Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25585 del 12/11/2020
Cassazione civile sez. II, 12/11/2020, (ud. 04/02/2020, dep. 12/11/2020), n.25585
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –
Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21052/2019 proposto da:
D.B., (alias G.B.), rappresentato e difeso
dall’Avvocato CHIARA BELLINI, ed elettivamente dom.to presso il suo
studio in VICENZA, P.ETTA A. PALLADIO 11;
– ricorrente –
contro
MINISTERO dell’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,
rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello
Stato, presso i cui uffici in ROMA, VIA dei PORTOGHESI 12 è
domiciliato;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2126/2019 della CORTE d’APPELLO di VENEZIA
depositata il 23/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
04/02/2020 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.
Fatto
FATTI DI CAUSA
B.D., (alias G.) proponeva opposizione avanti al Tribunale di Venezia avverso il rigetto della domanda di protezione internazionale e di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari da parte della Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Verona.
Con ordinanza del 14.6.2017, il Tribunale di Venezia aveva ritenuto il racconto non credibile e che, pertanto, mancassero le condizioni per riconoscere la protezione umanitaria.
Contro l’ordinanza proponeva appello il D..
Con sentenza n. 2126/2019, depositata in data 23.5.2019, la Corte d’Appello di Venezia rigettava il gravame.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione B.D. sulla base di tre motivi; resiste il Ministero dell’Interno con controricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. – Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la “Violazione delle norme che disciplinano i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria: D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. e), artt. 5, 7 e 14 (per lo status di rifugiato e di persona avente diritto alla protezione sussidiaria), D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1, D.P.R. n. 394 del 1999, art. 11, comma 1 lett. c-ter), (per la protezione umanitaria). Violazione di legge e vizio ex art. 360 c.p.c., n. 5, per carenza di motivazione”.
1.2. – Con il secondo motivo, il ricorrente deduce “Violazione, anche quale vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia oggetto di discussione tra le parti, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. a)-e), in punto di onus probandi, cooperazione istruttoria in capo al Giudice e criteri normativi di valutazione degli elementi di prova e delle dichiarazioni rese dai richiedenti nei procedimenti di protezione internazionale”.
1.3. – Con il terzo motivo, il ricorrente denuncia la “Violazione del principio del “non refoulement” di cui all’art. 3 CEDU e art. 33 Convenzione di Ginevra”.
2. – Il ricorso è inammissibile.
2.1. – Secondo l’insegnamento di questa Corte, nel ricorso per cassazione è essenziale il requisito, prescritto dall’art. 366 c.p.c., n. 3, dell’esposizione sommaria dei fatti sostanziali e processuali della vicenda, da effettuarsi necessariamente in modo sintetico, con la conseguenza che la relativa mancanza determina l’inammissibilità del ricorso, essendo la suddetta esposizione funzionale alla comprensione dei motivi nonchè alla verifica dell’ammissibilità, pertinenza e fondatezza delle censure proposte (Cass. n. 10072 del 2018; conf. Cass., sez. un., n. 11308 del 2014; Cass. n. 4029 del 2020).
Nel caso di specie, il ricorrente non ha ritenuto di far precedere ai motivi di ricorso, una necessaria parte espositiva, che è completamente mancante anche nella formulazione dei motivi stessi; circostanza, questa, che non consente a questa Corte la comprensione dei medesimi e la verifica della loro ammissibilità.
3. – Il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Va emessa la dichiarazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare a controparte le spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.100,00, a titolo di compensi, oltre eventuali spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 4 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2020