Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25586 del 27/10/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. trib., 27/10/2017, (ud. 21/09/2017, dep.27/10/2017),  n. 25586

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28458-2015 proposto da:

TOPPETTI 2 SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIALE GORIZIA 51-B, presso lo

studio dell’avvocato FERRUCCIO ZANNINI, che lo rappresenta e difende

giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DEL TERRITORIO, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 560/2015 della COMM.TRIB.REG. di PERUGIA,

depositata il 28/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/09/2017 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato ZANNINI che si riporta al ricorso

e chiede l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato DE BONIS che ha chiesto il

rigetto.

Fatto

FATTI RILEVANTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

p. 1. La Toppetti 2 spa propone un motivo di ricorso per la cassazione della sentenza n. 560/1/15 del 28 ottobre 2015 con la quale la commissione tributaria regionale dell’Umbria, giudicando in sede di rinvio da Cass. n. 25564 del 3 dicembre 2014, ha rideterminato (in riforma della sentenza di primo grado) la rendita catastale attribuita dall’agenzia del territorio di Perugia al fabbricato industriale (adibito a produzione di laterizi) di sua proprietà; composto da una parte immobiliare (stimata dal giudice di rinvio in Euro 4.590.000) e da impianti fissi non asportabili senza significativi interventi di rimozione e modificazione strutturale (già esclusi dal calcolo della rendita dal primo giudice, e invece considerati dal giudice di appello per l’importo di Euro 3.339.757,19).

Il giudice di rinvio, in particolare, ha ritenuto che: – in ottemperanza a quanto deciso dalla sentenza di cassazione citata, il valore della parte immobiliare in senso stretto dello stabilimento dovesse essere rideterminata, previa correzione dell’errore aritmetico contenuto nella sentenza cassata, in euro 4.590.000 (Euro 150 al m2 per una superficie complessiva di 30.600 m2); – sempre in ottemperanza a quanto deciso dalla corte di cassazione, che aveva dichiarato inammissibile il motivo di ricorso con il quale la società contribuente aveva sostenuto la radicale esclusione dal conteggio degli impianti fissi, la stima di questi ultimi fosse ormai divenuta intangibile nel suddetto importo (Euro 3.339.757,19) già stabilito dal giudice di appello.

Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate.

p. 2.1 Con l’unico motivo di ricorso la Toppetti 2 spa lamenta “violazione e falsa applicazione della legge di stabilità 2015 (L. n. 190 del 2014, commi 244 e 245; R.D.L. n. 652 del 1939, art. 10 afferente al criterio di determinazione del valore attribuito ai ccdd. impianti fissi. Violazione del principio della retroattività)”.

Per avere il giudice di rinvio incluso nel calcolo della rendita catastale gli impianti fissi, nonostante che questi ultimi dovessero ritenersi esclusi dal calcolo in ragione della normativa sopravvenuta (legge di stabilità 2015). Normativa alla quale erroneamente il giudice di rinvio non aveva attribuito efficacia retroattiva.

p. 2.2 Il motivo è destituito di fondamento.

La sentenza di rinvio si è correttamente conformata a quanto stabilito dalla citata sentenza di cassazione n. 25564/14, la quale accolse il ricorso della società contribuente soltanto sul primo motivo, concernente la discrasia aritmetica rinvenibile nella decisione del giudice di appello circa il valore attribuito alla parte immobiliare “in senso stretto” del compendio produttivo in oggetto. La sentenza di legittimità, per contro, dichiarò inammissibile il secondo motivo di ricorso, con il quale la società contribuente lamentava l’illegittima inclusione nel calcolo della rendita altresì dei ccdd. impianti fissi.

Su questo aspetto, la corte di cassazione rilevò l’inammissibilità di quest’ultimo motivo di ricorso sotto due diversi concorrenti profili: a. l’inidoneità del quesito di diritto, secondo la disciplina processuale ex D.Lgs. n. 40 del 2006 qui applicabile ratione temporis; b. la carenza di interesse, dal momento che dal medesimo ricorso per cassazione (pag. 10) erano desumibili conclusioni definite “perplesse”, dalle quali pareva evincersi che la stessa società contribuente attribuisse agli impianti e macchinari un valore – comunque correttamente argomentato dalla sentenza di appello – coincidente “con quello agli stessi beni attribuito dalla sentenza impugnata” (vale a dire, Euro 3.339.757,19).

L’accoglimento del ricorso per cassazione “nei limiti di cui in motivazione” ha dunque comportato che il giudice di rinvio dovesse accertare e correggere l’effettivo errore aritmetico relativo alla sola componente immobiliare; non potendo, per contro, più intervenire (a seguito della ritenuta inammissibilità, come detto, del relativo motivo di ricorso) sulla decisione, ormai definitiva, concernente sia l’inclusione nel calcolo altresì degli impianti fissi, sia il valore a questi ultimi già a tal fine attribuito dal giudice di merito.

Ebbene, la sentenza CTR di rinvio, qui impugnata, ha correttamente recepito quanto così stabilito dalla sentenza di legittimità, correggendo l’errore aritmetico nella stima della parte immobiliare (infine stabilita in Euro 4.590.000); ed esattamente affermando l’immodificabilità del valore attribuito agli impianti fissi, considerato “che lo specifico motivo di ricorso è stato ritenuto inammissibile dalla cassazione, con la conseguenza che il relativo profilo decisorio della sentenza si è consolidato; profilo peraltro incidentalmente valutato in termini positivi dalla cassazione medesima”.

In definitiva, va qui ribadito che il giudizio di rinvio non ha affatto riguardato la questione degli impianti fissi, da ritenersi ormai irrevocabilmente risolta già sulla base della stima operata dalla sentenza di appello, la cui richiesta di cassazione sul punto è stata ritenuta inammissibile da questa corte.

Ora, la circostanza che il giudizio di rinvio abbia avuto ad oggetto unicamente la stima attribuibile alla componente immobiliare del compendio produttivo, non esclude che la rendita in oggetto possa comunque trovare aggiornamento, per quanto concerne gli impianti, alla luce della disciplina di maggior favore sopravvenuta (L. 23 dicembre 2014, n. 190, art. 1, comma 244 e s.; L. 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1, comma 21); disciplina che, come noto, ha profondamente innovato la materia della imponibilità delle unità immobiliari a destinazione speciale e particolare, nonchè quella delle variazioni catastali finalizzate allo scorporo delle componenti impiantistiche.

Stante la rilevata preclusione, tale aggiornamento non potrà però essere operato nell’ambito del presente giudizio, posto che l’applicazione dello jus superveniens di cui la ricorrente lamenta la pretermissione trovava qui ostacolo proprio nella ravvisata preclusione formatasi sulla questione degli impianti fissi, ed anzi – per le indicate ragioni – proprio nella radicale insussistenza di un giudizio di rinvio avente ad oggetto questi ultimi.

Ciò non toglie che l’aggiornamento della rendita catastale sulla base della disciplina sopravvenuta (peraltro già ritenuta priva di effetti retroattivi da Cass. 24924/16) potrà essere effettuato dalla società contribuente, in sede amministrativa, secondo le modalità stabilite dalla Circolare n. 2/E dell’agenzia delle entrate del 1^ febbraio 2016.

Tale aggiornamento non potrà che valere per il futuro, risultando per contro intangibile – fino a che non interverrà l’attribuzione della nuova rendita aggiornata per gli anni a venire – la rendita catastale così come stabilita dai giudici di merito all’esito del presente giudizio.

Ne segue pertanto il rigetto del ricorso, con condanna della società ricorrente alla rifusione delle spese di lite; liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE

– rigetta il ricorso;

– condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 5.000,00; oltre spese prenotate a debito;

– v.to il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;

– dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione quinta civile, il 21 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2017

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA