Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25586 del 12/11/2020

Cassazione civile sez. II, 12/11/2020, (ud. 30/06/2020, dep. 12/11/2020), n.25586

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20782/2019 proposto da:

F.A., rappresentato e difeso dall’Avvocato EDOARDO

CAVICCHI,ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv.

Anna Pensiero, in ROMA, VIA della GIULIANA 91;

– ricorrente –

contro

MINISTERO dell’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 8242/2018 della CORTE d’APPELLO di ROMA

depositata il 24/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/06/2020 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

F.A., deducendo di essere cittadino del (OMISSIS) in quanto nato a (OMISSIS), impugnava il provvedimento della Commissione Territoriale di Roma chiedendo il riconoscimento dello status di rifugiato o di altra forma di protezione internazionale.

Il Tribunale di Roma, con ordinanza pubblicata il 29.3.2017, rigettava l’impugnazione.

Contro detta ordinanza, l’interessato proponeva appello.

Il richiedente aveva dichiarato di avere abbandonato il Paese di origine a causa degli insanabili contrasti esistenti, in ambito familiare, tra di lui ed il padre per questioni di interesse economico e non per motivi religiosi e/o, politici.

Con sentenza n. 8242/2018, depositata il 24/12/2018, la CORTE d’APPELLO di ROMA rigettava il gravame.

Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione F.A. sulla base di un motivo; l’intimato Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con un unico motivo, il ricorrente lamenta, “nel negare la protezione sussidiaria, (la) violazione e/o (la) falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 4, art. 14, lett. a), b), c); art. 3 Cedu; D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8; art. 111 Cost., art. 132 c.p.c., art. 118 disp. att.”, là dove la Corte territoriale “respingeva il ricorso (in appello) del sig. F. con motivazione contraddittoria poichè, da un lato, lo dichiarava inammissibile per violazione dell’art. 342 c.p.c., ma dall’altro prendeva posizione anche nel merito dello stesso” (ricorso per cassazione, pag. 1).

1.1. – Il motivo è inammissibile.

1.2. – E’ principio consolidato che il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione dei motivi per i quali si richiede la cassazione della sentenza impugnata, aventi i requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (Cass. n. 3741 del 2004; Cass. n. 6219 del 2005; Cass. n. 5952 del 2007; Cass. n. 18421 del 2009) In particolare, è necessario che venga contestata specificamente la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia oggetto di impugnazione (Cass. n. 19989 del 2017).

Nel caso concreto, la Corte distrettuale ha dichiarato inammissibile il gravame del richiedente, poichè l’atto di appello (oltre a difettare dei requisiti prescritti dall’art. 342 c.p.c., là dove non erano state affrontate le conseguenze della mancata comparizione del richiedente in udienza), neppure conteneva gli altri motivi di impugnazione della sentenza di primo grado compiutamente svolti, articolando solo “una breve rassegna della normativa e della giurisprudenza in tema di protezione internazionale priva di collegamenti con la specifica vicenda personale di F.A., come da quest’ultimo narrata dinanzi alla Commissione territoriale” (v. sentenza impugnata, pag. 2).

1.3. – Anche nel presente motivo di ricorso in cassazione, il richiedente si limita ad allegare la illegittimità della pronuncia di appello sotto gli svariati e generici profili evocati, secondo una visione della vicenda de qua meramente astratta e di principio; e senza così cogliere appieno la discrasia con le diverse effettive rationes decidendi su cui si fonda la sentenza impugnata, ciascuna delle quali idonea a fondarne la decisione.

Ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, il ricorso deve contenere i motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza impugnata.

Se è vero che l’indicazione dei motivi non necessita dell’impiego di formule particolari, essa tuttavia deve essere proposta in modo specifico, vista la sua funzione di determinare e limitare l’oggetto del giudizio della Corte (Cass. n. 10914 del 2015; Cass. n. 3887 del 2014). Ciò richiede che i motivi posti a fondamento dell’invocata cassazione della decisione impugnata debbano avere i caratteri della specificità, della completezza e della riferibilità alla decisione stessa (Cass. n. 14784 del 2015; Cass. n. 13377 del 2015; Cass. n. 22607 del 2014). E comporta, tra l’altro, l’esposizione di argomentazioni intelligibili ed esaurienti ad illustrazione delle singole dedotte violazioni di norme o principi di diritto (Cass. n. 23804 del 2016; Cass. n. 22254 del 2015).

Così, dunque, il motivo di impugnazione che (come nella specie) prospetti una pluralità di questioni precedute unitariamente dalla elencazione delle norme asseritamente violate è altrettanto inammissibile in quanto, da un lato, costituisce una negazione della regola della chiarezza e, dall’altro, richiede un intervento della Corte volto ad enucleare dalla mescolanza dei profili le parti concernenti le separate censure (Cass. n. 18021 del 2016).

1.4. – Peraltro, va altresì rilevato che il denunciato vizio di violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea valutazione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione (peraltro, entro i limiti del paradigma previsto dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

Pertanto, il motivo con cui si denunzia il vizio di legittimità deve essere dedotto, a pena di inammissibilità, non solo mediante la puntuale indicazione delle norme assertivamente violate, ma anche mediante specifiche e intelligibili argomentazioni intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie; diversamente impedendosi alla Corte di cassazione di verificare il fondamento della lamentata violazione.

1.5. – Risulta, dunque, inammissibile, la deduzione di errori di diritto individuati (come nella specie) per mezzo della sola preliminare indicazione della norma pretesamente violata, ma non dimostrati attraverso una circostanziata critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia, operata nell’ambito di una valutazione comparativa con le diverse soluzioni prospettate nel motivo e non attraverso la mera contrapposizione di queste ultime a quelle desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata (Cass. n. 11501 del 2006; Cass. n. 828 del 2007; Cass. n. 5353 del 2007; Cass. n. 10295 del 2007; Cass. 2831 del 2009; Cass. n. 24298 del 2016).

Il controllo affidato a questa Corte non equivale, infatti, alla revisione del ragionamento decisorio, ossia alla opinione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che ciò si tradurrebbe in una nuova formulazione del giudizio di fatto, in contrasto con la funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità (Cass. n. 20012 del 2014; richiamata anche dal Cass. n. 25332 del 2014). Sicchè, in ultima analisi, tale motivo si connota quale riproposizione, notoriamente inammissibile in sede di legittimità, di doglianze di merito che attingono all’apprezzamento delle risultanze istruttorie motivatamente svolto dalla Corte di merito (Cass. n. 24817 del 2018).

2. – Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso è inammissibile. Nulla per le spese in ragione del fatto che l’intimato non ha svolto alcuna sostanziale difesa. Va emessa la dichiarazione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Il D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 30 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2020

 

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