Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25575 del 27/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 27/10/2017, (ud. 14/06/2017, dep.27/10/2017),  n. 25575

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Stella – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. RANALDI Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3718-2015 proposto da:

D.M.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA DI VILLA

SEVERINI 54, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE TINELLI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAURIZIO DE LORENZI

giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI FRANCAVILLA FONTANA, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA BOCCA DI LEONE 78, presso lo

studio dell’avvocato GIOVANNI PESCE, che lo rappresenta e difende

giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 340/2013 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

LECCE, depositata il 13/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/06/2017 dal Consigliere Dott. ALESSANDRO RANALDI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento per quanto di

ragione del ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato PESCE che ha chiesto il

rigetto e deposita n. 1 cartolina verde.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La controversia trae origine dall’avviso di accertamento n. 187/2003 redatto dal Comune di Francavilla Fontana nei confronti di D.M.G. in relazione ad ICI per l’anno di imposta 2003. Con tale avviso l’ente locale accertava l’omessa dichiarazione di alcuni fabbricati e terreni di proprietà del contribuente, nonchè l’omesso versamento dell’imposta comunale dovuta sui predetti cespiti, con richiesta di pagamento dei relativi importi, comprensivi di sanzioni ed interessi.

2. D.M. adiva la CTP di Brindisi, che respingeva il ricorso osservando che nessuna prova era stata fornita dal ricorrente sulla dedotta insussistenza dell’obbligo dichiarativo, e che del pari fosse infondata la doglianza secondo cui per l’omessa presentazione della dichiarazione la sanzione dovesse applicarsi una sola volta, posto che la sanzione irrogata si riferiva al solo anno 2003. Seguiva la proposizione di gravame da parte del contribuente, che veniva dichiarato inammissibile dalla CTR di Bari – sez. staccata di Lecce, con sentenza depositata il 13.12.2013.

3. Il contribuente chiede la cassazione della sentenza di appello, con ricorso affidato a quattro motivi.

4. L’ intimato Comune resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Deduce che la CTR ha errato nel ritenere inammissibile l’appello per proposizione di domande nuove, semplicemente riportando nella sentenza i motivi di ricorso addotti dal contribuente, posto che il D.M. con il proprio atto di appello si è limitato a riproporre quanto già aveva formato oggetto del giudizio di primo grado.

Il motivo è inammissibile per manifesta genericità e difetto di autosufficienza del ricorso. E’ lo stesso ricorrente ad affermare che i motivi di appello proposti erano analoghi a quelli di primo grado e dunque aspecifici rispetto alle argomentazioni della sentenza appellata, rispetto alla quale evidentemente non veniva espressa alcuna critica argomentata tesa ad incrinarne il fondamento logico-giuridico, come richiesto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1, a pena di inammissibilità dell’impugnazione. Pertanto se l’appello non era inammissibile per “domanda nuova”, lo era comunque per genericità dei motivi addotti in sede di gravame. Peraltro il ricorrente non ha allegato al ricorso l’originario atto di appello, di talchè non vi è spazio in questa sede per valutare le ragioni a sostegno del motivo in disamina, con particolare riguardo alla dedotta insussistenza di “domande nuove” in appello, censura anch’essa articolata in maniera generica ed apodittica, non avendo il ricorrente specificato i motivi per cui le sue doglianze in appello non avrebbero dovuto essere classificate come domande nuove, nè quali sarebbero state le parti della sentenza impugnata in contrasto con tale assunto.

2. Con il secondo motivo lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 e dell’art. 111 Cost., comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Deduce l’incomprensibilità dell’iter logico seguito dai Giudici per qualificare come “domande nuove” i motivi di appello ad essi devoluti, senza specificare quali motivi fossero “nuovi” (e perchè) e quali fossero invece “generici”.

Anche questo motivo è inammissibile perchè articolato in maniera generica e aspecifica, dovendosi a tal fine richiamare le stesse considerazioni che sono state svolte in relazione al primo motivo di ricorso. Va aggiunto che si tratta di un motivo che, sotto l’apparenza dell’error in procedendo, denuncia in realtà un vizio motivazionale che nel caso di specie è precluso in quanto consentito solo negli stretti limiti previsti dal vigente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, peraltro neanche richiamati nel motivo in disamina.

3. Con il terzo motivo lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1, art. 56 e dell’art. 112 c.p.c. (principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 Deduce che la sentenza non è entrata nel merito della doglianza afferente il carico sanzionatorio irrogato al contribuente, ritenendo erroneamente che sull’argomentazione della sentenza di primo grado, secondo cui la sanzione era stata irrogata per un solo periodo impositivo, nessuna censura fosse stata mossa al riguardo con l’atto di appello. Rileva invece che la censura era stata proposta, e riguardava la circostanza che fossero stati oggetto di accertamento tutti gli immobili acquistati dal D.M., anche in anni precedenti e per i quali era stata regolarmente presentata la dichiarazione ICI.

Il motivo è privo di pregio in quanto, al di là della circostanza che anche in questo caso le critiche alla sentenza appellata non erano dotate della necessaria specificità in quanto meramente ripetitive delle ragioni già esposte in primo grado, mette conto evidenziare come la sentenza impugnata abbia comunque fornito una risposta adeguata nel senso della mancata dimostrazione di quanto allegato da parte ricorrente e della corretta irrogazione della sanzione per un solo periodo impositivo.

4. Con il quarto motivo lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c. (principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato) per omessa pronuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Deduce che la sentenza della CTR ha omesso di pronunciarsi sulla entità del carico sanzionatorio irrogato al D.M..

Il motivo è infondato per le stesse ragioni enunciate con riferimento al terzo motivo di ricorso. Nella sostanza, non sussiste il denunciato vizio di omessa pronuncia, atteso che la CTR ha comunque fornito una risposta adeguata sull’entità delle sanzioni irrogate al D.M..

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del Comune di Francavilla Fontana delle spese processuali, liquidate in Euro 3.000,00, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% ed oltre agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2017

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