il solo periodo
eccedente la ragionevole durata del processo presupposto, anziché
l’intera durata di esso (primo motivo); b) ha liquidato un
indennizzo inferiore ai parametri utilizzati dalla Corte EDU,
facendo inoltre illegittimamente decorrere gli interessi dalla
data della deliberazione del decreto, anziché da quella della
proposizione della domanda (secondo, terzo e quarto motivo); c) ha
liquidato le spese senza tenere conto delle singole posizioni dei
ricorrenti (quinto e sesto motivo); d) ha illegittimamente ridotto
la liquidazione delle spese rispetto alla richiesta del
ricorrente, di cui alla nota debitamente allegata (settimo

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anni e un mese. Il giudice di merito aveva, poi, compensato per il

motivo); e) ha disposto illegittimamente la compensazione delle
spese per due terzi (ottavo e nono motivo).
La censura sub a) è infondata.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in tema
di diritto ad un’equa riparazione in caso di violazione del

marzo 2001, n. 89, l’indennizzo non deve essere correlato alla
durata dell’intero processo, bensì solo al segmento temporale
eccedente la durata ragionevole della vicenda processuale
presupposta, che risulti in punto di fatto ingiustificato o
irragionevole, in base a quanto stabilito dall’art. 2, coma 3, di
detta legge, conformemente al principio enunciato dall’art. 111
Cost., che prevede che il giusto processo abbia comunque una
durata connaturata alle sue caratteristiche concrete e peculiari,
seppure contenuta entro il limite della ragionevolezza. Questo
parametro di calcolo, che non tiene conto del periodo di durata
ordinario e ragionevole, non esclude la complessiva attitudine
della L. n. 89 del 2001, a garantire un serio ristoro per la
lesione del diritto in questione, come riconosciuto dalla stessa
Corte europea nella sentenza 27 marzo 2003, resa sul ricorso n,
36813/97, e non si pone, quindi, in contrasto con l’art. 6, par.
1, della Convezione europea dei diritti dell’uomo” (Sez. 1 ^ ,
Ordinanza n. 3716 del 14/02/2008, 13 gennaio 2011, n. 727). Nè
rileva il contrario orientamento della giurisprudenza della Corte
europea dei diritti dell’uomo, poiché il giudice nazionale è
tenuto ad applicare le norme dello Stato e, quindi, il disposto

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termine di durata ragionevole del processo, ai sensi della L. 24

dell’art. 2, coma 3, lett. a) della citata legge; non può,
infatti, ravvisarsi un obbligo di diretta applicazione dei criteri
di determinazione della riparazione della Corte europea dei
diritti dell’uomo, attraverso una disapplicazione della norma
nazionale, avendo la Corte costituzionale chiarito, con le

diritti dell’uomo non crea un ordinamento giuridico sopranazionale
e non produce quindi norme direttamente applicabili negli Stati
contraenti, essendo piuttosto configurabile come trattato
internazionale multilaterale, da cui derivano obblighi per gli
Stati contraenti, ma non l’incorporazione dell’ordinamento
giuridico italiano in un sistema più vasto, dai cui organi
deliberativi possano promanare norme vincolanti,

omisso medio, per

tutte le autorità interne (v., per tutte, Cass., sent. n. 9258 del
2011);
Anche le censure sub b) sono infondate.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, sussistendo
il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di
cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, si considera equo, in linea di
massima, l’indennizzo di Euro 750,00 per ciascuno dei primi
tre anni di irragionevole durata e di Euro 1.000,00 per ciascuno
dei successivi anni. Pertanto, il giudice di merito, avendo
indicato in due anni e quattro mesi il periodo di durata del
processo eccedente quella ragionevole, ha complessivamente in modo
corretto liquidato la somma di euro 1750,00.

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sentenze n. 348 e n. 349 del 2007, che la Convenzione europea dei

Quanto alla questione degli interessi su detta somma, l’equa
riparazione è stata determinata dalla Corte d’appello con
liquidazione espressamente effettuata all’attualità, sicché
l’importo riconosciuto è da ritenere comprensivo degli interessi
maturati dalla domanda al momento del decreto (v. Cass., sent. n.

Infondata è altresì la censura sub c).
Questa Corte (Sez. 1, 3 maggio 2010, n. 10634) ha già
affermato che, in tema di equa riparazione ai sensi della L. n. 89
del 2001, la condotta di più soggetti, che dopo aver agito
unitariamente nel processo presupposto, in tal modo dimostrando la
carenza di interesse alla diversificazione delle rispettive
posizioni, propongano contemporaneamente distinti ricorsi per equa
riparazione, con identico patrocinio legale, dando luogo a cause
inevitabilmente destinate alla riunione, in quanto connesse per
l’oggetto ed il titolo, si configura come abuso del processo,
contrastando con l’inderogabile dovere di solidarietà, che
impedisce di far gravare sullo Stato debitore il danno derivante
dall’aumento degli oneri processuali, e con il principio
costituzionale della ragionevole durata del processo, avuto
riguardo all’allungamento dei tempi processuali derivante dalla
proliferazione non necessaria dei procedimenti. Tale abuso impone
per quanto possibile l’eliminazione degli effetti distorsivi che
ne derivano, e quindi la valutazione dell’onere delle spese come
se il procedimento fosse stato unico fin dall’origine.
Fondata è invece la censura sub d).

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29312 del 2012).

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in tema
dà liquidazione delle spese processuali, il giudice, in presenza
di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non può
limitarsi ad una globale determinazione dei diritti di procuratore
e degli onorari di avvocato in misura inferiore a quelli esposti,

della riduzione di voci da lui operata (v., tra le altre, Cass.,
7293 del 2011, n. 4404 del 2009).
Infondata è, infine, la censura sub e).
Ed infatti, in ordine alla disposta compensazione per un mezzo
delle spese di lite, giustificata con il riferimento al
ridimensionamento della domanda, deve ribadirsi quanto questa
Corte ha già in precedenza statuito (tra le tante, Cass., Sez. I,
15 marzo 2010, n. 6193), e cioè che i giudizi di equa riparazione
per violazione della ragionevole durata del processo, proposti ai
sensi della legge n. 89 del 2001, non si sottraggono in tema di
spese processuali alla disciplina dell’art. 91 e segg. cod. proc.
civ., con la conseguente applicabilità del principio della
soccombenza e della compensabilità delle spese in presenza di
giusti motivi, sulla base di congrua motivazione.
Nella specie, il decreto della Corte territoriale ha dato
eccessivo rilievo al discostamento tra quanto liquidato dal
giudice e quanto i ricorrenti avevano richiesto, compensando per
il cinquanta per cento le spese e ponendo la parte residua a
carico dell’Amministrazione.

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ma ha l’onere di dare adeguata motivazione dell’eliminazione e

Conclusivamente, il decreto impugnato deve essere cassato in
riferimento alle statuizioni concernenti la liquidazione delle
spese del giudizio di merito e la disposta compensazione. Non
essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, questa Corte
può decidere nel merito riliquidando dette spese come da

Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza
e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione. Cassa il
decreto limitatamente alla statuizione relativa alla liquidazione
delle spese del giudizio di merito, che riliquida in complessivi
euro 1648,90, di cui euro 600,00 per diritti, euro 1000,00 per
onorari, euro 48,90 per spese. Condanna il Ministero della
Giustizia al pagamento delle spese del giudizio di legittimità,
che liquida in complessivi Euro 505,75, oltre agli accessori come
per legge. Le spese vanno distratte in favore dell’Avvocato Carlo
Zauli, che se ne è dichiarato antistatario.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della CestaSezione Civile, il 18 aprile 2013.

dispositivo.

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