Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2559 del 30/01/2019

Cassazione civile sez. trib., 30/01/2019, (ud. 11/12/2018, dep. 30/01/2019), n.2559

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

EDITORIALE LA LA NUOVA SARDEGNA S.p.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, viale

Parioli 43 presso lo studio dell’Avv. Francesco d’Ayala Valva che la

rappresenta e difende per procura a margine del ricorso.

-ricorrente-

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore generale pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n.12 presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende.

-controricorrente/ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 290/8/2010 della Commissione Tributaria

Regionale della Sardegna-sezione staccata di Sassari, depositata il

10.12.2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 11.12.2018 dal Consigliere Roberta Crucitti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Sanlorenzo Rita che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale e il rigetto del ricorso incidentale;

udito per la ricorrente l’Avv.Francesco d’Ayala Valva;

udito per la controricorrente-ricorrente incidentale l’Avv. Bruno

Dettori.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle entrate, Ufficio di Sassari, a seguito di accesso presso i locali dell’impresa, con avviso di accertamento notificato il 24.12.2003, rettificò per l’anno di imposta 1997, il reddito, dichiarato esente ai fini dell’ILOR, da La Nuova Sardegna S.p.A., rispetto a quello precedentemente riconosciuto D.P.R. n. 601 del 1973, ex art. 26, e D.P.R. n. 218 del 1978, art. 101 (recanti disposizioni agevolative per l’industrializzazione del Mezzogiorno).

Il ricorso proposto dalla Società avverso l’atto impositivo venne accolto, nel merito, dall’adita Commissione tributaria provinciale ma, la decisione, appellata da entrambe le parti, era riformata, con la sentenza indicata in epigrafe, dalla Commissione tributaria regionale della Sardegna-sezione distaccata di Sassari la quale, confermato il rigetto delle preliminari eccezioni di illegittimità dell’avviso di accertamento come già pronunciato dal primo Giudice, riteneva di condividere, nel merito, la tesi dell’Ufficio ma, in accoglimento dell’appello incidentale della contribuente, dichiarava inapplicabili le sanzioni.

In particolare, il Giudice di appello riteneva che la Società avesse stipulato con la sua controllante (Editoriale Gruppo L’Espresso S.p.A.) un contratto di finanziamento e che tale attività era del tutto estranea al ciclo produttivo tipico, con conseguente disconoscimento per tali redditi dall’esenzione ILOR.

Riteneva, però, inapplicabili le sanzioni per l’obiettiva incertezza e complessità della portata e dell’ambito di applicazione della norma.

Avverso la sentenza la Società ha proposto ricorso su ventisei motivi.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso e propone ricorso incidentale su unico motivo.

La Società ha depositato memoria ai sensi dell’art. 348 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con i primi sette motivi di ricorso la Società – premesso essere pacifico che l’accesso nei locali era avvenuto il 4.12.2003 e il 19.12.2003 (con consegna del p.v.c. in pari data) e che l’avviso di accertamento era stato notificato il successivo 24 dicembre – censura il capo di sentenza con il quale la Commissione tributaria regionale sarda (d’ora in poi C.T.R.) aveva respinto le eccezioni preliminari sollevate (e ribadite nel grado di appello) da La Nuova Sardegna S.p.A. di illegittimità dell’atto impositivo, perchè emesso in violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7.

1.1. In particolare, la ricorrente, con i primi quattro motivi deduce, sotto diversi profili, la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, laddove la C.T.R. aveva ritenuto la legittimità dell’avviso di accertamento, malgrado emesso ante tempus nell’assenza di particolari ragioni d’urgenza.

1.2. Con il quinto motivo, articolato in subordine, si deduce violazione di legge laddove la C.T.R. pareva aver integrato l’avviso di accertamento impugnato ravvisando la vicina prescrizione dell’azione accertativa.

1.3. Con il sesto e il settimo motivo si denuncia la sentenza impugnata, rispettivamente, di motivazione insufficiente e omessa in ordine all’eccepita assenza di qualsivoglia indicazione nell’avviso impugnato delle ragioni d’urgenza, legittimanti il mancato rispetto dei termini di cui alla L. n. 212 del 2000, invocato art.12, comma 7.

2. L’Agenzia delle entrate resiste a dette censure ribadendo, come già nei precedenti gradi di giudizio, l’inapplicabilità della norma invocata alla fattispecie, in cui all’accesso non era seguita una “verifica fiscale” ma lo stesso era stato mirato, al fine di richiedere, direttamente presso la sede della Società, la documentazione necessaria per notificare un accertamento relativo ad una annualità in decadenza.

3.La res controversa, oggetto in passato di opposte soluzioni, ha trovato definitiva composizione con la sentenza n. 18184/2013 resa dalle Sezioni Unite di questa Corte il 29/07/2013 con la quale si è statuito il principio per cui “in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sè, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, poichè detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, espressione dei principi, di collaborazione e buona fede tra ed è diretto al migliore e più il quale costituisce primaria derivazione costituzionale, di amministrazione e contribuente efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio”.

3.1. La successiva giurisprudenza di questa Corte (v. Cass n. 15624 del 09/07/2014; id n. 1007 del 17/01/2017) ha, poi, specificato che “la garanzia di cui alla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, si applica a qualsiasi atto di accertamento o controllo con accesso o ispezione nei locali dell’impresa, ivi compresi gli atti di accesso istantanei finalizzati all’acquisizione di documentazione, in quanto la citata disposizione non prevede alcuna distinzione ed è, comunque, necessario redigere un verbale di chiusura delle operazioni anche in quest’ultimo caso, come prescrive il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 52, comma 6.”

4.Nella specie, è incontestato, anzi, espressamente accertato in sentenza e ammesso da entrambe le parti, che:

– in data 4.12.2003 vi fu accesso presso i locali dell’impresa al fine di controllare in loco la documentazione contabile necessaria per l’avviso di accertamento;

– in data 19.12.2003 l’accesso ebbe termine con consegna alla Società del processo verbale di constatazione;

– l’avviso di accertamento venne notificato il successivo 24.12.2003, senza menzione della sussistenza di particolari ragioni di urgenza.

La sussistenza di tali ragioni non è neppure stata prospettata dall’Agenzia delle Entrate nel corso dei gradi di giudizio nè dinnanzi a questo Giudice di legittimità.

5. Ciò posto, alla luce del condiviso principio sopra esposto, dal quale il Giudice di appello si è discostato, sono certamente fondati i primi quattro motivi di ricorso, mentre il quinto motivo, formulato in subordine, rimane assorbito.

5.1. Il sesto e il settimo motivo di ricorso, prospettanti vizi motivazionali, vanno, invece, dichiarati inammissibili giacchè censurano la sentenza impugnata non individuando “fatti” nell’accezione rilevante di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n.5, ovvero, non individuano un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico (cfr.Cass.n.21152/2014).

6.L’accoglimento dei primi quattro motivi, comportanti la cassazione della sentenza impugnata e la decisione nel merito della controversia, con declaratoria di nullità dell’avviso di accertamento impugnato, assorbe l’esame degli ulteriori motivi di ricorso (vertenti su vizi di motivazione dell’avviso impugnato e sul merito della pretesa tributaria) nonchè dell’unico motivo di ricorso incidentale con cui l’Agenzia delle entrate ha censurato, per violazione di legge, il capo di sentenza che ha escluso l’applicabilità delle sanzioni.

7.La novità della soluzione giurisprudenziale rispetto alla data di proposizione del ricorso per cassazione, induce a compensare integralmente tra le parti le spese processuali.

PQM

Accoglie i primi quattro motivi del ricorso principale;

dichiara assorbito il quinto e inammissibili il sesto e il settimo;

dichiara assorbiti i restanti motivi del ricorso principale e il ricorso incidentale;

cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara la nullità dell’impugnato avviso di accertamento.

Compensa integralmente tra le parti le spese processuali dei gradi di merito e del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2019

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